Cassazione civile, Ordinanza 17 maggio 2024 n. 13784

(…omissis…)

osserva

1. Il Tribunale accolse la domanda di Omega, Delta e Gamma  (quest’ultimo in qualità di rappresentante legale della Srl (…)) avanzata nei confronti di Alfa. Di conseguenza, risolse per inadempimento il contratto preliminare del 12/1/2010 con il quale Alfa si era obbligato a vendere sei lotti di terreno per il complessivo prezzo di Euro 1.000.000,00, di cui Euro 300.000,00 da versare a titolo di caparra confirmatoria e il restante al momento del rogito, e condannò il promittente alienante a pagare la penale, nella misura di Euro 50.000,00 in favore di  Delta, nella stessa misura in favore di Gamma e in quella di Euro 25.000,00 in favore di Omega .

1.1. Alfa propose impugnazione e la Corte d’appello di Bologna, in accoglimento del gravame, affermò sussistere il diritto di recesso dell’appellante e di ritenzione di “tutte le somme ricevute a titolo di caparra”.

1.2. La difformità tra il “decisum” di primo e quello di secondo grado, consiglia riprendere, sia pure in sintesi, le ragioni poste a fondamento della riforma.

La Corte di Bologna riferisce che:

– il Tribunale aveva giudicato “palese l’inadempimento” di Alfa, a fronte del versamento, a titolo di caparra confirmatoria della somma di Euro 99.000,00 da parte di Delta e di pari importo da parte di Gamma, nonché di Euro 46.000,00 da parte di Omega, avendo il promittente alienante “fatto spirare il termine improrogabile per la stipula del contratto definitivo”; inoltre, quel giudice aveva affermato essere dovuta la penale, come da contratto, nell’ammontare di Euro 150.000,00; infine, aveva soggiunto che Alfa non aveva mai contestato che i proprietari dei terreni promessi in vendita avessero revocato il mandato ad agire in loro nome;

– per contro, sostiene la sentenza di secondo grado, i promissari acquirenti non avevano versato per intero la caparra, ammontante a Euro 300.000,00, bensì la minor somma di Euro 249.000,00; di conseguenza erano stati costoro per primi a incorrere in inadempimento;

– inoltre, la difesa dei promissari acquirenti (i lotti promessi in vendita sarebbero stati acquistati in misura ridotta e frazionata) era rimasta solo enunciata e non provata;

– in conclusione, “l’inadempimento dei promissari acquirenti non ha scarsa importanza avuto riguardo all’interesse della controparte, avendo esso riguardato un’obbligazione fondamentale del rapporto sinallagmatico, ossia il pagamento anticipato di una somma deputata alla liquidazione anticipata e forfettaria del danno (per l’eventuale inadempimento) e svolgente funzione di acconto sul prezzo”.

2. Delta, Omega e Gamma, quale rappresentante della Srl (…), ricorrono avverso la sentenza d’appello sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria.

Alfa resiste con controricorso, in seno al quale propone ricorso incidentale fondato su un motivo.

3. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ.

I ricorrenti assumono che la Corte di Bologna ingiustamente aveva disatteso la loro istanza preliminare con la quale avevano dedotto che l’appellante non aveva improntato l’atto d’appello ai criteri stabiliti dall’art. 342 cod. proc. civ., con la conseguenza che, a causa della sua genericità, l’impugnazione non consentiva agli appellati di essere edotti di “quantum appellatum”.

3.1. Il motivo non ha fondamento.

La Corte locale riporta sinteticamente il contenuto dell’appello e gli appellati, pur avendo eccepito l’inammissibilità dello strumento ex art. 342 cod. proc. civ., si sono mostrati in grado di difendersi nel merito e il Giudice, di cogliere il perimetro delle doglianze.

Secondo consolidato principio di diritto gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (S.U., n. 27199, 16/11/2017, RV. 645991; conf., ex multis, S.U. n. 36481/2022; Cass. n. 13535/2018, ma già, Cass. nn. 10916/2017 e 10878/2015).

4. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.

Il non breve contenuto del motivo serve a narrare una ricostruzione dei fatti che, per vero, non traspare dalla sentenza d’appello:

– fin dalla citazione in primo grado i ricorrenti avevano allegato che Delta avrebbe dovuto acquistare due dei sei lotti oggetto del preliminare e perciò aveva versato 99.000 euro, del pari  Gamma,  Omega, invece, solo la caparra di 46.000 euro, dovendo acquistare un solo lotto, avendo rinunciato all’acquisto dell’altro a lui spettante; prospettazione, questa che sarebbe stata ribadita nei successivi atti processuali;

– quindi Alfa avrebbe dovuto ricevere una somma minore rispetto ai 300.000 euro pattuiti quale caparra di sei lotti;

–  Alfa, rispetto a questa ricostruzione, era rimasto silente;

– mancando la specifica contestazione la circostanza avrebbe dovuto reputarsi provata.

4.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.

Per un verso i ricorrenti narrano una vicenda non rappresentata in quei termini dalla sentenza impugnata, né allegano gli atti dai quali essa emergerebbe.

Per altro, parimenti decisivo verso la ricostruzione probatoria, anche qualora sostenuta dall’asserita violazione degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., non può essere contestata in questa sede, poiché, come noto, l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non è, in questa sede, sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’art. 116, cod. proc. civ., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, RV. 642299). Punto di diritto, questo, che ha trovato conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente (sent. n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021), essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (RV. 659037). E inoltre che per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (RV. 659037).

5. Con il terzo motivo viene denunciata la violazione dell’art. 1455 cod. pro. civ.

In primo luogo i ricorrenti addebitano alla sentenza di non avere affatto spiegato “quali criteri siano stati adottati (…) per giungere a tale determinazione” (la gravità dell’inadempimento).

Nonostante i promissari acquirenti avessero versato una cospicua somma a titolo di caparra ed effettuato parziale pagamento del prezzo, non era dato cogliere come ciò avesse potuto danneggiare Alfa .

Inoltre, si era, perlomeno, in presenza di reciproci inadempimenti, poiché il controricorrente non aveva mai informato i promissari acquirenti delle necessarie attività preparatorie essenziali, riguardanti il profilo urbanistico dei lotti e, quindi, in definitiva, la qualità di questi. La sentenza non aveva fatto alcuna comparazione fra i due inadempimenti.

5.1. Il motivo è per una parte inammissibile e per altra parte fondato.

5.1.1. È inammissibile il profilo con il quale i ricorrenti assumono la sussistenza di reciproci inadempimenti. Un tale asserto, invero, non viene riferito essere stato sottoposto al giudice del merito.

5.1.2. Il primo profilo, invece, merita di essere accolto nei termini di cui appresso.

In materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (Sez. 6, n. 12182, 22/06/2020, RV. 658455; conf., ex multis, 6401/2015, 14974/2006, 22415/2004, 16579/2002).

Il riportato principio presuppone, come par ovvio, che una tale valutazione risulti essere stata espressa.

Sul punto la Corte di Bologna si è limitata ad affermare che l’inadempimento “(…) non ha scarsa importanza avuto riguardo all’interesse della controparte, avendo esso riguardato un’obbligazione fondamentale del rapporto sinallagmatico, ossia il pagamento anticipato di una somma deputata alla liquidazione anticipata e forfettaria del danno (per l’eventuale inadempimento) e svolgente funzione di acconto sul prezzo”.

Con siffatta giustificazione la Corte locale ha falsamente applicato l’art. 1455 cod. civ., avuto riguardo alle emergenze di causa (consta dalla sentenza che i promissari acquirenti avevano versato la complessiva somma di Euro 249.000,00, inferiore a quella pattuita, secondo quanto accertato dalla sentenza, in Euro 300.000,00, ma certamente di rilievo non minimale rispetto al prezzo del negozio e non cospicuamente distante da quanto avrebbe dovuto essere anticipatamente pagato).

Per vero, libero il giudice di merito di valutare la gravità dell’inadempimento, tuttavia, la previsione di legge viene falsamente applicata laddove questi non individui i parametri sulla base dei quali viene affermato che l’inadempimento non può essere giudicato di scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altro contraente. Parametri, che non possono prescindere dalle emergenze di causa, sicché un tal giudizio non può essere espresso in termini astratti o, comunque, incompatibili con esse.

Nel caso al vaglio la sentenza non ha assolto un tale compito, essendosi limitata a riportare l’espressione normativa, con l’aggiunta che il versamento di 249.000,00 euro, in relazione a un corrispettivo complessivo di 1.000.000,00 di euro, a fronte di 300.000,00 euro, aveva rilievo “non minimale” per la controparte, stante la funzione di garanzia dell’acconto.

In mancanza di qualsivoglia riferimento ai concreti fatti di causa, l’aver rimarcato che l’importo versato era inferiore a quello pattuito in acconto e garanzia, non soddisfa in sé, il precetto di legge. Né appare concludente il richiamo alla funzione di acconto e garanzia dei versamenti anticipati, che non fa altro che tautologicamente richiamare l’astratta funzione di acconto e cauzione.

Quel che la disposizione richiede è un giudizio di concreto ed effettivo di non scarsa importanza. Un tal giudizio non può prescindere dalla previa individuazione da parte del giudice dei parametri di riferimento, sui quali esso deve fondarsi. A mero titolo esemplificativo, il valore complessivo del contratto, le legittime aspettative e il danno procurato alla parte adempiente, la protrazione nel tempo dell’inadempimento, ecc. La misura, tradotta in termini monetari, dell’inadempimento (qui quantificabile in circa 1/6), da sola, salvo a spiegarne la specifica ragione, non soddisfa il precetto di cui all’art. 1455 cod. civ.

6. In conclusione accolto il terzo motivo nei limiti di cui sopra, la sentenza deve essere cassata, perché il Giudice del rinvio riesamini la causa applicando il seguente principio di diritto: “in materia di apprezzamento della gravità dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., la previsione di legge viene falsamente applicata laddove il giudice non individui i parametri sulla base dei quali viene affermato che l’inadempimento non può essere giudicato di scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altro contraente. Parametri, che non possono prescindere dalle emergenze di causa, sicché un tal giudizio non può essere espresso in termini astratti o, comunque, incompatibili con esse”.

7. Il ricorso incidentale, con il quale viene lamentata violazione e falsa applicazione dell’art. 336 cod. proc. civ., per non essere stata doverosamente riformata la sentenza di primo grado sul capo delle spese, che stante il rovesciamento d’epilogo in appello, andavano poste non più a carico di Alfa, bensì della controparte, rimane assorbito dall’accoglimento in parte qua del ricorso principale.

8. Il Giudice del rinvio regolerà anche delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo del ricorso principale nei termini di cui in motivazione, rigetta il primo e dichiara inammissibile il secondo; dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.