Nel caso di falsificazione di assegno bancario nella firma di traenza – la quale presenti, nella specie, ‘un tracciato assolutamente piatto’ – la misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevamento di detta falsificazione e’ quella dell’accorto banchiere, avuto riguardo alla natura dell’attivita’ esercitata, alla stregua del paradigma di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2. Ne consegue che spetta al giudice del merito valutare la rispondenza al predetto paradigma della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione, attivando cosi un accertamento di fatto volto a saggiare, in concreto e caso per caso, il grado di esigibilita’ della diligenza stessa; verifica che, di regola, verra’ a svolgersi in base ad un apprezzamento rivolto a verificare se la falsificazione sia, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche’ ( Cassazione civile sentenza N. 6513 del 20 marzo 2014)