Cassazione Civile sentenza nr 24835 del 17 agosto 2022.
(…omissis…)
Fatti di causa
La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale, in relazione alla successione di (OMISSIS), e’ stata accolta la domanda del fratello del de cuius (OMISSIS), di nullita’ del testamento che istituiva erede universale (OMISSIS), madre del testatore.
La Corte d’Appello, riconosciuto che l’attore aveva correttamente proposto una domanda di accertamento negativo della provenienza della scheda, ha affermato che la consulenza grafica consentiva di ritenere raggiunta la prova della falsita’, non essendo rilevanti le deposizioni dei testimoni offerti dalla convenuta.
Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo di ricorso la sentenza e’ cesurata nella parte in cui la Corte di merito ha riconosciuto che l’attore, erede ex lege, avesse proposto una domanda di accertamento negativo della autenticita’ del testamento olografo. Si sostiene che l’attore aveva proposto una mera azione di nullita’ del testamento.
Il motivo e’ infondato. Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno stabilito in materia il seguente principio: “La parte che contesti l’autenticita’ del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo” (Cass., S.U., n. 12307/2015).
1.1. La sentenza e’ in linea con tale principio. La questione del difetto di autografia e’ stata sollevata dall’attore in via principale con la domanda volta a far dichiarare la nullita’ del testamento. La causa di nullita’ e’ stata identificata nel difetto di autografia del testamento.
In una situazione del genere l’interpretazione operata dalla Corte d’Appello, nella parte in cui ha ravvisato nella deduzione della nullita’ del testamento, a causa della sua formazione da parte di terzi, una domanda di accertamento negativo dell’autenticita’ del testamento, e’ giuridicamente corretta. - Con gli altri motivi di ricorso la ricorrente censura la decisione positiva sulla domanda dell’attore, di accertamento del difetto di autenticita’ del testamento. L’insieme delle censure muovono dal principio, stabilito dalle Sezioni Unite, che l’onere della prova deve gravare in capo a colui che contesti la validita’ del testamento.
La ricorrente si duole perche’ la Corte d’Appello ha riconosciuto la falsita’ del testamento sulla base di una consulenza grafica, svalutando, sulla base di ragioni incongrue, le deposizioni dei testimoni, che avrebbero invece meritato ben altra considerazione. Tale censura, con il secondo motivo, e’ proposta quale denuncia di difetto di motivazione; con il terzo motivo quale violazione delle regole che debbono presiedere alla valutazione delle prove da parte del giudice; con il quarto motivo come violazione dell’articolo 2697 c.c.. Con il quinto motivo la sentenza e’ censurata per omesso esame di fatti decisivi, costituiti dalle deposizioni dei testimoni, i quali avevano dichiarato di avere assistito alla redazione del testamento nell’abitazione del defunto.
Si rappresenta che il primo giudice, nel giustificare la devalutazione della prova per testimoni, aveva rilevato una pretesa contraddizione fra le dichiarazioni e quanto affermato dalla convenuta nei propri scritti, “dove si sostiene che il testamento e’ stata redatto dal de cuius mentre era ricoverato presso l’ospedale di (OMISSIS)”. Nonostante tale affermazione del primo giudice fosse stata appositamente censurata in appello, la Corte d’Appello ha del tutto omesso di prendere in esame tale aspetto controverso, concludendo genericamente per l’inattendibilita’ dei testi. La considerazione del fatto storico, costituito dal luogo di redazione del testamento univocamente indicato nel capitolo ammesso nell’abitazione del defunto in Giulianova, avrebbe condotto ad una diversa valutazione delle prove testimoniali.
2.1. E’ fondato il quarto motivo e il suo accoglimento determina l’assorbimento delle censure di cui ai restanti motivi.
In primo luogo, si chiarisce che il motivo, diversamente da quanto sostiene il ricorrente nella memoria, non denuncia “un’incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie”, ma l’avere la corte di merito attribuito l’onere della prova ad urla parte diversa da quella che ne risultava gravata ex articolo 2697 c.c..
La Corte d’Appello ha richiamato la valutazione operata dal consulente tecnico, il quale, dopo avere espresso un giudizio di alta probabilita’ della non provenienza del de cuius, aveva poi chiarito che tale valutazione, non formulata in termini di certezza, era stata espressa per scrupolo professionale, non avendo potuto raccogliere il saggio grafico. Il medesimo consulente aveva precisato che la presenza di una pluralita’ di firme coeve poteva parificarsi ad un saggio grafico, consentendo di esprimere un giudizio di falsita’ in termini di certezza.
Secondo la Corte d’Appello, le “riferite conclusioni peritali” non “possono ritenersi smentite dalle dichiarazioni rese dai testimoni di
Ric. 2017 n. 16084 sez. 52 – ud. 23-03-2022 parte convenuta (i quali hanno riferito di aver assistito personalmente alla redazione del testamento), stante l’inattendibilita’ dei predetti testi, in ragione dei rapporti di parentela con la convenuta, non senza sottacere la genericita’ delle deposizioni che non consentono di ritenere la certa corrispondenza fra il documento visto sottoscrivere dal testatore ed il testamento impugnato”. Tali affermazioni della Corte d’Appello si spiegano perche’ il capitolo di prova, trascritto nel ricorso, chiamava il testimone a deporre sulla circostanza che il de cuius avesse scritto di suo pugno il testamento che “le si mostra”. I testimoni avevano risposto positivamente.
E’ stato chiarito che, in materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilita’ del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti, atteso che, caduto il divieto di testimoniare previsto dall’articolo 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 248 del 1974, l’attendibilita’ del teste legato da uno dei gia’ menzionati vincoli non puo’ essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilita’ (Cass. n. 25358/2015; n. 2075/2013; n. 1022/2012). Nello stesso tempo occorre considerare che la consulenza tecnica, in materia grafica, e’ per definizione idonea a condurre solo a un giudizio di verosimiglianza e di probabilita’, non di verita’ assoluta (Cass. n. 15686/2015). Si spiega quindi il principio, consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte, che “il giudice del merito, ancorche’ abbia disposto una consulenza grafica sull’autografia di una scrittura disconosciuta (nella specie, testamento olografo), ha il potere – dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verita’” (Cass. n. 3009/2002; n. 9631/2004; n. 9523/2007).
Cio’ posto, si deve rimarcare che il rilievo della genericita’ delle deposizioni e’ assunto nella sentenza impugnata per giustificare un giudizio di “non certezza” sulla corrispondenza del documento “visto sottoscrivere dal testatore e il testamento impugnato”. Letteralmente se ne deve dedurre che, secondo la Corte d’Appello, non c’e’ certezza che i testimoni avessero assistito proprio alla formazione di quel documento, ma non c’e’ neanche certezza del contrario. In linea di principio e’ fuori discussione che, in presenza di una consulenza grafica che propendeva nella diversa direzione della falsita’ della scheda, il giudice di merito ben avrebbe potuto superare tale margine di incertezza e riconoscere che cio’ non gli impediva di formarsi del “libero convincimento” circa la non autenticita’ della scheda. Ma non e’ questo cio’ che e’ avvenuto nel caso in esame. Infatti, il dubbio indotto dalle deposizioni testimoniali, che avevano riferito di avere visto il defunto scrivere “quel testamento”, non e’ stato superato dalla Corte d’appello, ma e’ stato risolto in favore dell’attore, in contrasto con il criterio di riparto accolto dalle Sezioni Unite, secondo il quale e’ carico di chi abbia proposto la domanda di accertamento negativo l’onere di provare la non autenticita’ del testamento. Il ragionamento della Corte abruzzese riecheggia il precedente orientamento della giurisprudenza di legittimita’, in base quale, a prescindere dalla posizione processuale assunta nel processo, era a carico di chi intendeva avvalersi dell’olografo l’onere di provare la provenienza della scheda dall’apparente testatore. Tale orientamento e’ stato poi superato nel 2015, con la pronuncia delle Sezioni unite sopra richiamata. In questo senso sussiste la violazione dell’articolo 2697 c.c., fondatamente denunciata con il motivo in esame.
La sentenza, pertanto, deve essere cassata in relazione al quarto motivo e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione. La Corte di rinvio: provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo; rigetta il primo motivo; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione anche per le spese.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.