Cassazione civile, Ordinanza 13.10.2022 n. 29920
(…omissis…)
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava la domanda con cui (OMISSIS) chiedeva l’attribuzione di un assegno divorzile a carico dell’ex coniuge (OMISSIS), rispetto al quale deduceva la disparita’ delle condizioni reddituali, tale da non permetterle di godere del tenore di vita matrimoniale.
Il Tribunale, pur evidenziando il divario tra le condizioni economiche e patrimoniali degli ex coniugi, osservava che la (OMISSIS), dopo la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio (durato circa 29 anni), aveva continuato a svolgere l’attivita’ lavorativa part-time, senza ripristinare (ne’ allegare o provare di non avere potuto ripristinare) il rapporto lavorativo a tempo pieno dopo il raggiungimento della maggiore eta’ dei figli; osservava che alla (OMISSIS) era stata assicurata una vita matrimoniale agiata grazie ai proventi dell’attivita’ lavorativa dell’ (OMISSIS) che avevano compensato il contributo da lei fornito alla conduzione della vita familiare e le avevano consentito di beneficiare di rilevanti attribuzioni ricevute in suo favore in costanza di matrimonio e dopo la separazione (in particolare, 200.000 provenienti da un conto corrente cointestato, due immobili e una quota del 26% di una societa’).
In accoglimento del gravame della (OMISSIS), la Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 28 dicembre 2020, le ha riconosciuto un assegno divorzile di Euro 1500,00 mensili, in funzione compensativo-perequativa, in considerazione del contributo da lei fornito alla conduzione della vita familiare, desumibile sia dalla disparita’ delle condizioni reddituali delle parti ( (OMISSIS) esercitava la professione medica in centri convenzionati e ambulatori privati, con reddito da lavoro di Euro 168000 annui, era proprietario di immobili, viveva in una villa intestata ai genitori della nuova compagna con la quale conviveva, era titolare di partecipazioni societarie; la (OMISSIS) era impiegata part-time, con reddito di Euro 1300 mensili, aveva aiutato l’ (OMISSIS) all’inizio della carriera mediante elargizioni varie, aveva la disponibilita’ dell’abitazione coniugale e di un altro immobile, aveva ricevuto Euro 200000), sia dal fatto che la (OMISSIS) si era dedicata prevalentemente alle cure domestiche e dei figli per una scelta comune dei coniugi, con ricadute positive sull’affermazione professionale e reddituale dell’ (OMISSIS).
L’ (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, resistito dalla (OMISSIS) anche con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, contesta alla sentenza impugnata di avere operato una erronea ricognizione delle condizioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi (la documentazione prodotta attestava che i suoi redditi effettivi, in realta’, erano inferiori a quelli indicati in sentenza, a fronte di redditi della (OMISSIS) che erano superiori). In questo senso l’ (OMISSIS) deduce che il divario reddituale tra le parti non era cosi’ rilevante e, comunque, non era riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare ma alla diversita’ di formazione professionale dei coniugi, che dipendeva dal fatto che la (OMISSIS), assistente sociale, non era laureata, lavorava part-time da molti anni prima del matrimonio e, dopo la separazione, aveva continuato a lavorare part-time per sua esclusiva scelta, rinunciando ad una maggiore retribuzione; che la (OMISSIS) non aveva solo la disponibilita’ ma era proprietaria esclusiva dell’abitazione coniugale (villa con circostante parco) che aveva messo in vendita al prezzo di Euro 500000; che i coniugi erano in regime di comunione legale e, in sede di separazione consensuale, si erano divisi in parti uguali gli immobili e le azioni acquistate, durante il rapporto matrimoniale, con i proventi dell’attivita’ lavorativa dell’ (OMISSIS); che le azioni della (OMISSIS) avevano un notevole valore (superiore a Euro 338000) e producevano rilevanti utili annuali.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione articolo 116 c.p.c., e omesso esame di fatti decisivi dedotti nel giudizio di merito, per avere la Corte territoriale ritenuto immotivatamente che l’ (OMISSIS) aveva sacrificato le proprie prospettive di crescita professionali, mentre lei stessa aveva riconosciuto che era stata la contribuzione dell’ (OMISSIS) a garantirle un elevato tenore di vita matrimoniale che le aveva consentito di continuare a lavorare part-time, avvalendosi dell’ausilio di una collaboratrice domestica e di una persona addetta alla manutenzione del parco adiacente alla villa.
Il terzo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi e violazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, per avere ritenuto che l’ex moglie aveva contribuito alla crescita professionale dell’ (OMISSIS), sostenendolo economicamente nei primi anni di matrimonio, anche mediante sottoscrizione di un mutuo, circostanze non vere e non confermate da nessuno dei testimoni escussi, senza considerare che la (OMISSIS) si era limitata a prestare semplici fideiussioni da cui si era presto liberata.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e violazione dell’articolo 115 c.p.c., per non avere la Corte di merito considerato che i suoi proventi avevano consentito alla famiglia di godere di un elevato tenore di vita e alla (OMISSIS) di non utilizzare il proprio stipendio, provvedendo lui a tutte le spese occorrenti per la famiglia; per avere ritenuto apoditticamente che le attribuzioni ricevute dalla (OMISSIS), in occasione della separazione e dello scioglimento della comunione legale, non fossero idonee a compensarla per il contributo ipoteticamente offerto per l’affermazione professionale del marito e, quindi, per la costituzione del patrimonio familiare e di quello personale dell’ex coniuge. Infatti la Corte aveva omesso di considerare i documenti (anche un atto notarile del 13 dicembre 2016) da cui risultavano gli acquisti di cinque immobili effettuati con risorse dell’ (OMISSIS) durante il rapporto coniugale, dei quali la (OMISSIS) era diventata proprietaria in comunione legale, divisi equamente in sede di separazione; la (OMISSIS) era diventata proprietaria anche di quote societarie, cui aveva rinunciato non gratuitamente e, inoltre, aveva incassato la somma di Euro 200000 nel 2011.
Il quinto motivo denuncia violazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, per avere quantificato l’assegno divorzile in misura piu’ elevata dell’assegno di separazione (pari a 1300 mensili), in mancanza di un mutamento delle condizioni patrimoniali delle parti, pur non essendo il primo finalizzato alla ricostituzione del tenore di vita matrimoniale.
I predetti motivi devono essere esaminati congiuntamente, essendo connessi tra loro, e sono fondati nei termini di cui si dira’.
In sintesi, la sentenza impugnata ha giustificato l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno divorzile, nella misura indicata, in funzione compensativa-perequativa, avendo registrato il rilevante squilibrio reddituale-patrimoniale tra gli ex coniugi (che svolgevano entrambi attivita’ lavorativa) e valorizzato l’attivita’ endofamiliare svolta dalla (OMISSIS), nella quale ha ravvisato il suo contributo alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge, che ha giudicato di per se’ meritevole di essere compensato.
Questa impostazione non e’ in linea con la giurisprudenza di legittimita’ formatasi dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 18287 del 2018 che, accanto alla principale e imprescindibile funzione assistenziale – che comporta la necessita’ di valutare l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno e l’impossibilita’ di procurarseli per ragioni oggettive, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, dovendo la soglia della indipendenza economica intendersi come possibilita’ di vivere autonomamente e dignitosamente, avendo riguardo alle indicazioni provenienti dalla coscienza sociale (ex plurimis, Cass. n. 11504 del 2017 e n. 3015 del 2018) -, ha valorizzato nell’assegno divorzile la funzione perequativo-compensativa, in presenza di specifica prospettazione del sacrificio sopportato dal coniuge economicamente piu’ debole per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il richiedente ha l’onere di dimostrare), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia e, in tal modo, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale (ex plurinai.r, Cass. n. 24250 e 38362 del 2021, n. 21228 e 21234 del 2019).
Condizione per l’attribuzione dell’assegno divorzile in funzione compensativa non e’ il fatto in se’ che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure domestiche e dei figli, ne’ di per se’ il divario o lo squilibrio reddituale tra gli ex coniugi – che vale “unicamente come precondizione fattuale per l’applicazione dei parametri di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, prima parte” (cfr. Cass. n. 32398 del 2019) – o l’elevata capacita’ economica di uno dei due Cass. n. 22738 del 2021, n. 21234 del 2019).
Occorre piuttosto indagare sulle ragioni e conseguenze della scelta di uno dei coniugi, seppure condivisa con l’altro coniuge, di dedicarsi prevalentemente all’attivita’ familiare, la quale e’ pur sempre attuativa dei doveri inderogabili derivanti per ciascun coniuge dal vincolo matrimoniale (cfr. articolo 143 c.c., in collegamento con l’articolo 4 Cost., comma 2), insuscettibili di diretta patrimonializzazione ex-post in termini di mera corrispettivita’.
Ai fini della funzione compensativa dell’assegno divorzile, quella scelta assume rilievo nei limiti in cui sia all’origine di “aspettative professionali sacrificate” (SU n. 18287 del 2018) e della rinuncia a realistiche occasioni professionali e reddituali che il richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare in concreto. E’ in tal caso che il divario reddituale tra gli ex coniugi assume rilievo quale elemento causalmente riconducibile a quella scelta e, per questa ragione, meritevole di riequilibrio.
Diversamente opinando, si verificherebbe una duplice aporia.
Qualora l’attivita’ endofamiliare fosse reputata di per se’ meritevole di compensazione in sede post-coniugale a favore del coniuge che l’abbia svolta, si dovrebbe concludere irragionevolmente che l’attivita’ professionale prestata dall’altro coniuge non sarebbe altrettanto idonea ad arrecare un analogo contributo alla formazione del patrimonio comune e individuale, anche quando abbia consentito alla famiglia di godere di un elevato tenore di vita e all’altro coniuge di beneficiare delle utilita’ e dei guadagni che potrebbero confluire nel patrimonio individuale del coniuge richiedente l’assegno, in sede di divisione a seguito dello scioglimento della comunione legale dei beni (cfr. Cass. n. 11787 del 2021).
In secondo luogo, se l’attribuzione dell’assegno prescindesse dalla necessita’ di dimostrare le aspettative professionali sacrificate, in conseguenza della scelta di dedicarsi alle cure domestiche e dei figli, verrebbe meno la ragione della esigenza di riequilibrare il divario reddituale e patrimoniale (tra gli ex coniugi), il quale non potrebbe dirsi causalmente riconducibile a quella scelta, quanto piuttosto alle pregresse formazioni professionali individuali, quale risultato delle diverse storie di ciascun componente della coppia.
Questa Corte ha avuto occasione di osservare che, in presenza di squilibrio di non modesta entita’ tra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, laddove risulti che l’intero patrimonio dell’ex coniuge richiedente sia stato formato, durante il matrimonio, con il solo apporto dei beni dell’altro, si deve ritenere che sia stato gia’ riconosciuto il ruolo endofamiliare dallo stesso svolto e – tenuto conto della composizione e dell’attitudine all’accrescimento di tale patrimonio – sia stato gia’ realizzata con tali attribuzioni l’esigenza perequativa, per cui non e’ dovuto, in tali condizioni, l’assegno di divorzio (0-. Cass. n. 21926 del 2019).
Nella specie, la Corte anconetana ha ravvisato nell’attivita’ domestica svolta dalla (OMISSIS) la causa determinante della esigenza di riequilibrio delle condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, al fine di giustificare l’attribuzione a suo favore di una quota dei redditi percepiti dall’ (OMISSIS) grazie alla sua attivita’ professionale di medico, a prescindere da allegazione e prova da parte della (OMISSIS) delle verosimili e concrete prospettive professionali, e potenzialita’ reddituali, frustrate per effetto della sua scelta di dedicarsi prevalentemente all’attivita’ domestica.
Si tratta di un automatismo valutativo che rivela falsa applicazione del parametro normativo di riferimento, dal quale non e’ possibile enucleare una funzione compensativa dell’assegno divorzile nei termini ipotizzati nella sentenza impugnata, che avvalora l’idea – priva di riscontri normativi – secondo cui l’attivita’ prestata per la famiglia sia divenuta ex-post ingiustificata a seguito della cessazione del rapporto matrimoniale e, in tesi, di per se’ meritevole di indennizzo.
Se ne ha conferma nelle perplesse valutazioni compiute dalla Corte territoriale, laddove ha trascurato che l’ (OMISSIS) ha svolto prima del matrimonio e ha continuato a svolgere dopo la separazione dal coniuge l’attivita’ lavorativa part-time (nonostante i figli avessero raggiunto l’indipendenza economica) e che la superiore capacita’ economica dell’ (OMISSIS) e’ conseguenza della sua diversa formazione professionale (di medico).
A quest’ultimo riguardo, risultano non decisive per le ragioni dette e, comunque, apodittiche le considerazioni relative al sostegno economico offerto dall’ (OMISSIS) all’ (OMISSIS) all’inizio della carriera, non specificandosi da quali fonti probatorie siano state tratte le relative informazioni (neppure collocate precisamente nel tempo) criticate dal ricorrente nel rispetto del principio di specificita’ (nel terzo motivo sono trascritti i verbali delle testimonianze assunte che smentirebbero le conclusioni tratte nella sentenza impugnata). Per altro verso, la stessa Corte ha riconosciuto che i proventi dell’attivita’ lavorativa erano destinati dall’ (OMISSIS) alle esigenze della famiglia che ha potuto godere di un apprezzabile tenore di vita, per poi confluire, in parte, nel patrimonio individuale della (OMISSIS), attuandosi in tal modo la piu’ volte ricordata esigenza compensativa.
Infine, la Corte di merito non ha spiegato le ragioni che l’hanno indotta a determinare l’assegno nella misura indicata, incorrendo nel vizio di omessa motivazione.
In conclusione, in accoglimento del ricorso che e’ fondato nei termini illustrati, la sentenza impugnata e’ cassata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona per un nuovo esame e per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi.