Danno patrimoniale futuro da lesioni personali – valutazione su base prognostica

ll danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, e’ da valutare su base prognostica ed il danneggiato puo’ avvalersi anche di presunzioni semplici. Pertanto, provata la riduzione della capacita’ di lavoro specifica, se essa e’ di una certa entita’ e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entita’, e’ possibile presumere che anche la capacita’ di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima gia’ svolga un’attivita’ o presumibilmente la svolgera’; tuttavia, l’aggravio in concreto nello svolgimento dell’attivita’ gia’ svolta o in procinto di essere svolta deve essere dedotto e provato dal danneggiato’ ( Cassazione civile Sentenza n. 13245 datata 11 giugno 2014)

Vizi cosa venduta – facoltà di domandare risoluzione del contratto di vendita – diritto potestativo del compratore

La facoltà di domandare la risoluzione del contratto di vendita, attribuita dall’art. 1492 cod. civ. al compratore di una cosa affetta da vizi, ha natura di diritto potestativo, a fronte della quale la posizione del venditore è di mera soggezione; ne consegue che la prescrizione dell’azione – fissata in un anno dall’art. 1495, terzo comma, cod. civ. – può essere utilmente interrotta soltanto dalla proposizione di domanda giudiziale e non anche mediante atti di costituzione in mora, che debbono consistere, per il disposto dell’art. 1219, primo comma, cod. civ., in una intimazione o richiesta di adempimento di un’obbligazione, previsioni che si attagliano ai diritti di credito e non anche ai diritti potestativi ( Cassazione civile sentenza N.10965 del 19 maggio 2014)

SCRITTO GIORNALISTICO – CONTENUTO DIFFAMATORIO

Per stabilire se uno scritto giornalistico abbia o meno contenuto diffamatorio non è sufficiente avere riguardo alla verità delle notizie da esso diffuse, né limitarsi alla sola analisi testuale dello scritto, ma è invece necessario considerare tutti gli ulteriori elementi come ad esempio i titoli, l’occhiello, le fotografie, gli accostamenti, le figure retoriche – che formano il contesto della comunicazione e che possono arricchirla di significati ulteriori, anch’essi lesivi dell’altrui onore o reputazione ( Cassazione civile sentenza-13-maggio-2014-N-10337)

Fallimento – Creditori – Danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore – Risarcimento danni – Azione diretta nei confronti degli amministratori – Sussiste

In tema di azioni nei confronti dell’amministratore di società, a norma dell’art. 2395 c.c., il terzo è legittimato, anche dopo il fallimento della società, all’esperimento dell’azione (di natura aquiliana) per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente per effetto della cattiva gestione, essendo altrimenti proponibile la diversa azione (di natura contrattuale), esperibile in caso di fallimento, dal curatore. ( Cassazione civile, sentenza n.8458 del 10 aprile 2014)

Art. 2049 c.c. responsabilità indiretta dell’imprenditore appaltatore – estensione al committente: presupposti

L’art. 2049 c.c. prevede una ipotesi di responsabilità indiretta in capo all’imprenditore appaltatore, che organizza il lavoro altrui e subisce i rischi connessi ad una non buona organizzazione; non è escluso che tale responsabilità si possa estendere, in casi particolari, anche al committente, e tuttavia tale estensione costituisce una eccezione alla regola, al verificarsi di determinati presupposti che consistono nella scelta inadeguata della ditta esecutrice da parte del committente, o nell’essersi questi intromesso nella gestione dei lavori, direttamente o tramite tecnici incaricati, fino a far assumere all’appaltatore il ruolo di mero esecutore materiale; la configurabilità di detti presupposti rientra nell’onere probatorio di chi richiede tale applicazione estensiva della norma, e il suo accertamento in fatto è riservato al giudice di merito e sindacabile solo sotto il profilo della completezza e logicità della motivazione. ( Cassazione civile sentenza-10-aprile-2014-n-8410)

Obbligazioni naturali – estensione della disciplina codicistica ex art 1933 c.c. a dazioni di danaro, di fiches promesse di mutuo, riconoscimento di debito – presupposti

L’estensione della disciplina codicistica di cui all’art 1933 c.c. a fattispecie quali dazioni di denaro, di fiches, promesse di mutuo, riconoscimenti di debito, è possibile unicamente allorché tali atti risultino funzionalmente collegati all’attuazione del giuoco o della scommessa, di talché possa ritenersi sussistente un diretto interesse del mutuante a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario; con la reciproca e speculare conseguenza che, ove siffatto interesse manchi, per essere il mutuante del tutto estraneo all’uso che il mutuatario fa delle somme erogategli, le cause dei due negozi non hanno tra loro, quel collegamento che solo giustifica la sottoposizione dell’uno alla disciplina dell’altro. La contaminazione della natura del mutuo e la tracimazione del relativo obbligo di restituzione nell’ambito delle obbligazioni naturali deve essere negata anche in presenza di accertata consapevolezza del mutuante che la somma sarebbe stata impiegata dall’accipiens nel gioco, non integrando ciò, si è detto, un motivo illecito determinante e comune ad entrambi i contraenti ( Cassazione civile sentenza-2-aprile-2014-n-7694)

Responsabilita’ banca – falsificazione assegno bancario nella firma di traenza

Nel caso di falsificazione di assegno bancario nella firma di traenza – la quale presenti, nella specie, ‘un tracciato assolutamente piatto’ – la misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevamento di detta falsificazione e’ quella dell’accorto banchiere, avuto riguardo alla natura dell’attivita’ esercitata, alla stregua del paradigma di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2. Ne consegue che spetta al giudice del merito valutare la rispondenza al predetto paradigma della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione, attivando cosi un accertamento di fatto volto a saggiare, in concreto e caso per caso, il grado di esigibilita’ della diligenza stessa; verifica che, di regola, verra’ a svolgersi in base ad un apprezzamento rivolto a verificare se la falsificazione sia, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche’ ( Cassazione civile sentenza N. 6513 del 20 marzo 2014)

Vendita aliud pro alio

L’ipotesi della vendita di aliud pro alio è prospettabile nel caso in cui la cosa consegnata sia completamente diversa da quella pattuita, appartenendo ad un genere diverso e rivelandosi funzionalmente del tutto inidonea ad assolvere la destinazione economico sociale della res dedotta come oggetto del contratto e, quindi, a fornire l’utilità richiesta.( Cassazione civile sentenza N. 2444/2014)

Appalto

In tema di appalto è di regola l’appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi ed eventualmente anche dell’inosservanza della legge penale durante l’esecuzione del contratto, attesa l’autonomia con cui egli svolge la sua attività nell’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l’opera o il servizio cui si era obbligato, mentre il controllo e la sorveglianza del committente si limitano all’accertamento e alla verifica della corrispondenza dell’opera o del servizio affidato all’appaltatore con quanto costituisce l’oggetto del contratto. In tale contesto, pertanto, una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso, oppure quando sia configurabile in capo al committente una culpa in eligendo per aver affidato il lavoro ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche, ovvero in base al generale principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 cod. civ. In materia di appalti pubblici, l’appaltatore conserva, anche se generalmente in misura minore rispetto all’appalto privato, i necessari margini di autonomia, sicché egli è da considerare, di regola, unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, potendosi riconoscere anche la responsabilità dell’amministrazione solo se il fatto dannoso si è determinato in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall’amministrazione committente, poiché in questo caso l’appaltatore agisce quale nudus minister. ( Cassazione civile sentenza N.3967/2014)

Oggetto del contratto di appalto è il risultato di un facere (anche se comprensivo di un dare) che può concretarsi sia nel compimento di un’opera che di un servizio che l’appaltatore assume verso il committente dietro corrispettivo, mentre oggetto del contratto di vendita è il trasferimento di un bene a cui può essere connessa un’obbligazione di fare, cioè, l’obbligazione di mettere in opera il bene venduto.

Nel contratto di appalto vi è un fare che può essere comprensivo di un dare, mentre nel contratto di compravendita vi è un dare che può comportare anche un fare. Pertanto, sono sempre da considerarsi contratti di vendita (e non di appalto) i contratti concernenti la fornitura ed eventualmente anche la posa in opera qualora l’assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e dei materiali di che trattasi, salvo, ovviamente, che le clausole contrattuali obbligano l’assuntore degli indicati lavori a realizzare un quid novi rispetto alla normale serie produttiva, perché in questo caso dovrebbe ritenersi prevalente l’obbligazione di facere, in quanto si configurano elementi peculiari del contratto di appalto e, precisamente, l’intuitus personae e l’assunzione del rischio economico da parte dell’appaltatore. Qualora, invece, l’assuntore dei lavori non è né il fabbricatore, né il rivenditore del bene da installare o mettere in opera, l’attività di installazione di un bene svolta dal prestatore, risultando autonoma rispetto a quella di produzione e vendita, identifica o rinvia ad un contratto di appalto, dato che la materia viene in considerazione quale strumento per la realizzazione di un’opera o per la prestazione di un servizio. ( Cassazione civile sentenza N. 872/2014)