Cassazione civile, Ordinanza 12 settembre 2018, n. 22220

Cassazione civile

Ordinanza 12 settembre 2018, n. 22220

(…omissis…)

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La (OMISSIS) s.p.a. (d’ora in avanti, indicata, per brevita’, semplicemente come Banca) ricorre per cassazione, affidandosi a sei motivi, resistiti dalla curatela del fallimento della (OMISSIS) in liquidazione s.r.l., avverso il decreto del Tribunale di Bari, depositato il 7 dicembre 2012, reiettivo dell’opposizione L. Fall., ex articolo 98, dalla prima proposta contro la mancata ammissione al passivo della suddetta procedura del proprio complessivo credito di Euro 237.664,09, quale saldo debitore del conto corrente n. (OMISSIS), acceso, dalla menzionata societa’ in bonis, presso la filiale di (OMISSIS) il (OMISSIS). Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 1. 1.2. Per quanto qui di interesse, quel tribunale ritenne tardiva, perche’ avvenuta dopo il deposito del ricorso L. Fall., ex articolo 99, la produzione della dichiarazione di definitiva esecutorieta’ del decreto ingiuntivo posto a fondamento della domanda di ammissione, ed, in ogni caso, inopponibile quel decreto alla curatela perche’ la suddetta dichiarazione era successiva alla dichiarazione di fallimento. 2. Con i formulati motivi, la ricorrente deduce: 1) “Error in procede’ndo. Nullita’ del decreto e del procedimento per violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 99, comma 4, articolo 112 c.p.c. e articolo 183 c.p.c., comma 6, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4”, censurando l’essersi svolto il giudizio di opposizione allo stato passivo con modalita’ procedimentali diverse da quelle sancite dalla L. Fall., articolo 99; 2) “Error in procedendo. Violazione del diritto di difesa della Banca e del contraddittorio. Violazione degli articoli 101 e 166 c.p.c., nonche’ articolo 111 Cost.. Nullita’ del decreto e del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 4”, lamentando la tardiva proposizione (avvenuta solo con la seconda memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6), da parte della curatela, dell’eccezione di inopponibilita’ ad essa del decreto ingiuntivo suddetto; 3) “Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli articoli 647, 113 e 645 c.p.c., nonche’ degli articoli 2697, 2710 e 2727 c.c.. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., n. 3. Irragionevolezza della decisione e violazione degli articoli 3 e 24 Cost.”, ritenendo essere sufficiente, ai fini dell’ammissione al passivo (considerando verificatasi la definitivita’ sostanziale del provvedimento monitorio ritualmente notificato a seguito della mancata opposizione) la produzione del decreto ingiuntivo completo della relata di notificazione e di attestazione della cancelleria in ordine alla mancata opposizione; 4) “Error in procedendo. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4”, lamentando l’omessa pronuncia, da parte del tribunale, in ordine alla sua domanda e sulla base della ulteriore copiosa documentazione prodotta; 5) “Mancato esame della documentazione versata in atti. Violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 5”, e; 6) “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. L. Fall., articoli 98 e 99, articoli 2697, 2710 e 2727 c.c., ex articolo 360 c.p.c., n. 5”, lamentando che il tribunale aveva omesso di valutare la copiosa documentazione versata in atti, a suo dire dimostrativa del rapporto sottostante l’ingiunzione de qua. 3. Il primo motivo e’ inammissibile. 3.1. In tesi, l’essersi svolto il giudizio di opposizione allo stato passivo con modalita’ procedimentali difformi da quelle sancite dalla L. Fall., articolo 99, come asserito dalla ricorrente, configurerebbe, ove cio’ fosse realmente accertato, un error in procedendo del tribunale barese. 3.1.1. Orbene, costituisce consolidato principio giurisprudenziale quello secondo cui i vizi dell’attivita’ del giudice che possano comportare la nullita’ della sentenza o del procedimento, rilevanti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarita’ dell’attivita’ giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato error in procedendo (cfr., tra le piu’ recenti, Cass. n. 2626 del 2018; Cass. 28229 del 2017; Cass. 17905 del 2016; Cass. n. 15676 del 2014). 3.1.2. Nella specie, invece, alcunche’ e’ stato allegato, su questo specifico aspetto, dalla Banca, le cui argomentazioni sono state meramente descrittive dell’iter complessivamente seguito da quell’ufficio giudiziario per la trattazione e decisione dell’opposizione da essa proposta. 4. Il secondo ed il terzo motivo, esaminabili congiuntamente perche’ strettamente connessi, sono inammissibili ex articolo 360-bis c.p.c., n. 1. 4.1. Come si e’ gia’ detto, il tribunale a quo ha giudicato tardiva, perche’ avvenuta dopo il deposito del ricorso L. Fall., ex articolo 99, la produzione della dichiarazione di definitiva esecutorieta’ del decreto ingiuntivo posto a fondamento della domanda di ammissione. Inoltre, ha ritenuto inopponibile quel decreto alla curatela perche’ la suddetta dichiarazione era successiva alla dichiarazione di fallimento. 4.2. Rileva il Collegio che la produzione di documenti non e’ sottoposta, nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento, al divieto di cui all’articolo 345 c.p.c., neppure, per effetto del rinvio contenuto nella L. Fall., articolo 101, comma 2, nell’ipotesi di insinuazione tardiva, avendo detto giudizio disciplina propria e diversa da quella del processo ordinario di cognizione e non puo’, pur assumendo natura impugnatoria, essere qualificato come un appello. Il rimedio dell’opposizione, infatti, mira a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare L. Fall., ex articolo 96 e solo gli atti introduttivi di cui alla L. Fall., articoli 98 e 99, con l’onere di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti, segnano il termine preclusivo per l’articolazione dei mezzi istruttori (cfr. Cass. n. 21201 del 2017; Cass. n. 4708 del 2011; Cass. n. 24028 del 2010; Cass. n. 19697 del 2009). Nessun dubbio, quindi, puo’ sorgere in ordine alla tardivita’ di produzioni documentali avvenute non contestualmente al deposito del ricorso L. Fall., ex articoli 98-99, rimarcandosi, peraltro, che il decreto ha espressamente affermato (cfr. pag. 2) che “l’opponente non ha dimostrato di avere quanto meno richiesto tempestivamente la dichiarazione di definitiva esecutorieta’ del decreto ingiuntivo (le istanze in tal senso depositate in copia nel presente giudizio non contengono una attestazione di deposito nella cancelleria del giudice competente), ne’ di essere stato nell’impossibilita’ di richiedere preventivamente (rispetto alla data del fallimento, o comunque rispetto al termine L. Fall., ex articolo 99, comma 2, n. 4), tale dichiarazione di definitiva esecutorieta’ al giudice competente, ai fini di un’eventuale rimessione in termini”. 4.3. Il decreto impugnato, inoltre, laddove ha ritenuto inopponibile alla curatela il decreto ingiuntivo predetto perche’ la dichiarazione di sua definitiva esecutorieta’ era successiva alla dichiarazione di fallimento, si e’ conformato alla giurisprudenza di questa Corte, ne’ l’esame delle censure offre elementi per modificare il quadro giustificativo cui hanno riguardo i precedenti cui si ispira il principio per cui, “in assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’articolo 647 c.p.c.. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall’articolo 124 o dall’articolo 153 disp. att. c.p.c. e consiste in una vera e propria attivita’ giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione ed a cui non puo’ surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Ne consegue che il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorieta’ non e’ passato in cosa giudicata formale e sostanziale e non e’ opponibile al fallimento, neppure nell’ipotesi in cui il decreto ex articolo 647 c.p.c., venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi della L. Fall., articolo 52” (cfr., Cass. nn. 9576/2018; 18733/2017, 17865/2017, 16322/2017, 16177/2017, 16176/2017, 15953/2017, 14692/2017, 14691/2017, 14690/2017, 6595/2017, 6524/2017, 684/2017, 23392/2016, 16215/2015, 2112/2014, 1650/2014, specificamente riguardante un decreto ingiuntivo, reso con clausola di provvisoria esecuzione, non opposto e munito di decreto ex articolo 647 c.p.c., dopo il fallimento del debitore ivi ingiunto, 23202/2013, 28553/2011, 6198/2009). 4.3.1. Del resto, quello ex articolo 647 c.p.c., e’ un procedimento, privo di particolari formalita’, che implica il controllo della notificazione del decreto, del decorso del termine e della mancata opposizione o costituzione nei termini. Dato questo contenuto, il decreto di esecutorieta’ si distingue dalla mera attestazione di cancelleria, cui non puo’ certamente reputarsi equivalente, sia sotto il profilo dell’organo emanante, sia sotto quello del contenuto del controllo, limitato il primo al fatto storico della mancata opposizione decorso il termine perentorio ed il secondo esteso all’accertamento della regolarita’ della notificazione (articolo 643 c.p.c.). Ne’ l’essere il decreto ingiuntivo munito di formula di esecutivita’ puo’ mutare detto orientamento, non potendosi confondere tale efficacia con quella particolare condizione del decreto di esecutorieta’ ex articolo 647 c.p.c.. 4.3.2. A tanto deve soltanto aggiungersi che l’assenza di definitiva esecutorieta’, ante fallimento, del decreto ingiuntivo posto dal creditore a fondamento della propria domanda di ammissione al passivo, si configura, evidentemente, come fatto impeditivo all’accoglimento di quest’ultima ed oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice. 5. Il quarto motivo di ricorso e’ infondato. 5.1. Dalla narrativa di tale atto emerge, infatti, da un lato, che la Banca aveva prodotto, in sede di verifica innanzi al giudice delegato, documentazione integrativa (copia del contratto di conto corrente n. (OMISSIS); copia delle condizioni generali accettate; estratti conto e relativi scalari), oltre al decreto ingiuntivo di cui si e’ detto; dall’altro, che, in sede di procedimento L. Fall., ex articoli 98-99, la stessa non aveva ridepositato quella documentazione ulteriore (cfr. pag. 6 del ricorso), limitandosi a produrre (come, del resto, emerge dallo stesso decreto impugnato. Cfr. pag. 2) il solo decreto ingiuntivo posto a fondamento dell’istanza (nonche’, tardivamente per quanto si e’ gia’ riferito, la definitiva dichiarazione di esecutorieta’ intervenuta, pero’, dopo il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione). Nella memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 1, peraltro, la ricorrente assume che anche in sede di procedimento L. Fall., ex articolo 98, aveva prodotto ulteriore documentazione, ma cio’ urta con quanto affermato dal tribunale (e comunque configurerebbe, se del caso, un errore revocatorio). 5.2. Va, allora, ricordato che il giudizio di opposizione allo stato passivo e’ regolato dal principio dispositivo, sicche’ al creditore, la cui domanda L. Fall., ex articolo 93, sia stata respinta dal giudice delegato, e’ fatto onere di produrre nuovamente, dinanzi al tribunale, nel corrispondente procedimento L. Fall., ex articolo 99, la documentazione gia’ depositata in sede di verifica del passivo, che non puo’ essere acquisita ex officio (cfr. Cass. n. 26639 del 2016; Cass. n. 16101 del 2014). Dal motivo di ricorso, peraltro, nemmeno emerge che la Banca avesse specificamente indicato i documenti, gia’ prodotti nel corso della verifica dello stato passivo, di cui intendeva avvalersi, cosi’ da imporre al tribunale di disporne l’acquisizione dal fascicolo fallimentare al cui interno erano custoditi (cfr. Cass. n. 12549 del 2017; Cass. n. 5094 del 2018). Ne’ di essi e’ oggi riprodotto, quanto meno sinteticamente, il contenuto, sicche’ neppure puo’ valutarsene la decisivita’. 5.2.1. Si assume, invero, soltanto che nelle conclusioni anche del ricorso L. Fall., ex articolo 99, era stata chiesta l’ammissione al passivo “nella misura di Euro 237.664,09, ovvero in quell’altra eventualmente da accertarsi in corso di causa”, e si sostiene che il tribunale non avrebbe pronunciato su quest’ultimo profilo della domanda, evidentemente riferito solo ad una giustificazione documentale del proprio preteso credito diversa dalla mera riconduzione al decreto ingiuntivo di cui si e’ gia’ detto piu’ volte. 5.2.2. Sul punto, dunque, e’ sufficiente evidenziare che l’unica domanda ab origine formulata e su cui il tribunale (dopo il giudice delegato) doveva pronunciarsi era quella di ammissione al passivo della Banca per il credito da quest’ultima invocato, ed e’ innegabile che sulla stessa il decreto impugnato si sia espresso denegandola. Non sussiste, quindi, il difetto di pronuncia prospettato dalla odierna ricorrente, la quale, in realta’, sembra dolersi del fatto che il medesimo tribunale non abbia valutato, per decidere su quella domanda, anche la ulteriore documentazione integrativa da lei prodotta esclusivamente in sede di verifica del passivo, non anche nel successivo giudizio di opposizione. E’ noto, pero’, che l’omessa pronuncia di cui all’articolo 112 c.p.c., concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, laddove l’eventuale omesso esame di documenti non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una prova, sicche’ la doglianza in relazione ad essa ipotizzabile risulta essere quella di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella specie, peraltro – risultando impugnato un provvedimento reso il 7 dicembre 2012 nei ristrettissimi limiti di cui al testo di cui alla citata norma novellato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, cioe’ quando l’omesso esame del documento si traduca nella mancata considerazione, anche in via implicita, di un “fatto” decisivo), qui non prospettato (ne’ sostanzialmente evincibile, al di la’ del tenore letterale del motivo in esame, dalle argomentazioni ivi esposte. Cfr. Cass., SU, n. 17931 del 2013). 6. Parimenti infondati, infine, sono il quinto ed il sesto motivo, scrutinabili congiuntamente perche’ entrambi basati sul presupposto dell’omesso esame della documentazione integrativa di cui si e’ detto. 6.1. Infatti, come si e’ riferito esaminando il precedente motivo, quella documentazione non e’ stata ridepositata dalla Banca opponente (a tanto onerata. Cfr. Cass. n. 26639 del 2016; Cass. n. 16101 del 2014) nel procedimento L. Fall., ex articoli 98-99, ne’ ricorrevano i presupposti per la sua acquisizione, di ufficio, ad opera del tribunale (cfr. Cass. n. 12549 del 2017; Cass. n. 5094 del 2018). 7. Il ricorso va dunque respinto, restando le spese di questo giudizio regolate dal principio di soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie, nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.