Cassazione Civile, Ordinanza 22 giugno 2021 n. 17821

Cassazione Civile, Ordinanza 22 giugno 2021 n. 17821
(…omissis…)
RITENUTO IN FATTO

  1. Con ricorso del 6 marzo 2015 (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante della s.p.a. (OMISSIS), proponeva opposizione avverso due distinte ordinanze-ingiunzioni notificategli il 5-6 febbraio 2015 con riferimento alle violazioni previste della L. n. 386 del 1990, articoli 1 e 2 (ovvero per avere emesso una serie di assegni senza autorizzazione del trattario e senza provvista).
    Con tali opposizioni il (OMISSIS) sosteneva, quanto agli assegni senza copertura, che, in effetti, essi erano stati emessi a titolo di garanzia e, con riferimento all’altra infrazione, che la revoca all’emissione degli assegni era avvenuta a seguito di una procedura da ritenersi illegittima.
    Nella costituzione dell’opposto Prefetto, l’adito Giudice di pace di Lecce rigettava con sentenza n. 3490/2015 il ricorso del (OMISSIS), nella duplice qualita’ dedotta.
  2. Interposto appello da parte dello stesso (OMISSIS), cui resisteva il Prefetto appellato, il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 942/2017 (pubblicata il 2 marzo 2017), rigettava il gravame e, condannava il (OMISSIS), nella duplice qualita’ spesa, anche alla rifusione delle spese del giudizio di secondo grado.
    A sostegno dell’adottata sentenza, il Tribunale salentino confermava – come gia’ rilevato dal giudice di prime cure – che si erano venuti a configurare i presupposti per la sussistenza della violazione di cui della citata L. n. 386 del 1990, articolo 2, dal momento che, ove siano emessi assegni post-datati o senza data, previo accordo con il prenditore di non metterlo all’incasso prima di un certo momento, l’emittente accetta il rischio che, all’atto della presentazione all’incasso, potranno mancare i fondi per la provvista. Era, inoltre, emerso che l’emissione dei titoli era stata posta In essere quando era gia’ intervenuta la revoca in proposito.
  3. Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre, il (OMISSIS), nella suddetta duplice qualita’.
    L’intimato Prefetto di Lecce non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
    CONSIDERATO IN DIRITTO
  4. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione della L. n. 386 del 1990, articolo 2 e del Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 168 (c.ed. legge fallimentare), come novellato dalla L. n. 134 del 2012, nonche’ la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, articolo 4, per non aver il giudice di appello considerato applicabile, nel caso di specie, la scriminante di cui all’appena citato articolo 4, posto che gli assegni in questione non avrebbero potuto essere pagati,
    indipendentemente dalla loro copertura, siccome consegnati prima del deposito del ricorso di cui agli articoli 160 e segg. della legge fallimentare relativo alla societa’ da egli rappresentata (con riferimento alla procedura di concordato preventivo “con riserva”).
    1.1. Con la censura sub 1.A. il ricorrente ha dedotto – sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione della L. n. 386 del 1990, articolo 2 e della L. n. 689 del 1981, articolo 3, facendo presente che, nella fattispecie non avrebbe potuto ritenersi integrato l’elemento soggettivo della violazione, dal momento che, ai fini della consumazione del relativo illecito, la volonta’ colpevole doveva sussistere tanto al momento dell’emissione degli assegni che in quello dell’accertato mancato pagamento.
  5. Con la seconda doglianza il ricorrente ha prospettato – sempre con riguardo all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 386 del 1990, articolo 1 e dell’articolo 9-bis della stessa Legge, poiche’ gli assegni recanti la data del 28 febbraio 2013 erano stati consegnati ai fornitori prima del deposito dell’anzidetto ricorso per l’accesso alla procedura di concordato preventivo e, in ogni caso, dall’ordinanza-ingiunzione opposta non si evinceva quale fosse stato il momento di perfezionamento del procedimento di revoca all’emissione di assegni.
    2.1. Con il collegato motivo indicato come sub 2.A. il ricorrente ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, articoli 1 e 3, perche’, anche con riferimento alla rilevata violazione dell’emissione di assegni a seguito di intervenuta revoca, avrebbe dovuto essere esclusa la sussistenza dell’elemento soggettivo.
  6. Con la terza censura il ricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., sul presupposto che il giudice di appello lo aveva ingiustamente condannato al pagamento delle spese del grado nonostante la sussistenza di idonee ragioni che ne avrebbero giustificato la compensazione, riconducibili alla novita’ e complessita’ delle questioni e al mutato quadro normativo in materia.
  7. Osserva il collegio che il primo complesso motivo cosi’ come proposto (riportato sotto i punti 1 e 1.A.) e’ infondato.
    Lo e’, in primo luogo, perche’ per giurisprudenza costante di questa Corte (cfr. Cass. n. 18345/2006, con riferimento all’emissione degli assegni “a vuoto”, e Cass. n. 14322/2007 insieme a Cass. n. 19797/2020, con riguardo agli assegni emessi in difetto di autorizzazione del trattario), l’emissione di assegni postdatati o privi di data comporta l’assunzione del rischio da parte dell’emittente del possibile difetto di provvista all’atto del loro incasso (sul presupposto che l’illecito viene a consumarsi nel luogo e nel momento in cui il mancato pagamento, per difetto di copertura, si verifica a seguito della condizione di punibilita’ costituita dalla presentazione del titolo, in tempo utile, da parte del portatore legittimo). Resta, percio’, nel caso di specie, irrilevante la circostanza che essi fossero stati emessi prima del deposito della domanda di preconcordato della societa’ ricorrente (che, verosimilmente, la stessa aveva gia’ programmato di presentare), avendo, altresi’, la Corte di appello correttamente rilevato che il lasso temporale intercorso tra l’emissione degli assegni e la data del ricorso L. Fall., ex articolo 161, non avrebbe potuto implicare l’esenzione del ricorrente dalla responsabilita’ con riferimento alle violazioni ascrittegli, essendo stato accertato comunque il difetto di provvista al momento della presentazione dei titoli per l’incasso (tanto e’ vero che furono protestati per tale causa) e potendo, al limite, la questione della esigibilita’ o meno delle somme da essi recate rilevare solo (e nell’interesse esclusivamente dei creditori) nell’ambito della procedura concorsuale ma non incidere sulla configurabilita’ delle infrazioni di cui della L. n. 386 del 1990, articoli 1 e 2, previste per la tutela di un interesse pubblicistico e, in particolare, della fede pubblica. Questa esatta ricostruzione comporta anche l’infondatezza della doglianza relativa alla prospettata mancanza dell’elemento soggettivo, dal momento che e’ altrettanto Indiscutibile che, in materia di sanzioni amministrative connesse all’emissione di assegni senza provvista (fattispecie sanzionata come illecito amministrativo a seguito delle depenalizzazione del corrispondente delitto operata dal Decreto Legislativo n. 507 del 1999, articolo 29, che ha novellato la L. n. 386 del 1990, articolo 2), viola il dovere di diligenza media, con conseguente impossibilita’ di invocare il fatto scusabile, l’emittente il quale non solo non si attenga al dovere di controllare l’andamento del proprio conto bancario al fine di assicurare che in ogni momento vi sia disponibilita’ del denaro necessario al pagamento degli assegni emessi nei termini per la presentazione di essi all’incasso, ma, oltre a far affidamento sulla tolleranza da parte della banca di una situazione di scoperto, assuma consapevolmente con la post-datazione degli assegni – sintomatica, di per se’, di scarsa liquidita’ – 11 rischio della sopravvenienza di un difetto di provvista al momento della loro presentazione.
  8. Anche la seconda complessiva censura (riferita ai motivi sub 2 e 2.A.) e’ priva di fondamento.
    Osserva il collegio che, se e’ vero quello che assume in via generale il ricorrente in punto di diritto (sull’onere della prova incombente in capo al Prefetto circa la messa a conoscenza del contravventore della revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni: cfr. Cass. n. 23015/2009), e’ altrettanto vero che la Corte di appello ha comunque ritenuto che, per effetto della condotta tenuta dal ricorrente (nella duplice qualita’ spesa), egli avesse accettato anche il rischio dell’emissione dei titoli senza autorizzazione, precisando che non aveva rilevanza decisiva il difetto della forma della comunicazione da parte della Prefettura dell’intervenuta revoca, dal momento che il ricorrente non aveva negato di avere consapevolezza che la stessa fosse sopravvenuta, deducendo solo di aver emesso gli assegni in un momento precedente alla stessa, cosi’ accettando il rischio che gli assegni avrebbero circolato anche una volta sopraggiunta la revoca (una volta rimasta accertata tale circostanza al momento dell’utilizzazione dei titoli), cosi’ rimanendo integrata anche la violazione prevista dalla L. n. 386 del 1990, articolo 1.
    Per effetto di detta impostazione posta a base del rigetto della prima parte del secondo motivo, consegue anche l’infondatezza della parte ulteriore dello stesso motivo correlata alla contestata sussistenza dell’elemento soggettivo, invece emergente per effetto della colpa riconducibile alla condotta del (OMISSIS) nell’accettazione del suddetto rischio che, al momento dei riempimento dei titoli e della loro utilizzazione, gli stessi sarebbero potuti risultare (anche) privi di autorizzazione.
  9. La terza ed ultima doglianza e’ chiaramente infondata avendo la Corte di appello applicato legittimamente il criterio della soccombenza ai fini della regolazione delle spese processuali, cosi’ ritenendo implicitamente che non sussistessero le condizioni per giungere ad una loro totale o parziale compensazione, non essendo necessaria un’espressa motivazione al riguardo.
    La giurisprudenza di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. SU n. 14989/2005 e, da ultimo, Cass. n. 11329/2019) e’, in proposito, concorde al riguardo, avendo statuito che, in tema di spese processuali, la facolta’ di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non e’ tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facolta’, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualita’ di una compensazione, non puo’ essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione.
  10. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto, senza doversi far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese, non avendo l’Amministrazione intimata svolto attivita’ difensiva in questa sede.
    Infine, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, nella duplice qualita’ dedotta, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
    P.Q.M.
    La Corte rigetta il ricorso.
    Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.