Il mediatore deve comunicare le circostanze a lui note o conoscibili con la comune diligenza richiesta in relazione al tipo di prestazione; non deve fornire informazioni non veritiere o che vertano su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato

Il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico specifico, a svolgere nell’adempimento della sua prestazione particolari indagini di natura tecnico-giuridica (come l’accertamento della libertà da pesi dell’immobile oggetto del trasferimento, mediante le cosiddette visure catastali ed ipotecarie) allo scopo di individuare fatti rilevanti ai fini della conclusione dell’affare, è pur tuttavia gravato, in positivo, dall’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che è richiesta in relazione al tipo di prestazione, nonché, in negativo, dal divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle; cosicché, qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l’effetto, dal cliente (Corte di Cassazione, Ordinanza 16 gennaio 2020, n. 784).

L’azione di responsabilità prevista dall’articolo 1669 c.c. in tema di “rovina e difetti di cose immobili”, non è esperibile contro chi si è limitato a vendere l’immobile.

L’azione di responsabilità prevista dall’articolo 1669 c.c. per la “rovina e difetti di cose immobili”, non è esperibile contro chi si è limitato a vendere l’immobile. È invece esperibile contro chi lo ha materialmente costruito, cioè contro il costruttore, (ossia chi ha costruito in autonomia l’immobile sotto la propria responsabilità, coordinando le maestranze o subappaltando), senza che sia rilevante la specifica identificazione del rapporto giuridico in base al quale il costruttore abbia operato, appalto o contratto d’opera.(Cassazione civile, Ordinanza 16 gennaio 2020, n. 777)

L’ esecuzione in forma specifica dell’obbligo di stipulare una vendita, deve essere esercitata solo nei confronti di chi ha assunto l’obbligazione

L’azione diretta all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di stipulare una vendita, per la sua natura personale, deve essere esercitata solo nei confronti di chi ha assunto l’obbligazione ed unico soggetto legittimato ad agire per l’esecuzione in forma specifica è il promissario compratore; non è, pertanto, legittimato ad agire o a contraddire nel successivo giudizio avente ad oggetto detto contratto il coniuge in regime di comunione legale che non abbia partecipato al contratto preliminare di acquisto del bene. (Cassazione civile, Ordinanza 17 dicembre 2019, n. 33301)

Nel preliminare di vendita la provenienza del bene da donazione è circostanza che non può essere taciuta dal promittente venditore.

Nel preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare. Come tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, rifiuti la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale previsto dell’art. 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi (Cassazione civile, Sentenza 12 dicembre 2019, n. 32694)

Nel preliminare di compravendita, il promissario acquirente, se esiste un pericolo concreto ed attuale di evizione del bene promesso in vendita, può rifiutarsi di stipulare il definitivo.

Nel preliminare di compravendita, il promissario acquirente può, in applicazione analogica dell’art. 1481 c.c., rifiutarsi di addivenire alla stipula del definitivo, qualora sussista un pericolo concreto ed attuale di evizione del bene promesso in vendita, anche se questo pericolo non sia stato determinato da colpa del promittente venditore, essendo l’estremo della colpevolezza necessario unicamente per la responsabilità da inadempimento (Cassazione civile, sentenza n .31314 del 29.11.2019)

Cassazione civile, Sentenza 29 novembre 2019, n. 31314

Cassazione civile, Sentenza 29 novembre 2019, n. 31314
( …Omissis…)
FATTI DI CAUSA
In data 25 novembre 2005 la promittente alienante (OMISSIS) s.r.l. e il promissario acquirente (OMISSIS) stipulavano un preliminare di compravendita per il prezzo di Euro 425.000,00 relativo ad un’unita’ abitativa sita nel complesso (OMISSIS).
In data 27 dicembre 2006 sul complesso immobiliare era trascritta da tal (OMISSIS) una domanda giudiziale di nullita’ o annullamento dell’acquisto di (OMISSIS), in ragione della quale il (OMISSIS) rifiutava la stipula dell’acquisto definitivo del bene, infine dalla societa’ venduto a terzi.
Adito dal (OMISSIS), il Tribunale di Verona, con sentenza non definitiva, dichiarava risolto il preliminare per inadempimento di (OMISSIS) e questa condannava a restituire la caparra confirmatoria di Euro 45.000,00, rimettendo la causa sul ruolo ai fini dell’istruttoria di un’ulteriore questione (entita’ dei lavori extracapitolato richiesti dal (OMISSIS) ed eseguiti da (OMISSIS)).
L’appello immediato proposto da (OMISSIS) era respinto, con aggravio delle spese del grado.
La soccombente ricorre per cassazione sulla base di cinque motivi.
Il (OMISSIS) resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli articoli 1218, 1453, 1481 c.c. e omesso esame di fatto decisivo, per aver il giudice d’appello ritenuto che il promissario acquirente sia legittimato a non stipulare il definitivo quand’anche il pericolo di rivendica non sia attribuibile a colpa del promittente venditore, e per aver quindi il giudice omesso di considerare che la “trascrizione (OMISSIS)” era stata subita da (OMISSIS) senza propria colpa.
    1.1. Il primo motivo e’ infondato.
    Dispone l’articolo 1481 c.c., che “il compratore puo’ sospendere il pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia” (comma 1); “il pagamento non puo’ essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita” (comma 2).
    Presidio del sinallagma funzionale della vendita, la disposizione si applica per analogia al preliminare di vendita, sicche’ il promissario acquirente puo’ rifiutarsi di concludere il definitivo ove vi sia pericolo di evizione del bene a lui promesso (Cass. 26 gennaio 1985, n. 402; Cass. 18 novembre 2011, n. 24340; Cass. 21 maggio 2012, n. 8002).
    Il pericolo di evizione deve essere concreto ed attuale, non astratto o ipotetico come, di per se’, il pericolo di revocatoria derivante dal fallimento del dante causa del promittente venditore (Cass. 22 giugno 1994, n. 5979; Cass. 22 febbraio 2016, n. 3390) o il pericolo di riduzione scaturente dalla provenienza donativa del bene (Cass. 17 marzo 1994, n. 2541; Cass. 27 marzo 2019, n. 8571).
    L’irrilevanza dei pericoli solo teorici riflette il limite della buona fede, che il mezzo speciale di autotutela ex articolo 1481 c.c., ripete dalla disciplina generale dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c. (Cass. 6 aprile 1987, n. 3323; Cass. 21 maggio 2012, n. 8002).
    Questa Corte ha precisato che la trascrizione di una domanda giudiziale contro il promittente venditore diretta a conseguire il trasferimento del bene promesso in vendita determina in capo al promissario acquirente un pericolo concreto e attuale di evizione, sicche’ il rifiuto di quest’ultimo di addivenire al definitivo prima della cancellazione della trascrizione non e’ contrario a buona fede (Cass. 18 novembre 2011, n. 24340).
    Si e’ anche segnalato che quella prevista dall’articolo 1481 c.c., e’ una garanzia, la quale opera per il fatto obiettivo del serio pericolo di evizione, a prescindere dalla colpa del venditore (Cass. 21 maggio 2012, n. 8002).
    Seguendo il nesso logico-sistematico tra l’autotutela ex articolo 1481 c.c. e l’autotutela ex articolo 1460 c.c., si rammenta quanto deciso circa la mancanza delle qualita’ promesse, che legittima il compratore a sollevare l’eccezione di inadempimento a prescindere dalla colpa del venditore, essendo obiettivamente meritevole di tutela l’interesse dell’acquirente a non eseguire la prestazione in difetto di controprestazione e a non trovarsi, cosi’, in una situazione deteriore rispetto a controparte (Cass. 21 aprile 2015, n. 8102).
    Nell’insistere sulla necessita’ della colpa del venditore quale elemento costitutivo della fattispecie di cui all’articolo 1481 c.c. e nel paventare l’avversa configurazione di una “responsabilita’ oggettiva” (pag. 23 di ricorso), l’odierna ricorrente pare sovrapporre concettualmente la garanzia per evizione e la responsabilita’ per inadempimento del venditore, tanto da esigere anche per la prima l’estremo della colpevolezza, viceversa necessario unicamente per la seconda (sulla natura oggettiva delle garanzie ex empto, contrapposta alla natura soggettiva della responsabilita’ per inadempimento del venditore, Cass. 22 giugno 2006, n. 14431; Cass. 17 settembre 2015, n. 18259).
    Il rigetto del motivo in esame segue questo principio di diritto: “nel preliminare di compravendita, in applicazione analogica dell’articolo 1481 c.c., il promissario acquirente puo’ rifiutarsi di addivenire alla stipula del definitivo qualora sussista un pericolo concreto e attuale di evizione del bene promesso, anche se tale pericolo non sia stato determinato da colpa del promittente venditore”.
  2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’articolo 1481 c.c. e omesso esame di fatto decisivo, per aver il giudice d’appello ritenuto che la garanzia idonea a neutralizzare il pericolo di rivendica debba avere caratteristiche tipiche, e per aver egli omesso quindi di considerare l’idoneita’ delle garanzie offerte dai soci di (OMISSIS).
    2.1. Il secondo motivo e’ inammissibile.
    Il giudice d’appello non ha propriamente affermato che, per essere idonea agli effetti dell’articolo 1481 c.c., la garanzia debba essere, in astratto, di un certo tipo; egli si e’ limitato a valutare l’idoneita’ concreta della garanzia personale offerta dai soci di (OMISSIS), e ha concluso che questa non era tale da assicurare al (OMISSIS) l’equivalente del potenziale danno da evizione.
    In particolare, il giudice d’appello ha osservato che l’offerta di semplici garanzie personali non era concretamente idonea, soprattutto perche’ accompagnata da un espresso rifiuto di procurare una fideiussione bancaria (pag. 24 di sentenza).
    Cio’ che peraltro assume speciale valenza in un quadro di notevole esposizione patrimoniale dei soci di (OMISSIS), essendo pacifico l’avvenuto rilascio di ulteriori fideiussioni personali a vantaggio di altri promissari acquirenti (pag. 27 di ricorso).
    Non sussiste la denunciata violazione di legge, quindi, ne’ il denunciato omesso esame, e si registra, invece, il tentativo della ricorrente di ottenere una riedizione del giudizio di fatto, il che e’ inammissibile, pena la surrettizia trasformazione del giudizio di legittimita’ in terzo grado di merito (Cass. 4 aprile 2017, n. 8758).
  3. Il terzo motivo di ricorso denuncia omesso esame di fatto decisivo, per non aver il giudice d’appello considerato che il preliminare si era risolto col rifiuto del (OMISSIS) di addivenire alla stipula del definitivo, e per aver il giudice ignorato che la successiva proposta di (OMISSIS) di stipulare comunque il definitivo dietro pagamento dei lavori extracapitolato aveva natura meramente compositiva.
    3.1. Il terzo motivo e’ inammissibile.
    Nell’economia della decisione d’appello, il passaggio sulla liquidazione dei lavori extracapitolato assume un significato meramente incidentale, tanto da essere introdotto dalla perentoria locuzione “a prescindere affatto… ” (pag. 25 di sentenza).
    Vale il principio secondo il quale e’ inammissibile per difetto di interesse la censura di legittimita’ verso argomenti ad abundantiam ed obiter dicta, poiche’ questi, essendo privi di effetti giuridici, non hanno alcuna influenza sul dispositivo della sentenza d’appello (Cass. 5 giugno 2007, n. 13068; Cass. 22 ottobre 2014, n. 22380; Cass. 18 dicembre 2017, n. 30354; Cass. 10 aprile 2018, n. 8755).
  4. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione dell’articolo 2668 c.c. e omesso esame di fatto decisivo, per non aver il giudice d’appello considerato che il (OMISSIS) aveva trascritto la domanda ex articolo 2932 c.c. e non aveva prestato l’assenso alla cancellazione, pur sapendo che essa non avrebbe potuto essere coltivata per l’anteriore trascrizione dell’acquisto altrui, tanto da avere infine rinunciato ad essa e da averla sostituita con la domanda di risoluzione del preliminare.
    4.1. Il quarto motivo e’ infondato.
    Nel confermare il rigetto dell’istanza di responsabilita’ aggravata proposta in primo grado da (OMISSIS), il giudice d’appello non ha omesso alcun esame, e anzi ha espresso due specifiche rationes decidendi.
    L’una ratio concerne l’impossibilita’ di ritenere in colpa il (OMISSIS) per non esser egli tornato a consultare i registri immobiliari dopo la notifica della citazione ex articolo 2932 c.c. e prima della relativa trascrizione (pag. 26-27 di sentenza); l’altra concerne l’impossibilita’ per il (OMISSIS) di promuovere la cancellazione della domanda anteriormente al giudicato (pag. 27-28 di sentenza).
    La prima ratio esprime una valutazione di merito sulla “normale prudenza”, quale presupposto della responsabilita’ aggravata da trascrizione ex articolo 96 c.p.c., apprezzamento insindacabile dal giudice di legittimita’, essendo precluso ratione temporis il controllo di sufficienza della motivazione (Cass. 29 settembre 2016, n. 19298).
    L’altra ratio evidenzia un error iuris, tuttavia innocuo, laddove esclude la cancellazione “debitamente consentita” dal trascrivente, invece ammessa dall’articolo 2668 c.c.; errore innocuo, tuttavia, ed emendabile sul piano motivazionale ex articolo 384 c.p.c., comma 4, in quanto l’intervenuta rinuncia alla domanda trascritta rendeva il consenso dell’attore non indispensabile alla cancellazione, l’articolo 2668 c.c., prevedendo l’ordine giudiziale di cancellazione nell’ipotesi di rinuncia (estesa alla cessazione della materia del contendere da Cass. 4 maggio 1994, n. 4331; Cass. 30 aprile 1997, n. 304).
  5. Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione dell’articolo 91 c.p.c., per aver il giudice d’appello condannato (OMISSIS) alla rifusione delle spese del grado.
    5.1. Il quinto motivo e’ inammissibile.
    Il giudice d’appello ha regolato le spese del grado in base al principio di soccombenza, e la ricorrente non specifica – come invece suo onere (Cass. 8 marzo 2007, n. 5353; Cass. 29 novembre 2016, n. 24298) – quale violazione di legge sia in cio’ rinvenibile.
  6. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese processuali e raddoppio del contributo unificato.
    Vi e’ distrazione delle spese, giusta istanza di controricorso, reiterata in memoria.
    P.Q.M.
    Rigetta il ricorso.
    Condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge; con distrazione in favore dell’Avv. (OMISSIS).
    Dichiara che la ricorrente ha l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

Conclusione dell’affare nella mediazione immobiliare

Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare si deve ritenere concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore, si è costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 cod. civ., oppure per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. (Cassazione civile, sentenza 19 novembre 2019, n. 30083)

L’appaltatore è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente.

L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, nel caso in cui siano palesemente errate, non incorre in responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. (Cassazione civile, Sentenza 18 novembre 2019, n. 29864)

Nella mediazione immobiliare, l’obbligo informativo ex articolo 1759 c.c., comma primo, opera sia nel caso di mediazione tipica che atipica.


Il mediatore – tanto nell’ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell’ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica) – ha, ai sensi dell’art. 1759, primo comma, cod. civ., l’obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, con la conseguente configurazione dell’obbligo specifico a suo carico di riferire alle parti le circostanze dell’affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza da lui ordinariamente esigibile e, in queste ultime, si includono necessariamente, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sull’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile oggetto della trattativa (Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 28 ottobre 2019, n. 27482).

Contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia.

Nel contratto di appalto avente che riguarda la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia, occorre distinguere le ipotesi di difformità totale e parziale. Nel primo caso, che si verifica quando l’edificio realizzato è radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetrie, l’opera è da equiparare a quella realizzata in assenza di concessione, con conseguente nullità del detto contratto per illiceità dell’oggetto e violazione di norme imperative; nel secondo, invece, che ricorre quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto, tale nullità non sussiste (Cassazione civile, Sentenza 22 ottobre 2019, n. 26952).