Corte di Cassazione
Ordinanza 28 settembre 2017, n. 22744
RILEVATO IN FATTO
che:
la corte d’appello di Napoli, per quanto ancora di interesse in questa sede, rigettava l’appello di (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui, definendo il giudizio di separazione personale della stessa (OMISSIS) dal coniuge (OMISSIS), aveva affidato i figli minori a entrambi i genitori, con residenza privilegiata presso la madre, e regolato il diritto-dovere di frequentazione del padre coi figli mediante incontri protetti e monitorati dai competenti servizi sociali;
ad avviso della predetta appellante, a lei avrebbero dovuto essere affidati, invece, i figli in via esclusiva, e si sarebbe dovuto impedire o sospendere, stante il rifiuto dei minori, gli incontri tra questi e il padre finanche in ambiente protetto;
la corte d’appello rigettava il gravame facendo leva su quanto emerso sia dall’ascolto dei minori sia dalle c.t.u., compresa quella svolta in separata sede (dinanzi al tribunale per i minorenni): evidenziava che sui ragazzi, e soprattutto sul figlio (OMISSIS), erano state riscontrate manifestazioni di allarme e diffusa percezione di pericolo nel rapporto col padre, pericolo di fatto inesistente, e una evidente labilita’ emotiva tale da rimandare a manifestazioni isteriche a tipo di sindrome di alterazione parentale (PAS); cio’ a fronte di un rapporto di dipendenza e di attaccamento simbiotico dei figli alla madre;
la corte territoriale ricostruiva poi i profili di personalita’ di entrambi i genitori, escludendo una loro assoluta inidoneita’ alla funzione parentale ma evidenziando che lo stato dei loro negativi rapporti personali aveva avuto pessimi riflessi sull’esercizio della comune responsabilita’ genitoriale; esprimeva infine il convincimento che il padre doveva assumersi le proprie responsabilita’ nell’ambito dell’affidamento condiviso e che la madre aveva l’obbligo morale e giuridico di rendere possibile tale condivisione, senza perseverare in condotte contrarie alla funzione materna; donde, nella prospettiva di migliorare il rapporto tra i minori e il padre, concludeva nel senso di mantenere ferma la previsione di incontri protetti e monitorati nell’ambito del predetto regime; per la cassazione della sentenza, la (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a tre motivi;
(OMISSIS) ha resistito con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato una memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
col primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 9 e 12 della convenzione di New York del 20-111989, in quanto la corte d’appello sarebbe incorsa nella totale ablazione della volonta’ manifestata dai minori (di 15 e 16 anni), facendo propri gli accertamenti peritali intesi a concludere per l’esistenza della PAS; in particolare la corte del merito avrebbe omesso di verificare il fondamento scientifico di una tal consulenza, caratterizzata da devianza dalla scienza medica ufficiale;
col secondo motivo si deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza a proposito dell’applicazione dell’affido condiviso;
col terzo motivo infine ci si duole della illogicita’ e della contraddittorieta’ della motivazione in ordine al governo delle spese processuali, nonche’ della falsa applicazione del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, articolo 5;
il primo motivo e’ inammissibile in quanto basato su una lettura distorta dell’impugnata sentenza;
per quanto menzionando l’ipotesi della PAS come emersa dalle c.t.u., la corte partenopea ha dato conto di tutti gli elementi posti a base delle prescelte modalita’ di affidamento, ritenendo codeste modalita’ funzionali al ripristino, per quanto nella prudenziale ottica degli incontri protetti, di relazioni fisiologiche tra il padre e i figli;in particolare l’impugnata sentenza, motivatamente esaminando i profili di idoneita’ dei coniugi allo s volgimento delle funzioni genitoriali, ha fatto corretta applicazione del principio per cui, in tema di affidamento di figli minori, tra i requisiti di idoneita’ genitoriale rileva anche la capacita’ di preservare la continuita’ delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialita’ e alla crescita equilibrata e serena (v. Cass. n. 6919-16);
questa Corte da tempo va ripetendo che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacita’ dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base a elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacita’ di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilita’ a un assiduo rapporto, nonche’ della personalita’ del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che e’ in grado di offrire al minore, “fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialita’, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione” (v. Cass. n. 18817-15);
l’impugnata sentenza e’ conforme alla citata giurisprudenza e nelle condizioni date non e’ pertinente insistere sul profilo della PAS, giacche’ la ratio decidendi prescinde dal giudizio astratto sulla validita’ o invalidita’ scientifica della sindrome suddetta;
il secondo motivo e’ inammissibile, essendo la sentenza soggetta all’articolo 360 c.p.c., n. 5, come modificato dal Decreto Legge n. 83 del 2012 (v. Cass. Sez. U n. 8053-14): e i fatti storici rilevanti ai fini della decisione relativa alle modalita’ di affidamento sono stati presi in considerazione;
il terzo motivo e’ manifestamente infondato nel presupposto della condanna alle spese, giacche’ la corte territoriale ha giustamente ravvisato l’integrale soccombenza della (OMISSIS) nel giudizio di appello, stante la natura condizionata dell’impugnazione incidentale del coniuge;
e’ invece manifestamente fondato nella censura afferente il quantum;
da questo punto di vista infatti la corte d’appello ha errato nell’applicazione di quei minimi tabellari ai quali essa stessa ha inteso rapportare il calcolo;
riferendo il computo al valore della causa siccome indeterminabile ( Decreto Ministeriale n. 10 marzo 2014, articolo 5, commi 5 e 6), i minimi tabellari supponevano la riduzione percentuale degli importi indicati;
il computo esatto e’ quello indicato dalla ricorrente (Euro 980,00 per fase di studio; eurO 675,00 per fase introduttiva; Euro 2.030,00 per fase di trattazione ed Euro 1.630,00 per fase decisionale), e in aderenza a esso la Corte, definendo il giudizio ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., puo’ provvedere direttamente all’esito della cassazione del corrispondente capo della decisione impugnata;
in considerazione dell’esito finale della lite sussistono le condizioni per compensare interamente le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo nei sensi di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza nel capo afferente le spese del giudizio d’appello e, decidendo nel merito di dette spese, ne determina la misura in complessivi Euro 5.338,00; compensa le spese del giudizio di cassazione.