cassazione civile sentenza 27 ottobre 2015 n 21784

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 27 ottobre 2015, n. 21784

(…omissis…)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Curatela del Fallimento (OMISSIS) s.n.c. convenne in giudizio (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni da quest’ultimo causati esercitando l’usura, secondo quanto accertato in un giudicato penale.

Il (OMISSIS) chiese il rigetto della domanda.

Il Tribunale, con sentenza del 15 agosto 2005, condanno’ il convenuto a pagare alla Curatela attrice la somma di euro 125.887,76.

Il (OMISSIS) chiese la riforma della detta sentenza, eccependo la compensazione con altri controcrediti L.F., ex articolo 56.

Resistette il fallimento appellato il quale chiese il rigetto dell’appello.

La Corte d’appello ha accolto il gravame e, in riforma della impugnata sentenza, ha disposto la compensazione fra il credito dell’appellato Fallimento (OMISSIS), pari ad euro 125.887,76 e quello dell’appellante (OMISSIS), pari a euro 219.765,46 con declaratoria del residuo credito dell’appellante (OMISSIS), pari ad euro 93.877,70.

Propone ricorso per cassazione il Fallimento (OMISSIS) s.n.c. con due motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS) che propone ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi sono riuniti ai sensi dell’articolo 335 c.p.c.. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia “violazione di legge – violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c. – Si chiede l’annullamento della sentenza impugnata per omessa declaratoria di inammissibilita’ delle “domande nuove” proposte nei confronti del fallimento (OMISSIS) s.n.c. – articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5?.

Sostiene la ricorrente Curatela che il (OMISSIS), in primo grado, ha concluso chiedendo al Tribunale di rigettare la domanda attrice perche’ infondata in fatto e in diritto.

Nel successivo atto di appello il medesimo (OMISSIS) ha chiesto la riforma della sentenza del Tribunale eccependo la compensazione con altri controcrediti L.F., ex articolo 56.

La ricorrente Curatela, con la comparsa di risposta, ha eccepito l’inammissibilita’ della nuova domanda di compensazione. A suo avviso l’impugnata sentenza ha errato nell’accogliere il gravame e disporre la compensazione in violazione dell’articolo 345 c.p.c..

Il motivo e’ infondato.

Correttamente l’impugnata sentenza ha applicato il principio di diritto affermato da questa Corte secondo il quale, per la disposizione dell’articolo 345 c.p.c., nella formulazione anteriore alla novella del 1990, ancora valevole per le controversie pendenti, come nel caso in esame, alla data del 30 aprile 1995, era possibile sia proporre nuove eccezioni che chiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova.

L’eccezione di compensazione, essendo diretta, quale semplice mezzo di difesa, a paralizzare in tutto o in parte la pretesa, poteva essere proposta per la prima volta in grado d’appello nella precedente formulazione dell’articolo 345 c.p.c..

Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione della L.F., articolo 56, e articolo 1243 c.c. – omessa pronuncia – motivazione insufficiente e contraddittoria – articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.

Ad avviso della ricorrente, affinche’ la compensazione sia opponibile alla massa, e’ necessario che i crediti contrapposti alla stessa siano preesistenti al fallimento, dal momento che le condizioni previste dalla legge per la compensabilita’ devono essersi verificate prima della dichiarazione di fallimento.

Il fallimento della s.n.c. (OMISSIS) e’ stato dichiarato dal Tribunale di Taranto in data 19 aprile 1985, mentre i crediti del (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) sono stati riconosciuti con sentenze successive alla suddetta data (Tribunale di Taranto 11 ottobre 1990; Tribunale di Taranto 3 settembre 1993; crediti rinvenienti dalle revocatorie).

Sempre ad avviso della ricorrente l’impugnata sentenza erra laddove afferma che i crediti erano preesistenti alla dichiarazione del fallimento.

Il motivo e’ infondato.

In tema di compensazione, nel caso in cui alla domanda della curatela di un fallimento per la riscossione di un credito sia contrapposta domanda riconvenzionale riguardante un controcredito, il giudice di merito, accertati gli stessi, e’ tenuto a dichiarare la compensazione, ove richiesta, dei reciproci debiti e sino alla loro concorrenza. Tale conclusione deriva dall’applicazione del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 56, (cosiddetta legge fallimentare), la cui ratio e’ di evitare che il debitore del fallimento, che bene abbia corrisposto il credito di questo, sia poi esposto al rischio di realizzare a sua volta un proprio credito in moneta fallimentare, dal rispetto della regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (articolo 112 c.p.c.), dal fatto che la compensazione si configura come conseguenza della pronuncia sulla domanda riconvenzionale. Per contro, non potra’ pronunziarsi sentenza di condanna del fallimento al pagamento del debito nella misura corrispondente all’eventuale eccedenza del credito verso il fallito, perche’ questa deve essere oggetto di autonomo procedimento di insinuazione al passivo del fallimento (Cass., 13 gennaio 2009, n. 481).

In altri termini, la compensazione nel fallimento e’ ammessa anche quando il controcredito del fallito divenga liquido od esigibile dopo il fallimento, purche’ il fatto genetico dell’obbligazione sia anteriore alla dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che e’ sufficiente che i requisiti di cui all’articolo 1243 c.c. ricorrano da ambedue i lati e sussistano al momento della pronuncia (Cass., 31 agosto 2010, n. 18915).

Il fatto che le sentenze di accertamento del controcredito siano intervenute successivamente alla dichiarazione del fallimento e’ da ritenersi del tutto irrilevante.

Nel caso in esame la ricorrente prospetta piu’ che una violazione di legge, un vizio argomentativo della decisione, sollecitando in questa sede il riesame del materiale probatorio al fine di farne discendere una conclusione diversa da quella alla quale e’ pervenuto il giudice di merito.

Tale indagine non rientra nelle attribuzioni del giudice di legittimita’ che non ha il potere di rivedere il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi’ la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito.

Stabilire se il credito del (OMISSIS) era preesistente o no al fallimento involge una quaestio facti.

Con il ricorso incidentale (OMISSIS) denuncia “violazione di legge: articolo 112 c.p.c., “corrispondenza fra chiesto e pronunciato”; omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio prospettato dall’appellante (ex articolo 360, comma 1, n. 5)”.

Sostiene il (OMISSIS) che la Corte d’appello, ha giudicato ultra petita per aver esteso la domanda di condanna ai danni provocati da usura anche al trasferimento di un terreno con sovrastante capannone (c.d. “affare (OMISSIS)”).

Per il ricorrente, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, in sede penale non fu dimostrato che “l’affare (OMISSIS)” era intervenuto fra le persone fisiche del (OMISSIS) e del (OMISSIS), i quali, invece, erano rispettivamente il primo amministratore unico, legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l. e il secondo amministratore e legale rappresentante della (OMISSIS), s.n.c.

Il motivo e’ infondato.

Non sussiste ultrapetizione perche’ la sentenza impugnata ha fatto proprio l’accertamento effettuato in sede penale che il (OMISSIS), approfittando della speranza del (OMISSIS) di costituire con lui una societa’ che valesse a sollevarlo da una situazione finanziaria estremamente precaria acquisi’ dei beni del valore di 130/140 milioni di lire con l’esborso di una somma non superiore a lire 20.000.000, il che trovo’ conferma nelle dichiarazioni dello stesso (OMISSIS). Ed ha arricchito con un proprio accertamento di fatto ritenendo che la censura del ricorrente e’ generica, tenuto conto che “l’affare (OMISSIS)” fu dimostrato in sede penale, essere intervenuto tra le persone fisiche del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e che il valore come sopra enucleato ha tratto origine dalla perizia svolta dal dr. (OMISSIS).

Il ricorrente tenta di effettuare una ricostruzione del fatto diversa da quella effettuata dalla Corte d’appello.

In conclusione, riuniti i ricorsi, devono essere rigettati sia il ricorso principale, sia l’incidentale, con compensazione delle spese del giudizio di cassazione in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi riuniti e compensa le spese del giudizio di cassazione.