(…omissis…)
PREMESSO CHE
1. Nel 2005 Delta ha chiamato in giudizio Gamma deducendo: di essere subentrato il 16 settembre 1992, quale promissario acquirente, a Beta nel preliminare da quest’ultimo stipulato nel 1990 con il convenuto, di acquisto di un immobile parte di un più ampio complesso immobiliare; che al momento della sottoscrizione del preliminare Beta aveva già versato la somma di Lire 90 milioni cui si aggiungevano gli ulteriori acconti versati dall’attore per un totale complessivo di Euro 114.278,49; che, a fronte del rigetto della domanda di risoluzione del contratto (con sentenza n. 431/2002 dal Tribunale di Taranto), con lettera del 4 maggio 2005 aveva chiesto di stipulare il contratto definitivo, ma che le parti non erano d’accordo sul saldo, dato che il promittente venditore aveva nel frattempo apportato sostanziali modifiche alle aree antistanti l’immobile promesso in vendita in modo che ne era significativamente diminuito il suo valore commerciale. L’attore ha quindi proposto domanda di trasferimento ex art. 2932 c.c., chiedendo al giudice di determinare il residuo prezzo d’acquisto, adeguatamente diminuito, nonché di condannare la controparte a consegnare l’immobile e al risarcimento del danno. Gamma costituendosi, ha chiesto di rigettare la domanda, in quanto anzitutto “il rapporto contrattuale scaturente dal contratto preliminare … ha formato oggetto di un giudizio che si è concluso con una sentenza passata in cosa giudicata” e poi “si chiede al giudice di determinare il prezzo della compravendita anziché offrirsi l’adempimento delle obbligazioni così come disciplinate dal preliminare”.
Il Tribunale di Taranto, con la sentenza n. 3217/2014, dichiarava inammissibili le domande, in quanto “era onere dell’attore, prima o al più tardi contestualmente alla proposizione della domanda, procedere all’offerta del saldo, se non con le modalità e le forme previste dagli artt. 1208, 1209 e 1210 c.c., almeno secondo quelle di cui agli usi richiamati dall’art. 1214 c.c.”.
2. La sentenza era impugnata da Delta. Con la sentenza n. 45/2019 la Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha rigettato il gravame, sottolineando – per quanto interessa il presente giudizio – che ai fini dell’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. “è sufficiente la semplice offerta non formale di esecuzione della prestazione in qualsiasi forma idonea a manifestare la relativa volontà soltanto se le parti abbiano previsto il versamento del prezzo o del residuo dello stesso alla stipula del contratto definitivo”; “nel caso che ne occupa, stando alla pattuizione contrattuale, il versamento del prezzo o, comunque, della porzione maggioritaria dello stesso, era previsto in data anteriore alla stipula del definitivo e anche il pagamento della parte residua non era ancorata a tale momento, bensì a quello della consegna dell’immobile”, così che il prezzo complessivo “avrebbe dovuto essere corrisposto e/o offerto formalmente, nei modi previsti dalla legge”.
3. Avverso la sentenza Delta ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso Gamma
Memoria è stata depositata dal ricorrente.
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in tre motivi.
1. Il primo motivo contesta “violazione o falsa applicazione degli artt. 2932, comma 2 c.c. e 115 c.p.c, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.”: la Corte d’Appello non ha considerato che il pagamento del saldo doveva avvenire alla consegna dell’immobile, mai avvenuta.
2. Il secondo motivo lamenta “violazione o falsa applicazione degli artt. 2932, comma 2 c.c. e 115 c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.: la Corte d’Appello ha ritenuto che non vi fosse ragione “che giustificasse la sufficienza dell’offerta informale” senza considerare che il ricorrente ha proposto, congiuntamente alla domanda di cui all’art. 2932 c.c., anche quella accessoria di riduzione del prezzo pattuito.
3. Il terzo motivo denuncia “nullità, sotto diverso profilo, della sentenza in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.”: la Corte d’Appello ha ravvisato “un inadempimento del promissario acquirente del tutto estraneo al giudizio”; il convenuto aveva eccepito l’omessa offerta del corrispettivo in sede giudiziale, la Corte d’Appello ha invece contraddittoriamente ravvisato la sussistenza di un inadempimento fatto valere dal convenuto per il ritardo del pagamento “senza la corresponsione di alcuna somma”.
Il ricorso è fondato. È infatti necessario considerare che, in materia di contratto preliminare, “il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo e, cumulativamente, proporre un’actio quanti minoris per vizi della cosa, chiedendo l’eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo” (Cass. n. 36241/2021). In tal caso, “l’offerta del prezzo, ex art. 2932, comma 2, c.c., non è necessaria, ove il pagamento non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo” (ancora Cass. n. 36241/2021, negli stessi termini v. pure Cass. n. 3855/2016).
Nel caso in esame siamo appunto di fronte alla proposizione di una domanda di esecuzione specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. cumulata a una domanda di riduzione del prezzo. Come si legge nella pronuncia impugnata, il contratto preliminare prevede che “prima della consegna materiale dovranno essere versate nel domicilio del sig. Gamma tutte le somme dovute di eventuali interessi scaduti e a scadere, nonché quelle a saldo del prezzo”. Manca pertanto nel contratto preliminare la previsione che il pagamento del saldo – è pacifico che sono stati pagati degli acconti (gli acconti versati ammontano, secondo il giudice d’appello, a Euro 114.177) – dovesse avvenire prima della conclusione del contratto definitivo, essendo unicamente stabilito che tale pagamento sarebbe dovuto avvenire “al momento della consegna materiale del locale”, consegna materiale che non risulta essere avvenuta e neppure risulta che fosse anticipata rispetto all’effetto traslativo.
Il giudice d’appello, che pure sottolinea come il pagamento della parte residua fosse “ancorato” alla consegna dell’immobile, conclude diversamente, sulla base del seguente ragionamento: è vero che è stata chiesta la riduzione del prezzo, ma l’espletata consulenza tecnica d’ufficio ha riscontrato che il prezzo complessivo andava solo ridotto del 10% “in ragione dei modesti vizi dell’immobile”, così che il prezzo da corrispondere a saldo “ammontava a ben Euro 98.883,92”, somma che avrebbe dovuto essere oggetto di offerta formale, “non sussistendo in tal caso alcuna ragione che giustificasse la sufficienza dell’offerta informale”. È evidente il vizio di tale ragionamento: che il prezzo andasse ridotto del 10% è fatto che è risultato a posteriori, a seguito dell’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio, così che tale somma non poteva essere oggetto di offerta formale al momento della proposizione della domanda.
II. Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte d’Appello di Lecce, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 16 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2024.