Cassazione sezione, ordinanza 30 marzo 2017, n. 8285

Suprema Corte di Cassazione

ordinanza 30 marzo 2017, n. 8285 

(….omissis…)

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) convenne innanzi al Giudice di pace di Roma Giampaolo e (OMISSIS) e, premesso che costoro le avevano venduto un’autovettura usata, lamento’ che si era verificato un guasto riconducibile ad un vizio del veicolo – la mancata sostituzione della cinghia di distribuzione nei termini prescritti dalla casa costruttrice -, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni.

I convenuti si costituirono imputando l’accaduto al normale deterioramento d’uso del veicolo.

Il Giudice di pace accolse la domanda.

(OMISSIS) e (OMISSIS) appellarono la sentenza ed il Tribunale di Roma accolse il gravame; il Tribunale osservo’, in proposito, che l’acquirente non aveva dato prova convincente del vizio, in quanto la rottura della cinghia rientrava nei rischi connessi allo stato di vetusta’ del veicolo, immatricolato otto anni prima dell’acquisto e con oltre 150.000 km percorsi; rilevo’ inoltre che poco prima della consegna i venditori avevano fatto eseguire il tagliando di controllo sull’auto, dal che doveva desumersi che quest’ultima era stata venduta in condizioni di efficienza.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di un unico motivo e gli intimati non hanno svolto difese.

Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.

Con l’unica censura la ricorrente denunzia violazione dell’articolo 1490 c.c., e articolo 115 c.p.c., assumendo che il Tribunale avrebbe ritenuto insussistente l’usura della cinghia, ancorche’ fosse pacifico il contrario, ed affermato contraddittoriamente che l’autovettura era in condizioni di efficienza ed al contempo vetusta, facendo erroneamente rientrare fra i rischi legati all’acquisto la mancata manutenzione del mezzo. Nei termini proposti la censura appare manifestamente infondata, poiche’ si risolve nella richiesta di rivalutazione di elementi fattuali gia’ presi in esame dal giudice di merito, non consentita in questa sede, deducendo, sub specie della violazione dell’articolo 1490 c.c., non un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata dall’invocata norma di legge, quanto un’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, questione inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, soltanto nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ne’, del resto, il ricorso si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che fa buon governo del principio secondo cui spetta sempre al compratore l’onere della prova dei vizi, delle conseguenze dannose e del nesso causale fra gli uni e le altre (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18125 del 26/07/2013), e rileva in fatto come detta prova non sia stata compiutamente fornita.

Per di piu’, in ordine all’applicabilita’ delle norme sulla garanzia per vizi nella vendita di cose usate, il riferimento al bene come non nuovo comporta che la promessa del venditore e’ determinata dallo stato del bene stesso conseguente al suo uso, e che le relative qualita’ si intendono ridotte in ragione dell’usura, che va considerata come quella concreta che scaturisce dalla reali vicende cui il bene stesso sia stato sottoposto nel periodo precedente la vendita (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5251 del 15/03/2004; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23346 del 04/11/2009).

Il ricorso va quindi rigettato.

Non occorre provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attivita’ difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione di cui al ricorso R.G. 411/2015, integralmente rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo