Cassazione civile, Ordinanza 8 maggio 2019, n. 12088
(… omissis…)
FATTI DI CAUSA
- La Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 353/14 del 29.4.2014, confermando la sentenza del Tribunale di Trieste n. 1010/2010, accoglieva la domanda proposta da (OMISSIS), con la quale veniva chiesta la determinazione dei confini tra la sua proprieta’ e quella di (OMISSIS) e (OMISSIS) e la costituzione della servitu’ di passaggio a piedi e con mezzi meccanici sul fondo delle convenute.
1.1 La corte territoriale riteneva che, per la determinazione dei confini, non potesse farsi ricorso al titolo di proprieta’, poiche’ la sentenza di usucapione era fondata sulle mappe catastali; aderiva, pertanto, alle risultanze della CTU, che individuava il confine, verificando i dati riportati nelle mappe catastali con i rilievi effettuati in loco e facendo ricorso al criterio equitativo.
1.2 Quanto alla costituzione della servitu’ di passaggio, la corte territoriale procedeva alla comparazione delle esigenze dei due fondi ed accertava che, mentre il fondo servente era costituito da una piccola striscia di terreno sostanzialmente priva di valore ed utilita’, il fondo dominante aveva una destinazione agricola a vigna e poteva essere utilizzato per fini agricoli. Quindi, individuava il passaggio nel punto in cui il fondo servente era piu’ stretto, al fine di cagionare il minor aggravio nella costituzione della servitu’. - Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di due motivi, illustrati con memorie depositate in prossimita’ dell’udienza.
- 1 Ha resistito con controricorso (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE - Deve essere, preliminarmente, esaminata l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per violazione del dovere di specificita’ e chiarezza, in quanto riproducente una serie di atti contenuti nel fascicolo di merito dai quali sarebbe possibile cogliere la censura.
1.1 L’eccezione e’ infondata.
1.2 Nonostante il ricorso riproduca atti processuali del giudizio di merito in modo sovrabbondante, e’, tuttavia, possibile cogliere le censure alla sentenza impugnata e la loro pertinenza rispetto alle rationes decidendi della sentenza impugnata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, non e’ viziato da inammissibilita’, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., il ricorso per cassazione, che contenga copie fotostatiche o scannerizzate di atti relativi al giudizio di merito, ove, come nel caso in esame, la riproduzione integrale di essi sia preceduta da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta (Cass. civ. Sez. V Ord., 24/07/2018, n. 19562). - Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 950 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale individuato il confine tra i fondi unicamente in base al criterio di equita’, senza fare ricorso ad altri mezzi di prova, tra cui la prova testimoniale e le risultanze dei dati catastali.
2.1 Il motivo e’ infondato.
2.2 Ai sensi dell’articolo 950 c.c., quando il confine tra due fondi e’ incerto, ciascuno dei proprietari ne puo’ chiedere l’accertamento giudiziale. Al fine dell’individuazione del confine, e’ ammesso ogni mezzo di prova, ed in mancanza di altri elementi, e’ previsto l’utilizzo sussidiario delle mappe catastali (Cass. civ. Sez. II Sent., 29/12/2009, n. 27521).
Il ricorso al sistema di accertamento sussidiario costituito dalle mappe catastali e’ consentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nell’ipotesi in cui questi (per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attendibilita’) risultino, secondo l’incensurabile apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine (Cassazione civile sez. II, 06/06/2017, n. 14020).
Quando poi, non sia possibile pervenire a determinazioni certe nemmeno in base ai dati catastali, puo’ farsi ricorso al criterio equitativo (Cass. civ. 31/08/1966, n. 2297).
Il principio deriva dal carattere di vindicatio duplex incertae partis dell’azione, svincolata dal principio actore non probante reus absolvitur, in virtu’ della quale, il confine deve essere determinato dal giudice in relazione a quegli elementi che gli sembrano attendibili (Cass. civ., 08/11/1985, n. 5459).
2.3 Nella specie, la corte territoriale ha ritenuto, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimita’, che il confine tra i due fondi non fosse individuabile attraverso i titoli di proprieta’, in quanto (OMISSIS) e (OMISSIS) erano divenute proprietarie per usucapione della particella immobiliare, a seguito di un giudizio deciso sulla base delle mappe catastali. Per tale ragione, la Corte d’Appello, aderendo alle conclusioni del CTU, faceva ricorso al confine catastale apportandovi alcune correzioni, sulla base dei dati riscontrati in loco, in modo da far coincidere i punti noti e gli allineamenti certi individuati.
Secondo l’apprezzamento del giudice di merito, il criterio sussidiario utilizzato era l’unico attraverso il quale la dimensione catastale coincideva con la dimensione reale del fondo, data anche l’irrilevanza delle prove testimoniali, vertenti su fatti utili ad accertare il possesso e l’usucapione, ma non il confine tra i due fondi.
Non vi e’, quindi, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 950 c.c., poiche’ la scelta del criterio dell’equita’ e’ avvenuta dopo un’accurata disamina degli altri criteri ritenuti non esaustivi.
2.4 Quanto al profilo concernente il vizio motivazionale, la Corte d’Appello ha ampiamente dato conto (cfr. pp. 4-8 dell’impugnata sentenza) delle ragioni per cui la linea di confine tra i due fondi andava tracciata in conformita’ delle risultanze della CTU, che ha tenuto conto delle mappe catastali, ed in ogni caso non sarebbe neppure piu’ denunciabile. - Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti lamentano la falsa applicazione di legge ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 1051 c.c., per avere la corte territoriale costituito una servitu’ di passaggio molto piu’ ampia di quella goduta, di fatto, dal proprietario del fondo dominante, in assenza di qualsivoglia prova circa la destinazione d’uso del fondo intercluso. Quindi, le ricorrenti ritengono che la corretta applicazione della norma di cui all’articolo 1051 c.c.avrebbe comportato la costituzione del diritto di servitu’ di passaggio pedonale, negli esatti termini in cui e’ sempre stato esercitato.
3.1 Il motivo e’ infondato.
3.2 L’articolo 1051 c.c. riconosce al proprietario di un fondo intercluso il diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo. Tale passaggio “si deve stabilire in quella parte in cui l’accesso alla via pubblica e’ piu’ breve e riesce di minor danno al fondo sul quale e’ consentito”.
3.3 Questa Corte ha affermato che, laddove sussista interclusione, per stabilire se la servitu’ debba essere costituita solo per il passaggio pedonale o anche per il transito dei veicoli, e’ necessario procedere alla valutazione comparativa degli opposti interessi da tutelare (Cass. Civ. 1558/1989).
3.4 La corte territoriale ha accertato che, mentre il fondo servente era costituito da una minuscola striscia di terreno priva di valore, il fondo dominante era potenzialmente destinato a vigna ed utilizzabile come terreno agricolo o deposito materiale.
In tal modo, il giudice di merito ha correttamente proceduto alla comparazione degli interessi, sulla base delle caratteristiche e della destinazione dei fondi, e, con apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimita’, ha indicato il passaggio nel punto in cui il fondo servente era piu’ stretto, ritenendo irrilevante il pregresso esercizio del passaggio, non essendo il titolo costitutivo della servitu’ basato sull’usucapione. - Il ricorso va, pertanto, rigettato.
- Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
5.1 Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie, nella misura del 15%, Iva e cap come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’articolo 13, comma 1-bis.