cassazione civile sentenza 12 febbraio 2014 n 3165

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SENTENZA 12 FEBBRAIO 2014, N. 3165

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova pur riducendo l’entità del danno liquidato – ha confermato la condanna della Banca ZZZZ al risarcimento del danno in favore della s.p.a. “Impresa di costruzioni YYYY” per l’illegittima segnalazione alla Centrale rischi della Banca d’Italia a causa del mancato rientro delle esposizioni debitorie – pari a L. 290.000.000 – inferiori al fido concesso di L. 300.000.000. La Corte di appello, dopo avere individuato il momento della segnalazione – collocabile nel lasso di tempo compreso tra il 6 dicembre 1996 (passaggio a contenzioso della pratica) e il 30 dicembre 1996 (epoca della prima segnalazione della sofferenza nel circuito bancario) – ha evidenziato che a tale momento andavano ricondotte le conoscenze della situazione dell’impresa che la banca poteva e doveva possedere. La segnalazione era sicuramente avvenuta dopo l’accettazione da parte della Banca del piano di rientro del debito senza richiesta di alcuna garanzia reale o personale e successivamente al versamento della prima rata da parte della YYYY; in un contesto quindi di assoluta regolarità pattizia. Inoltre, dagli atti acquisiti era emerso che la società aveva circa L. 77 miliardi in affidamenti utilizzati e fidi disponibili per L. 107 miliardi da parte del sistema bancario; aveva aperti oltre trentaquattro cantieri diretti ed una decina in associazione con altre imprese con un bilancio annuo di L. 100/120 miliardi di lire a fronte di che il debito con la Banca (pari a vecchie L. 300 milioni) assumeva ben modesto rilievo. Sì che la segnalazione era ingiustificata.

1.1.- Contro la sentenza di appello la banca convenuta ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso la società intimata, la quale ha proposto ricorso incidentale affidato a un motivo, resistito con controricorso della banca.

La banca ricorrente ha proposto un secondo ricorso integrato con la formulazione dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c., peraltro non applicabile ratione temporis. Ricorso resistito con controricorso della intimata, la quale ha riproposto il ricorso incidentale resistito con controricorso dalla banca.

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memoria.

2.- I ricorsi – proposti contro la medesima sentenza -vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2.1.- Con il primo motivo la banca ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè vizio di motivazione in ordine alla valutazione dei presupposti, delle modalità e dei tempi necessari per la segnalazione oltre che dei suoi effetti, da parte degli Istituti di credito, delle “sofferenze” di propri debitori alla Centrale rischi della Banca d’Italia.

Lamenta, in estrema sintesi, che la Corte di appello abbia erroneamente interpretato le disposizioni in materia della Banca d’Italia trascurando di considerare che fra le “segnalazioni di rischio” vanno ricomprese le “sofferenze” ovvero i “finanziamenti in essere nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertata giudizialmente, indipendentemente dall’esistenza di garanzie o dalla previsione di perdita”. I presupposti sarebbero alternativi: da un lato l’insolvenza anche non accertata giudizialmente e dall’altro le “situazioni a questa equiparabili”.

Secondo la ricorrente l’obbligo di segnalazione prescinde dalla situazione economico-finanziaria dell’impresa nè presuppone indagini tecniche e qualificate da parte della banca, la quale è tenuta a segnalare “segnali di pericolo”. Erroneamente la Corte di merito ha ritenuto irrilevanti i quattro decreti ingiuntivi emessi a carico della società YYYY, la mancanza di movimentazioni sul conto (1993-1996), la revoca del fido nel giugno 1996 e la proposta di rientro formulata solo a novembre 1996, l’esistenza di ulteriore debito per fideiussioni, il debito verso la Banca Antoniana per oltre un miliardo di lire e la ricapitalizzazione della società avvenuta solo nel 1997, con conseguente estinzione della passività. Per contro le circostanze positive valorizzate dalla sentenza impugnata sono state accertate solo in corso di causa. La valutazione dei bilanci non rientra tra i compiti della banca.

2.1.1.- Il motivo (ai limiti dell’inammissibilità nella parte in cui ripropone argomenti già contenuti nell’appello e motivatamente disattesi dalla Corte di merito) è infondato nella parte in cui denuncia la violazione di norme di diritto.

Invero, questa Corte ha già avuto modo di puntualizzare che la segnalazione di una posizione “in sofferenza” presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, secondo le istruzioni del predetto istituto e le direttive del CICR, richiede una valutazione, da parte dell’intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, e non può quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza (Sez. 1, Sentenza n. 7958 del 01/04/2009).

Talchè è infondato il presupposto sul quale si basa l’intero motivo di ricorso, ossia che l’obbligo di segnalazione prescinde dalla situazione economico-finanziaria del cliente e che la banca non sia tenuta a valutarla, anche solo attraverso l’analisi dei bilanci.

2.2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione delle disposizioni in materia della Banca d’Italia in ordine alla sussistenza e quantificazione del danno per l’asserita illecita segnalazione. Deduce che la segnalazione era conoscibile soltanto a decorrere dalla prima decade di marzo 1997 e la cancellazione della segnalazione è avvenuta il 18 marzo 1997.

Sarebbero, quindi, insussistenti i danni, anche all’immagine, liquidati per essersi verificati nel lasso di tempo di una settimana.

La Corte di merito, poi, avrebbe omesso di valutare le circostanze segnalate dal c.t.u. in ordine alla scarsa diligenza della Romagnoli nella gestione del rapporto con ZZZZ; l’esigua importanza del fido rispetto ad altri affidamenti complessivi (non toccati dalla segnalazione); la possibilità di anticipare il finanziamento da parte degli azionisti; l’imputabilità alla società del danno all’immagine.

2.2.1.- Il motivo è infondato.

Da un lato sono inammissibili le censure che presuppongono una rivalutazione del materiale probatorio e l’accertamento in fatto operato dalla Corte di merito, segnatamente sull’effetto negativo della segnalazione nei rapporti con le banche, tale da comportare un aumento dei tassi praticati. Dall’altro sono infondate le censure circa la mancata valutazione del comportamento della società attrice, di cui, invece, la Corte di merito ha tenuto conto nella determinazione del danno (v. sentenza impugnata, pag. 23).

3.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale la società controricorrente si duole che la Corte di merito, nel ripartire il carico delle spese, abbia tenuto conto soltanto dell’esito del giudizio di secondo grado e della soccombenza relativa al quantum. Le spese, quanto meno, avrebbero dovuto essere compensate.

3.1.- Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha ritenuto che il parziale accoglimento dell’appello giustificasse la compensazione tra le parti delle spese del grado per un terzo, ponendo i restanti due terzi a carico della società appellata alla stregua della “maggior soccombenza” della medesima. La ricorrente omette di considerare che l’appello principale è stato accolto, sia pur parzialmente, e l’appello incidentale, sebbene parzialmente accolto, ha comportato una liquidazione del danno di molto inferiore alla somma richiesta con la domanda (“non inferiore a miliardo di L.”).

4.- Previa riunione, dunque, tutti i ricorsi devono essere rigettati.

Quanto alle spese del giudizio di legittimità, l’esito complessivo del giudizio ne giustifica la compensazione per la metà mentre la rimanente parte – dell’importo complessivo liquidato in dispositivo – va posta a carico della banca ricorrente.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Dichiara compensate per ^ le spese del giudizio di legittimità e pone la rimanente metà a carico della banca ricorrente; spese liquidate per l’intero in Euro 15.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2014.