Cassazione civile, sentenza 8 febbraio 2017, n. 3299

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI civile

sentenza 8 febbraio 2017, n. 3299

(…omissis…)

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.:

“Con sentenza in data 2 settembre 2015, la Corte d’Appello di Roma, ha accolto l’impugnazione proposta da (OMISSIS) snc (ora (OMISSIS) sas) contro la sentenza del Tribunale di quella stessa citta’, con la quale – a sua volta – era stata accolta la domanda di inefficacia, proposta da (OMISSIS) SpA in AS, ai sensi dell’articolo 67 L. Fall., in ordine ai pagamenti di alcune somme di denaro, nel gennaio 2013, con la conseguente condanna di quest’ultima al pagamento della somma introitata, oltre accessori e spese processuali. Di conseguenza, la Corte territoriale, ha riformato la decisione di prime cure che aveva dichiarato inefficaci quei pagamenti (condannando la societa’ resistente al pagamento di quelle somme, oltre accessori e spese) ed ha posto a carico di (OMISSIS) le spese del doppio grado.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso (OMISSIS) SpA in AS, con atto notificato il 26 febbraio 2016, sulla base di un unico motivo, con cui denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 67, comma 2, L. Fall., e articolo 2729 c.c..

La societa’ di persone ha resistito con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente fondato atteso che con le censure svolte l’AS ricorrente giustamente si duole della ratio decidendi posta a base della reiezione sostanziale della sua domanda e secondo cui sarebbe da “escludere che, dalla mera pubblicazione (degli articoli di stampa) potesse ricavarsi la prova (sia pure a livello indiziario) di una precisa percezione, da parte della accipiens, della irreversibilita’ della crisi finanziaria in cui versava” il Gruppo (OMISSIS).

Infatti, questa Corte, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, ha affermato la piena idoneita’ di quell’elemento (nella specie svalutato, una volta e per tutte, in astratto dal giudice a quo, sulla base dell’inesistenza di un dovere di lettura) a costituire indizio da cui – assieme ad altri – poter trarre la prova della sussistenza della scientia decoctionis da parte dell’accipiens: a) Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4762 del 2007 (“la circostanza che esso rivesta la qualita’ di istituto bancario non e’ di per se’ determinante, neppure se correlata al parametro (del tutto teorico) del creditore avveduto, ma viene in considerazione solo in collegamenti con i sintomi d’insolvenza, quali notizie bilancio, protesti, procedure presenza di concreti conoscibili dello stato di stampa, risultanze di esecutive, etc.; b) Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1719 del 2001 (“Nella specie la S.C., nell’enunciare il principio di cui in massima, ha respinto lo specifico motivo di ricorso, osservando che la sentenza impugnata aveva correttamente fondato la prova della “scientia decoctionis”, non sulla mera qualita’ professionale della banca, ma sulla esistenza di segni esteriori dello stato di insolvenza – notizie di stampa; risultati del bilancio; protesti – e sulla percezione di tali sintomi da parte di quel soggetto professionalmente qualificato”); c) Cass. Sez. 1, Sentenza n. 699 del 1997 (“Nella specie, la sentenza confermata dalla S.C. aveva accolto l’azione revocatoria evidenziando le imponenti manifestazioni dell’insolvenza del debitore, quali le numerose procedure ingiunzionali, le notizie di stampa, il ritiro del credito bancario, la sospensione dei lavori da parte delle imprese subfornitrici”).

Infine, l’inesistenza di un dovere di lettura della stampa (come posto a fondamento del ragionamento svolto dal giudice di merito) non esclude che, in concreto, secondo l’id quod plerumque accidit, una notevole parte della popolazione (ivi inclusa quella che dirige o collabora all’attivita’ d’impresa) sia solita consultare la stampa ed informarsi da quanto essa pubblica, anche per propria utilita’, oltre che per curiosita’.

In conclusione, il ricorso e’ fondato e deve essere accolto.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c. e articolo 375 c.p.c., n. 5″.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione (sopra riportata), alla quale sono state mosse osservazioni critiche da parte della resistente;

che, tuttavia, tali rilievi non sono condivisibili in quanto, contrariamente a quanto affermato (a p. 2 della memoria), la motivazione del giudice distrettuale propugna proprio quella censurata “inidoneita’ in assoluto della prova fornita dagli articoli di stampa prodotti dalla procedura”;

che, invero, la decisione impugnata non e’ condivisibile e viola i principi relativi al fondamento delle prove presuntive in quanto afferma in astratto ed in generale (ossia non gia’ con riferimento allo specifico caso concreto) che:

  1. a) “al fine della verifica della sussistenza del requisito soggettivo della scientia decoctionis non puo’ attribuirsi specifico rilievo ai pur numerosi articoli di giornale che (…) riportavano notizie sulle difficolta’ in cui si dibattevano le societa’ del Gruppo” (p. 6);
  2. b) “le informazioni riportate dalla stampa non possono ritenersi di per se’ rivelatrici di una sicura conoscenza del dissesto” (ivi);
  3. c) “e’ da escludere che, dalla mera pubblicazione di questi ultimi potesse trarsi la prova (sia pure a livello indiziario) di una precisa percezione, da parte della accipiens, della irreversibilita’ della crisi finanziaria in cui versava (..) il Gruppo” (ivi);
  4. d) “l’accipiens era un normale operatore commerciale e non un operatore finanziario in grado di poter cogliere dalle informazioni diffuse dalla stampa una chiara percezione dello stato di dissesto delle imprese” (ivi);

che le prime tre affermazioni sono erronee perche’ escludono, in generale e senza nessuna deroga, la deduzione del fatto ignoto dal fatto noto che, viceversa, come espresso dalle massime elaborate da questa Corte e surriportate, conduce all’affermazione del suo contrario, e cioe’ che tale esclusione non puo’ essere affermata in via generale e astratta, una volta per tutte, senza porsi in contrasto con i principi della prova presuntiva relativa alle diffuse notizie di stampa richiamati nella Relazione, sopra riportata;

che la quarta affermazione, infine, non ha pregio in quanto essa tende, ancora una volta in via generale ed astratta, a ricavare un’esclusione dell’efficacia della fonte di conoscenza (e quindi del suo valore probatorio) con riferimento alla categoria dei “non operatori finanziari”, ossia anche di tutti gli operatori commerciali o dei risparmiatori (ecc.) Interessati alle notizie del mercato e delle imprese;

che, percio’, il ricorso, manifestamente fondato, deve essere accolto, con la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Roma che, in diversa composizione, nel decidere nuovamente della vertenza si atterra’ ai principi di diritto relativi alla prova presuntiva sopra richiamati.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione