Cassazione civile, Ordinanza 5 novembre 2020 n.24698
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FATTI DI CAUSA
- La societa’ (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito mutera’ ragione sociale dapprima in ” (OMISSIS)”, e quindi in (OMISSIS) s.p.a.; d’ora innanzi, per brevita’, “la banca”) nel 2007 concesse un finanziamento alla societa’ (OMISSIS) s.p.a..
Il finanziamento venne garantito da una terza societa’, la (OMISSIS) s.p.a., attraverso la concessione d’una ipoteca per sei milioni di Euro, iscritta su un capannone industriale di sua proprieta’. - La (OMISSIS) non restitui’ il finanziamento e la banca inizio’ l’azione esecutiva sugli immobili della (OMISSIS) s.p.a..
Quest’ultima propose opposizione all’esecuzione, ex articolo 615 c.p.c., dinanzi al Tribunale di Verbania.
A fondamento dell’opposizione dedusse che:
-) il finanziamento concesso dalla banca alla (OMISSIS) era nullo o comunque privo di causa; cio’ in quanto la banca era creditrice della (OMISSIS), ed il finanziamento a quest’ultima concesso era stato erogato al solo fine di consentire alla debitrice il ripianamento della propria posizione debitoria verso la (OMISSIS) in pregiudizio degli altri creditori; tale condotta integrava gli estremi del delitto di bancarotta preferenziale;
-) era altresi’ nulla la garanzia ipotecaria, per dolo determinante commesso dalla banca. - Con sentenza 16 gennaio 2015 il Tribunale di Verbania rigetto’ l’opposizione.
Ritenne il Tribunale che non vi fosse prova del dolo della banca, preordinato alla commissione del delitto di bancarotta preferenziale.
Ritenne altresi’ il Tribunale che il finanziamento concesso alla (OMISSIS) era stato erogato al fine di consentire il ripianamento della posizione debitoria di quest’ultima societa’ non gia’ verso la banca finanziante, ma verso altri e diversi creditori. - La sentenza fu appellata dalla parte soccombente.
Con l’atto d’appello la societa’ appellante torno’ a sostenere la tesi della contemporanea nullita’ sia del contratto di finanziamento, sia della garanzia ipotecaria.
A sostegno di questa tesi dedusse che il Tribunale non aveva considerato, oppure aveva erroneamente valutato, le seguenti circostanze:
-) il (OMISSIS) concesse il finanziamento alla (OMISSIS) quando quest’ultima era gia’ in stato di insolvenza, e tale circostanza era nota alla banca;
-) il finanziamento concesso dal (OMISSIS) integrava gli estremi, quanto meno, del delitto di bancarotta semplice, in quanto preordinato a ritardare la dichiarazione di fallimento e differire di conseguenza il termine per le azioni revocatorie;
-) gli atti acquisiti nel corso dell’istruttoria, ed in particolare le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche disposte dall’Autorita’ inquirente, dovevano ritenersi sufficienti a dimostrare il dolo della banca;
-) in ogni caso il contratto di finanziamento doveva ritenersi nullo perche’ era stato concesso al solo scopo di consentire alla (OMISSIS) di acquisire il 51% del capitale azionario di una terza societa’ ( (OMISSIS) s.a.); e poiche’ il denaro non venne dal mutuante utilizzato a questo scopo, ne derivava secondo l’appellante la nullita’ del contratto di finanziamento;
-) nullo, altresi’, doveva ritenersi il negozio di concessione dell’ipoteca, in quanto estraneo all’oggetto sociale della (OMISSIS) e di valore 300 volte superiore al capitale sociale di quest’ultima;
-) il consenso della (OMISSIS) alla dazione di ipoteca fu carpito con dolo dalla banca. - Con sentenza 19 gennaio 2017 n. 130 la Corte d’appello di Torino rigetto’ il gravame.
Ritenne che:
-) il finanziamento concesso dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) era destinato a consentire una effettiva e reale operazione di acquisizione societaria da parte della (OMISSIS), garantita dalla SACE, concordata con un gruppo societario straniero e rispetto alla quale la garanzia immobiliare prestata dalla (OMISSIS) era un elemento integrante;
-) l’amministratore della (OMISSIS), tuttavia, sin dall’inizio preordino’ di destinare il suddetto finanziamento non all’acquisizione societaria dichiarata al partner straniero, alla banca finanziatrice ed alla SACE, ma al ripianamento di debiti pregressi nei confronti di altre banche;
-) la (OMISSIS) era ignara di tale piano, ne’ vi coopero’ in alcun modo;
-) infatti, pur essendo emerso che la (OMISSIS) sin dal 2006 era in stato di decozione e aveva falsificato bilanci e contabilita’, tale situazione alla data di concessione del mutuo ((OMISSIS)) non era immediatamente percepibile e non poteva concretamente essere percepita dalla (OMISSIS), tanto e’ vero che essa pote’ emergere solo in seguito alle indagini compiute dalla Procura della Repubblica e dopo l’effettuazione di un’apposita perizia disposta dal Pubblico Ministero;
-) ne’ la circostanza che la (OMISSIS) fosse gia’ creditrice della (OMISSIS) per 1.500.000 Euro, ne’ la circostanza che la (OMISSIS) avesse gia’ ottenuto un finanziamento di 3.500.000 Euro da un pool di banche, utilizzato per ripianare i debiti della societa’ finanziata verso le banche finanziatrici, erano elementi idonei a dimostrare la consapevolezza, in capo alla (OMISSIS), della situazione di insolvenza in cui versava la (OMISSIS); infatti, poiche’ il ceto bancario non aveva revocato alcuna linea di credito alla societa’ finanziata, teoricamente la concessione da parte di altre banche del suddetto finanziamento di 3.500.000 di Euro poteva legittimamente essere considerato dalla (OMISSIS) come un indice di affidabilita’ della (OMISSIS);
-) le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche versate in atti, relative alle conversazioni tra l’amministratore della (OMISSIS) ed i funzionari della (OMISSIS), non palesavano con certezza alcuna consapevole partecipazione di questi ultimi al piano fraudolento ordito dal primo. - Esclusa dunque la nullita’ del contratto di finanziamento per le ragioni sopra esposte, la Corte d’appello e’ passata ad esaminare la questione della nullita’ della garanzia ipotecaria: ed anche quest’ultima e’ stata esclusa, sul presupposto che la dazione di ipoteca nel caso di specie non fu affatto contraria all’ordine pubblico; essa non era estranea all’oggetto sociale della (OMISSIS); la garanzia era stata concessa su immobili che la societa’ garante aveva acquistato avvalendosi di fondi concessile dalla societa’ garantita, ambedue appartenenti al medesimo gruppo familiare, e non era pertanto esorbitante rispetto al patrimonio sociale.
- La Corte d’appello, infine, ha escluso qualsiasi ipotesi di annullabilita’ del contratto di garanzia: sia perche’ non vi era prova del dolo determinante da parte della (OMISSIS); sia perche’ la (OMISSIS) non poteva ritenersi ignara delle reali condizioni economiche e patrimoniali della (OMISSIS), dal momento che le due societa’ avevano ciascuna due soci soltanto, ed i quattro soci delle due societa’ appartenevano ad un unico nucleo familiare.
- La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS) con ricorso fondato su sei motivi (il sesto e’ indicato con l’aggettivo ordinale “settimo”).
Ha resistito con controricorso la (OMISSIS) s.p.a..
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
La causa, gia’ fissata per l’adunanza camerale del 10 marzo 2020, e’ stata rinviata all’adunanza camerale del 13 luglio 2020 per effetto del differimento delle attivita’ processuali disposto dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 1 e Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, articolo 36, comma 1.
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 1227 e 1176 c.c..
Nella illustrazione del motivo sostiene la seguente tesi:
a) la Corte d’appello ha accertato che i funzionari della (OMISSIS), nella fase di istruttoria del finanziamento concesso alla (OMISSIS), si comportarono con leggerezza, “con un affidamento eccessivo e mal riposto” verso l’amministratore della (OMISSIS);
b) se dunque i funzionari della banca avevano per colpa contribuito all’erogazione di un finanziamento che si sarebbe dovuto invece rifiutare, il danno subito dalla banca in conseguenza della mancata restituzione del mutuo andava ascritto (non e’ chiaro se, secondo la ricorrente, in tutto o in parte) alla banca stessa.
1.1. Il motivo e’ inammissibile per la sua novita’.
La questione della sussistenza d’un concorso colposo della banca nella “causazione del danno” (rectius, nell’avere scelto di finanziare un debitore insolvente) non risulta mai prospettata nei gradi di merito, ne’ la ricorrente indica nel ricorso in quale atto la suddetta questione sia stata ritualmente proposta.
Non rileva a tal fine che l’eccezione di cui all’articolo 1227 c.c., comma 1, sia rilevabile d’ufficio.
La regola della rilevabilita’ d’ufficio del concorso colposo fornito dal danneggiato alla causazione del danno vale infatti per il giudizio di merito, non certo per quello di legittimita’, se la questione non sia mai stata sollevata nei gradi di merito.
Questa Corte ha infatti gia’ stabilito che il motivo di ricorso per cassazione fondato sull’erronea valutazione del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno e’ inammissibile ove il ricorrente ometta di indicare in quale fase e in quali termini abbia sollevato la relativa questione nel giudizio di merito, secondo quanto imposto dall’articolo 366 c.p.c., n. 3, con conseguente irrilevanza del fatto che la questione sia astrattamente rilevabile d’ufficio (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17335 del 03/07/2018, Rv. 650237 – 01)
1.2. Nella parte, poi, in cui lamenta la violazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2, il motivo e’ manifestamente infondato, poiche’ e’ pacifico che l’eccezione ivi prevista non e’ rilevabile d’ufficio, e nel caso di specie non risulta mai prospettata in precedenza (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 1213 del 23/01/2006, Rv. 587997 – 01).
1.3. Ritiene doveroso la Corte aggiungere che l’articolo 1227 c.c., e’ una norma che disciplina la liquidazione del danno, sia esso causato da un inadempimento o da fatto illecito.
Il presente giudizio non ha ad oggetto la liquidazione del danno: ha ad oggetto il diritto della (OMISSIS) di procedere all’espropriazione forzata dell’immobile dato in garanzia dalla (OMISSIS).
In questo giudizio puo’ dunque discutersi soltanto se la garanzia esista, se non esista, se sia esistita ma in seguito sia venuta meno.
La garanzia prestata a favore di una banca (tanto personale quanto reale) puo’ divenire inefficace, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, quando la banca:
a) eroghi credito al debitore principale pur conoscendo, o potendo conoscere con l’ordinaria diligenza, la sua condizione di insolvenza;
b) trascuri di informare il garante del peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore principale.
Tuttavia nell’uno, come nell’altro caso, la garanzia non viene meno qualora il garante conoscesse anch’egli le condizioni patrimoniali del debitore principale.
Nel caso di specie la Corte d’appello ha ritenuto, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, che con l’ordinaria diligenza la (OMISSIS) non potesse conoscere la effettiva situazione patrimoniale della (OMISSIS), poiche’ quest’ultima aveva artefatto le scritture contabili, e l’esame di esse non poteva rendere palese il reale stato della societa’.
Ha altresi’ stabilito, anche in questo caso con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, che il garante e il debitore principale erano due societa’ gestite di fatto dal medesimo gruppo familiare, sicche’ le condizioni patrimoniali del debitore erano ben note al garante.
Da quanto precede discendono due conseguenze:
a) la prima conseguenza e’ che nessuna violazione dell’articolo 1227 c.c., puo’ esservi stata da parte del giudice di merito, perche’ nessuna applicazione di quella norma si doveva fare nel caso di specie: la Corte d’appello doveva soltanto stabilire se la garanzia esistesse o fosse venuta meno;
b) la seconda conseguenza e’ che l’articolo 1227 c.c., comma 1, comunque non si sarebbe mai potuto dire violato, perche’ la Corte d’appello ha ritenuto sussistenti due circostanze di fatto (inconoscibilita’ dell’insolvenza del debitore principale da parte della banca, e conoscenza invece dell’insolvenza da parte del garante) che da sole escludevano l’inefficacia della garanzia. - Il secondo motivo di ricorso.
Col secondo motivo la ricorrente lamenta sia il vizio di nullita’ processuale, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4; sia il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Prospetta la violazione degli articoli 111 Cost.; articoli 61, 115, 116, 132 e 191 c.p.c..
L’illustrazione del motivo contiene plurime censure cosi’ riassumibili:
a) la Corte d’appello, nel disattendere la perizia di parte nella quale si dimostrava la conoscibilita’, da parte della banca, della insolvenza della (OMISSIS), era “priva di rigore logico”;
b) la Corte d’appello aveva fondato la propria decisione su una perizia disposta dalla Procura della Repubblica ed acquisita agli atti, la quale, non solo non era riportata integralmente, ma conteneva affermazioni che, complessivamente valutate, avrebbero dovuto condurre alla conclusione esattamente opposta;
c) la Corte d’appello aveva trascurato di valutare, o comunque sottovalutato, le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche acquisite agli atti, e relative alle conversazioni tra l’amministratore della (OMISSIS) e i funzionari della (OMISSIS); da una di queste intercettazioni, in particolare, datata 30 maggio 2007, si sarebbe dovuta desumere l’esistenza di un rapporto di connivenza tra l’amministratore delegato della societa’ fallita e i funzionari della banca finanziatrice; nonche’ la consapevolezza di questi ultimi che il finanziamento sarebbe stato utilizzato per estinguere debiti della societa’ finanziata verso altre banche;
d) la conoscenza dello stato di decozione della (OMISSIS), da parte della (OMISSIS), era desumibile anche da vari provvedimenti giudiziari: in particolare, dalla sentenza di primo grado, nella quale si affermava che “anche un profano”, nell’esaminare le scritture contabili della (OMISSIS), si sarebbe avveduto delle sue condizioni finanziarie, e da una sentenza pronunciata dal Tribunale del riesame (il ricorso non precisa in merito a quale procedimento);
e) la circostanza che il finanziamento a favore della (OMISSIS) fosse stato reputato legittimo dalla SACE (valorizzata dalla Corte d’appello per escludere la conoscenza, da parte della banca, dello stato di insolvenza della (OMISSIS)) non solo non scagionava affatto la banca dalle sue responsabilita’, ma anzi le evidenziava, in quanto era stata proprio la (OMISSIS), secondo la prospettazione della ricorrente, ad indurre in errore la SACE.
2.1. Il motivo e’ inammissibile in tutte le censure in cui si articola. Nella parte in cui lamenta il vizio di omesso esame del fatto decisivo esso e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, essendovi stata una doppia sentenza conforme nei gradi di merito.
2.2. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge il motivo e’ inammissibile in quanto censura un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.
2.3. Nella parte, infine, in cui lamenta la “illogicita’” della sentenza, il motivo e’ manifestamente infondato, in quanto la motivazione della sentenza d’appello e’ ben chiara: il giudice di merito ha ritenuto che la (OMISSIS) fosse una vittima incolpevole dei raggiri dell’amministratore della (OMISSIS): affermazione ben chiara dal punto di vista della logica, e incensurabile in questa sede, in quanto costituisce un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito. - Il terzo motivo di ricorso.
Col terzo motivo la ricorrente torna a denunciare, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 1176 e 1227 c.c..
Il motivo riproduce sostanzialmente le censure gia’ formulate col primo motivo di ricorso, come correttamente rilevato dalla societa’ controricorrente.
3.1. Esso e’ inammissibile per le medesime ragioni gia’ esposte con riferimento al primo motivo.
3.2. Non convincenti, per contro, appaiono le repliche svolte su questo punto dalla societa’ ricorrente a p. 5, § 4, della propria memoria illustrativa.
Ivi la (OMISSIS) deduce di avere inteso sostenere, col terzo motivo del proprio ricorso, che il contratto di finanziamento concesso dalla banca alla (OMISSIS) era affetto da “invalidita’ sopravvenuta”, derivante dal fatto che la societa’ finanziata utilizzo’ la somma datale a mutuo per scopi diversi da quelli contemplati dal contratto di finanziamento, e sostiene che la sentenza d’appello sarebbe priva di motivazione in merito a tale questione.
Il presupposto implicito di tale affermazione e’ che l’eventuale impiego della somma data a mutuo per scopi diversi da quelli stabiliti renderebbe “invalido” il contratto di mutuo e libererebbe il garante delle proprie obbligazioni verso il mutuante.
3.3. In merito a tali osservazioni reputa doveroso questa Corte rilevare che – al di la’ della valutazione sull’ammissibilita’ del motivo per il modo in cui e’ formulato – in ogni caso il dispositivo della sentenza impugnata sarebbe conforme a diritto.
La ricorrente, infatti, fraintende alcuni principi affermati da questa Corte in tema di mutuo di scopo, invocandone un’applicazione estensiva e non condivisibile.
Questa Corte, in particolare, non ha mai affermato che l’impiego della somma mutuata per scopi diversi da quelli previsti nel contratto di mutuo renda “invalido” quest’ultimo contratto.
Ha affermato, invece, un principio ben diverso: e cioe’ che nel caso di collegamento negoziale tra il contratto di mutuo ed un successivo contratto commutativo (ad es., vendita), in vista del quale la somma data a mutuo doveva essere impiegata, l’inadempimento delle proprie obbligazioni da parte del terzo nei confronti del mutuatario legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma, non al mutuatario che l’ha ricevuta, ma al terzo al quale e’ stata dal mutuatario versata (la sentenza capostipite in tal senso e’ la nota decisione pronunciata da Sez. 2, Sentenza n. 474 del 20/01/1994, piu’ volte ribadita in seguito, da ultimo da Sez. 3, Sentenza n. 12454 del 19/07/2012, Rv. 623357 – 01).
Principio ovviamente non pertinente rispetto al caso di specie, nel quale non vi e’ stato alcun inadempimento da parte d’un terzo.
Pretendere invece, come sostiene la ricorrente, che il garante possa sottrarsi all’adempimento dell’obbligazione di garanzia sol perche’ il mutuatario abbia fatto un uso improprio della somma erogatagli, e’ affermazione che condurrebbe ad un esito paradossale: e cioe’ sottrarre al mutuante-creditore la garanzia, proprio la’ dove piu’ grave e’ stato l’inadempimento del mutuatario-debitore.
Una tesi, dunque, non solo sprovvista di qualunque fondamento normativo; non solo contraria alla causa ed allo scopo delle garanzie personali o reali; non solo ingiustamente punitiva del creditore incolpevole, ma per di piu’ proclive a facili collusioni tra garante e debitore, cui basterebbe rendersi inadempiente allo “scopo” del mutuo, per liberare ipso facto il garante.
Una tesi, dunque, prima che infondata, inaccettabilmente irragionevole. - Il quarto motivo di ricorso.
Col quarto motivo la ricorrente prospetta sia il vizio di violazione di legge (lamenta la violazione dell’articolo 111 Cost.; articolo 132 c.p.c.; L. Fall., articoli 216 e 217); sia il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha escluso la connivenza della (OMISSIS) con l’amministratore della societa’ fallita, sul presupposto che la prima non avesse tratto alcun vantaggio dall’operazione di finanziamento.
Deduce in contrario la ricorrente, da un lato, che la mancanza di un vantaggio non e’ elemento costitutivo della fattispecie del delitto di bancarotta; e dall’altro lato che la (OMISSIS) aveva invece tratto un tangibile e duplice vantaggio dall’operazione di finanziamento:
a) aveva percepito un cospicuo importo a titolo di commissioni;
b) soprattutto, si era ritrovata titolare di un credito garantito da ipoteca, e senza il rischio del concorso delle altre banche creditrici, tutte chirografarie, tacitate proprio col denaro messo a disposizione della (OMISSIS) dalla (OMISSIS).
4.1. Il motivo e’ inammissibile.
In primo luogo esso impugna un obiter dictum e non un’autonoma ratio decidendi.
Infatti la circostanza che la (OMISSIS) non avesse tratto vantaggio dal finanziamento non costituisce il fondamento della sentenza d’appello: la Corte d’appello ha rigettato il gravame sul presupposto che la (OMISSIS) non conosceva, e non poteva conoscere, l’insolvenza della (OMISSIS).
L’argomento della insussistenza del vantaggio economico e’ stato utilizzato solo ad abundantiam.
In secondo luogo, e in ogni caso, anche questo motivo censura un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.
Infine, nella parte in cui lamenta l’omesso esame del fatto decisivo, a prescindere da qualsiasi considerazione circa la corretta formulazione di tale motivo di ricorso, il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, essendovi stata una doppia pronuncia conforme nei gradi di merito. - Il quinto motivo di ricorso.
Col quinto motivo la ricorrente lamenta sia un error in procedendo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4; sia il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
A prescindere da tali riferimenti, nella illustrazione del motivo si articola una censura cosi’ riassumibile:
-) la (OMISSIS), prima di ricevere il finanziamento da parte della (OMISSIS), ne aveva gia’ ricevuto un altro, dell’importo di 3.000.000 di Euro, da un pool di banche;
-) anche in quel caso gli enti finanziatori avevano preteso di escutere la garanzia, ed anche in quel caso i garanti avevano invocato la nullita’ del finanziamento, in quanto preordinato a violare la par condicio creditorum;
-) pervenuta tale controversia all’esame della Corte d’appello di Venezia, questa aveva accolto l’opposizione proposta dai garanti, ritenendo che al momento della concessione del finanziamento le banche finanziatrici conoscessero perfettamente la situazione di insolvenza in cui si trovava la (OMISSIS);
-) tale precedente era stato invocato dalla odierna ricorrente anche nel giudizio concluso dalla sentenza qui impugnata, ma le ragioni addotte dalla Corte lagunare a sostegno della propria decisione, dimostrative della fondatezza delle pretese della (OMISSIS), erano state ingiustamente trascurate dalla Corte d’appello.
Osserva la ricorrente che non puo’ ritenersi conforme a normalita’ la circostanza che identiche fattispecie vengano decise in modo difforme, e che pertanto la Corte d’appello di Torino sarebbe incorsa nel vizio di “omesso esame d’un fatto decisivo”, rappresentato per l’appunto dalla suddetta precedente sentenza della Corte d’appello di Venezia.
5.1. Il motivo e’:
-) inammissibile ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 5, essendovi stata una doppia pronuncia conforme nei gradi di merito;
-) inammissibile altresi’ perche’ la sentenza pronunciata su fattispecie analoga, ma non tra le stesse parti, non e’ che una prova atipica, che il giudice di merito puo’ liberamente valutare. E l’omesso esame d’una fonte di prova, come noto, non costituisce il vizio di “omesso esame del fatto decisivo”, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5: lo hanno stabilito le Sezioni Unite di questa Corte, allorche’ affermarono che “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Quanto poi alla circostanza che fattispecie analoghe possono essere decise in modo diverso, tale eventualita’, per quanto deprecabile, e’ corollario ineliminabile della giustizia fatta dagli uomini, e non costituisce di per se’ un vizio della sentenza che fosse difforme da quelle precedentemente pronunciate in casi analoghi. - Il sesto motivo di ricorso.
Col sesto motivo (indicato come “settimo” a p. 42 del ricorso) la ricorrente prospetta sia il vizio di violazione di legge di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3 (assumendo la violazione degli articoli 1418, 1427, 1428 e 1439 c.c.), sia il vizio di nullita’ processuale, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4.
Questo motivo investe il capo di sentenza con cui e’ stata esclusa la nullita’ o la annullabilita’ del negozio di costituzione di ipoteca a favore della (OMISSIS).
L’illustrazione del motivo contiene plurime censure cosi’ riassumibili:
-) la motivazione della sentenza d’appello, nella parte in cui ha escluso che la garanzia ipotecaria prestata dalla (OMISSIS) fosse nulla per contrarieta’ a norme di ordine pubblico, era fondata su un presupposto errato (e cioe’ la “effettivita’ e realta’” della operazione economica finanziata dalla (OMISSIS));
-) lo stesso doveva dirsi per la motivazione della sentenza, nella parte in cui ha ritenuto che la prestazione della garanzia da parte della (OMISSIS) non fosse estranea all’oggetto sociale;
-) la motivazione della sentenza era, poi, contraddittoria nella parte in cui da un lato aveva affermato non esservi conflitto di interessi tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS), in ragione della diversita’ delle persone fisiche che amministravano le due societa’; e dall’altro lato pero’ aveva ritenuto che tra le due societa’ esistessero stretti legami, dai quali ha desunto che la societa’ garante ben conoscesse la situazione patrimoniale della societa’ garantita;
-) ancora, la motivazione della sentenza d’appello era carente, e comunque irrispettosa delle norme sui vizi del consenso negoziale, nella parte in cui aveva escluso la sussistenza di un dolo determinante da parte della (OMISSIS) in danno della odierna ricorrente;
-) infine, la Corte d’appello aveva trascurato di prendere posizione sulla allegazione difensiva secondo cui (questo parrebbe il senso della censura, non del tutto chiara) il contratto di garanzia si era risolto per mutamento delle condizioni patrimoniali della (OMISSIS).
6.1. Le prime delle quattro censure sopra riassunte sono inammissibili perche’ investono la valutazione dei fatti e delle prove.
Ed infatti, sia lo stabilire se una operazione economica sia fittizia o reale; sia lo stabilire se un’operazione economica rientri o meno nell’oggetto sociale d’una societa’ commerciale; sia lo stabilire se il garante conosca o non conosca le condizioni patrimoniali del garantito; sia lo stabilire se il consenso negoziale sia stato o no carpito con dolo, costituiscono altrettanti accertamenti di fatto.
6.2. La quinta delle suesposte censure e’ invece manifestamente infondata.
La dazione di ipoteca a favore d’un terzo e’ infatti un negozio unilaterale, non un contratto sinallagmatico, e ad essa non s’applica l’articolo 1461 c.p.c., il cui presupposto e’ la sussistenza d’un contratto a prestazioni corrispettive: un contratto, cioe’, in cui ciascuna delle parti assuma una obbligazione verso l’altra, e rispetto al quale ciascuna di tali obbligazioni sia nello stesso tempo causa e effetto dell’altra (il c.d. alter alteri obligari). - Le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si da’ atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17).
P.Q.M.
la Corte di Cassazione:
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna (OMISSIS) s.p.a. alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 15.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfetarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;
(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di (OMISSIS) s.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.