Cassazione civile, sentenza 12 Luglio 2021 nr 19801

Cassazione civile, sentenza 12 Luglio 2021 nr 19801
(…omissis…)
RITENUTO IN FATTO

  1. Con sentenza n. 394/2010 il Tribunale di Crema, pronunciando sulla causa introdotta da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.a.s., condannava quest’ultima – in dipendenza della ritenuta legittimita’ dell’esercitato diritto di recesso di cui lo stesso aveva inteso avvalersi – al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 30.000,00 (oltre interessi dalla messa in mora), corrispondente al doppio della caparra da lui versata a mezzo assegno di pari importo, con riferimento alla stipula di un preliminare di vendita di un immobile sito in (OMISSIS), in relazione al quale, solo dopo pochi giorni dall’intervenuta stipulazione, la promittente venditrice aveva dichiarato di non avere piu’ intenzione di adempiere restituendogli il predetto assegno.
  2. Decidendo sull’appello formulato dalla (OMISSIS) e nella costituzione dell’appellato, la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 281/2016 (pubblicata il 31 marzo 2016), lo accoglieva e, in riforma dell’impugnata pronuncia, rigettava la domanda del (OMISSIS), compensando per intero le spese del doppio grado di giudizio.
    A sostegno dell’adottata decisione la Corte bresciana osservava che, avendo il (OMISSIS) ricevuto in restituzione l’assegno costituente l’acconto prezzo e caparra versato per la conclusione del rapporto e non esistendo, quindi, alcun titolo giustificativo dell’esercizio del recesso (su cui aveva basato la domanda introduttiva), che trova fondamento solo ove persista quella funzione di garanzia della caparra per la liquidazione dei danni derivanti dall’avvenuta risoluzione del contratto cui si riferisce, la pretesa di condanna della (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 30.000,00, corrispondente al doppio di una caparra non versata, era da considerarsi infondata.
  3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la (OMISSIS).
    Ha resistito con controricorso (OMISSIS) che ha formulato anche ricorso incidentale riferito a cinque motivi.
    La ricorrente principale ha formulato pure controricorso al ricorso incidentale ai sensi dell’articolo 371 c.p.c., comma 4.
    In un primo momento il ricorso veniva fissato per la sua trattazione e decisione con l’applicazione del rito previsto dall’articolo 380 bis.1 c.p.c., ma, all’esito dell’adunanza camerale del 18 febbraio 2021, con ordinanza interlocutoria n. 6452/2021 (pubblicata il 9 marzo 2021), il collegio ravvisava l’opportunita’ di rimettere l’esame del ricorso alla pubblica udienza, avuto riguardo alla particolare problematicita’ della questione di diritto involta, in particolare, dal secondo motivo del ricorso incidentale di seguito riportato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Con l’unico suo motivo la ricorrente principale ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360, comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, e il vizio di motivazione erronea, contraddittoria ed illogica con riferimento alla disposta compensazione delle spese giudiziali di entrambi i gradi di giudizio, nonostante la totale soccombenza dell’appellato e la manifesta infondatezza della sua domanda cosi’ come proposta “ab initio”.
  2. Con la prima sua doglianza il ricorrente incidentale ha dedotto – con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 5, – l’omesso esame di un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti e la nullita’ della sentenza o del procedimento in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c..
    In particolare, con questa censura, il (OMISSIS) ha lamentato che la Corte di appello ha omesso di valutare il fatto che la (OMISSIS) non si era semplicemente limitata a restituirgli la caparra, bensi’ – come risultante pacificamente dagli atti di causa – aveva accompagnato tale comportamento con la dichiarazione di non voler piu’ vendere l’immobile e di voler risolvere il contratto preliminare, donde la chiara configurazione del suo inadempimento che legittimava l’operativita’ dell’articolo 1385 c.c., comma 2, ossia l’esercizio del diritto di recesso del promissario acquirente, da ritenersi implicito nella domanda giudiziale di restituzione della somma corrispondente all’importo della caparra, non potendosi ritenere che esso (OMISSIS) avesse accettato quella restituzione senza riserve ne’ tanto meno poteva evincersi che egli avesse prestato implicito consenso a rinunciare agli effetti della caparra originariamente versata.
  3. Con il secondo motivo dell’avanzato ricorso incidentale il (OMISSIS) ha prospettato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, – l’omesso esame di un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti, la nullita’ della sentenza o del procedimento e la violazione e falsa applicazione degli articoli 1350, 1351 e 1360 c.c., sul presupposto dell’erroneita’ dell’impugnata sentenza che da una non provata accettazione senza riserve aveva fatto derivare un implicito consenso a rinunciare agli effetti della caparra confirmatoria, trascurando che la volonta’ abdicativa non si sarebbe potuta desumere da meri comportamenti concludenti.
  4. Con la sua terza doglianza il ricorrente incidentale ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullita’ della sentenza o del procedimento, con riferimento agli articoli 112 e 101 c.p.c., oltre che con riguardo all’articolo 111 Cost., non potendo la Corte di appello, con l’impugnata sentenza, estendere il giudizio – sulla base del “thema decidendum” definito con le difese delle parti – al tema, non dibattuto ne’ prospettato, dell’implicito consenso di esso (OMISSIS) a rinunciare agli effetti della caparra originariamente versata, rinuncia che, peraltro, era stata ravvisata esclusivamente nell’atto materiale di restituzione dell’assegno.
  5. Con il quarto motivo di ricorso incidentale il (OMISSIS) ha – avuto riguardo all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – denunciato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1385 c.c., per non aver ritenuto la Corte di appello, in base al comportamento concretamente tenuto dalla (OMISSIS), sussistente l’inadempimento di quest’ultima rispetto all’obbligazione contrattuale che si era assunta con la stipula del preliminare, presupposto fattuale che doveva far considerare configurata la condizione per rilevare la legittimita’ del recesso operato da esso (OMISSIS).
  6. Con il quinto ed ultimo motivo del suo ricorso incidentale il (OMISSIS) ha dedotto – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1385 c.c., comma 2, e articolo 2697 c.c., nonche’ il vizio di nullita’ della sentenza o del procedimento.

In particolare, con tale doglianza, la difesa del (OMISSIS) intende censurare l’impugnata sentenza deducendone l’erroneita’ sul presupposto che la promittente venditrice non aveva dato prova ne’ del proprio adempimento ne’, tantomeno, dei fatti impeditivi e/o modificativi eccepiti e, soprattutto, dell’accettazione senza riserva dell’assegno e della correlata risoluzione consensuale del contratto di caparra, evidenziando detta erroneita’ anche in base all’affermazione – compiuta nella motivazione – che “il preteso recesso del (OMISSIS), che pur non richiede formule sacramentali, avrebbe presupposto almeno la richiesta della sua legittimita’”, ponendosi cosi’, pero’, in contrasto con la giurisprudenza secondo cui nella domanda di restituzione del doppio della caparra, ai sensi dell’articolo 1385 c.c., comma 2, e’ da considerarsi implicita la domanda di recesso, donde fin quando resta ferma la prima, permane inevitabilmente anche la seconda.

  1. Rileva il collegio che e’ logicamente preliminare l’esame dei motivi del ricorso incidentale che attengono al merito dell’impugnata sentenza, con la deduzione di vizi riguardanti, in via principale, la prospettata violazione e falsa applicazione dell’articolo 1385 c.c., comma 2, (nonche’ di vizi processuali e di altri ricondotti al nuovo n. 5, dell’articolo 360 c.p.c.) in relazione al mancato riconoscimento della legittimita’ del recesso operato dal (OMISSIS) e, quindi, al conseguente diritto ad ottenere il doppio della caparra (di cui Euro 30.000,00 corrispondente all’assegno restituito dato in acconto e altri 30.000,00 da consegnare a parte).
    Sul piano della ricostruzione fattuale emergente dalla stessa sentenza impugnata si desume che la domanda del (OMISSIS) era stata pienamente accolta con la sentenza di primo grado sulla base della riconosciuta legittimita’ del recesso dallo stesso operato con riferimento al ritenuto accertato inadempimento della promittente venditrice (OMISSIS) s.a.s., la quale, a distanza di soli quattro giorni dalla stipula del preliminare, aveva comunicato al promissario acquirente (cioe’ al (OMISSIS)) la sua intenzione di non voler piu’ vendere l’immobile oggetto del preliminare, restituendo l’assegno di Euro 30.000,00, consegnatogli a titolo di “caparra e acconto acquisto”, senza che il (OMISSIS) avesse manifestato alcuna volonta’ di rinuncia al possibile esercizio dell’azione di recesso e, dunque, al riconoscimento del suo diritto all’ottenimento del doppio della caparra per effetto del possibile inadempimento della controparte.
    In termini essenziali, il ricorrente contesta l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto superata la questione sulla legittimita’ o meno del recesso da parte del (OMISSIS) sul presupposto che l’aver egli ricevuto in restituzione l’assegno bancario di Euro 30.000,00, costituente – come detto – l’acconto prezzo e caparra versato a garanzia della futura conclusione del contratto definitivo, aveva comportato il venir meno del titolo giustificativo per l’esercizio del recesso, rilevando, in sostanza, che il rapporto di caparra si era venuto ad estinguere per mutuo consenso delle parti.
  2. Cosi’ definiti i termini fattuali della vicenda, rileva il collegio che il primo motivo del ricorso incidentale e’ fondato e deve, quindi, essere accolto per le ragioni che seguono.
    Appare, innanzitutto, opportuno procedere ad un inquadramento generale delle caratteristiche, della natura e della funzione della caparra confirmatoria, come prevista dall’articolo 1385 c.c. e, di conseguenza, delle azioni ad essa correlate.
    La caparra confirmatoria ha natura composita – consistendo in una somma di denaro o in una quantita’ di cose fungibili – e funzione eclettica – in quanto e’ volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte (sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione).

Essa consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessita’ di adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso – ove riconosciuto legittimo – che la parte sia stata costretta ad esercitare a causa dell’inadempimento della controparte.
Si esclude, invece, in via generale che essa abbia anche funzione probatoria e sanzionatoria, cosi’ distinguendosi sia rispetto alla caparra penitenziale, che costituisce il corrispettivo del diritto di recesso, sia dalla clausola penale, diversamente dalla quale non pone un limite al danno risarcibile, sicche’ la parte non inadempiente ben puo’ recedere senza dover proporre domanda giudiziale (salva, ovviamente, la mancata produzione degli effetti favorevoli in caso di esito negativo dell’iniziativa stragiudiziale) o intimare la diffida ad adempiere, e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di quella prestata senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo.
La parte non inadempiente puo’ anche non esercitare il recesso e chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali (articolo 1385 c.c., comma 3), e cioe’ sul presupposto di un inadempimento imputabile e di non scarsa importanza, nel qual caso non puo’ incamerare la caparra, essendole invece consentito trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati (v., tra le altre, cass. n. 5095/2015).
Il recesso previsto dall’articolo 1385 c.c., comma 2, presupponendo l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale, configura uno strumento speciale di risoluzione di diritto del contratto, da affiancare a quelle di cui agli articoli 1454, 1456 e 1457 c.c., collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, intesa come determinazione convenzionale del danno risarcibile. Al fenomeno risolutivo, infatti, lo collegano sia i presupposti, rappresentati dall’inadempimento dell’altro contraente, che deve essere gravemente colpevole e di non scarsa importanza, sia le conseguenze, ravvisabili nella caducazione “ex tunc” degli effetti del contratto.
Qualora, anziche’ recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio, la restituzione della caparra e’ ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacche’ in tale ipotesi essa perde la suindicata funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli articoli 1453 e segg. c.c.. Anche dopo aver proposto la domanda di risarcimento, e fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza, la parte non inadempiente puo’ decidere di esercitare il recesso, in tal caso peraltro implicitamente rinunziando al risarcimento integrale e tornando ad accontentarsi della somma convenzionalmente predeterminata al riguardo. Ne consegue che ben puo’, pertanto, il diritto alla caparra essere fatto valere anche nella domanda di risoluzione (cfr., ad es., Cass. n. 2032/1994 e Cass. n. 22657/2017).

Cio’ premesso da un punto di vista generale ed applicando la disciplina della caparra alla fattispecie dedotta nel giudizio in questione, va osservato quanto segue.
La sentenza di appello e’ errata in punto di diritto poiche’ – proprio in base agli accertamenti fattuali cosi’ come cristallizzati nei sensi prima indicati – la Corte territoriale ha illegittimamente ravvisato nel fatto, in base al quale l’aver il (OMISSIS) ricevuto semplicemente in restituzione l’assegno bancario di Euro 30.000,00 costituente l’acconto prezzo e caparra versato a garanzia della futura conclusione del contratto definitivo, rappresentasse una circostanza che, di per se’ sola, era idonea a comportare la caducazione del titolo giustificativo per l’esercizio del recesso, rilevando, in sostanza, che il rapporto di caparra si sarebbe dovuto considerare risolto per mutuo consenso implicito delle parti, ovvero per “facta concludentia”.
Senonche’, la Corte bresciana ha omesso di considerare – nella sua corretta dimensione – il fatto pacifico del rifiuto della (OMISSIS) di adempiere al contratto preliminare (quale promittente venditrice), poiche’ essa dopo soli quattro giorni dalla stipula del preliminare aveva comunicato al (OMISSIS) che non intendeva piu’ vendere l’immobile (e, quindi, concludere il contratto definitivo), ritenendo erroneamente che la sola ricezione (quale comportamento neutro non accompagnato da alcuna manifestazione di volonta’ adesiva) dell’assegno in restituzione da parte del (OMISSIS) avrebbe implicato l’irrilevanza dell’accertamento dell’inadempimento in capo alla societa’ Baires, circostanza, questa, che – a suo avviso – comportava, percio’, il superamento della necessita’ di procedere alla valutazione, in sede giudiziale, della sussistenza delle condizioni per ravvisare la legittimita’ o meno del recesso operato dal (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 1385 c.c., comma 2, ai fini dell’ottenimento da parte dello stesso del doppio della caparra.
In realta’, la Corte di appello non avrebbe potuto esimersi dall’indagare sulle ragioni dell’inadempimento della societa’ (OMISSIS) al fine di rinvenire una sua eventuale giustificazione, peraltro – come la stessa Corte riconosce nemmeno addotta dalla promittente venditrice, che aveva deciso – per una sua autonoma determinazione – di non dare seguito all’assolvimento del suo obbligo di concludere il contratto definitivo, che aveva assunto con la stipula del preliminare, ricevendo l’assegno consegnatogli dal promissario acquirente (e, poi, restituitogli dopo soli quattro giorni).
Pertanto, dall’impugnata sentenza, non si evince affatto che la predetta societa’ abbia fornito la prova dell’asserita accettazione senza riserve della caparra da parte del (OMISSIS) e della sua rinuncia ad esercitare il potere di recesso a fronte dell’inadempimento della controparte.

Ed invero va osservato che la volonta’ abdicativa del creditore al suo diritto (nel caso di specie del promissario acquirente ad ottenere il doppio della caparra in dipendenza dell’inadempimento dell’altra contraente, con riferimento al quale aveva esercitato il recesso) esige e postula che il diritto di credito si estingua conformemente alla volonta’ remissoria e nei limiti a questa riconducibili, il che vale a dire che l’estinzione si verifica solo e in quanto voluta univocamente dallo stesso creditore, eventualmente anche a mezzo di comportamenti concludenti (nel caso di specie non accertati dal giudice di appello) che non si risolvano in condotte di dubbia interpretazione, ma che, invece, si desumano da una serie di circostanze inequivoche del tutto incompatibili con la volonta’ di volersi avvalere del diritto.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente esposte, la prima censura del ricorso incidentale deve essere ritenuta fondata, con il conseguente assorbimento di tutti gli altri motivi dello stesso ricorso incidentale ed anche dell’unico motivo del ricorso principale, attinente al profilo accessorio della contestazione sulla regolazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio come disposta nella sentenza di appello.
Da cio’ deriva la cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto (assorbiti tutti gli altri) ed il rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che si uniformera’ al seguente principio di diritto: “in tema di caparra confirmatoria, nel caso in cui la parte inadempiente restituisca la somma versatale a titolo di caparra dall’altra parte contrattuale (nella specie, a mezzo assegno bancario), non viene meno il diritto della parte adempiente a pretendere il doppio della caparra, da far valere, ove non emerga in senso contrario un’univoca volonta’ abdicativa del suo diritto da parte del creditore, mediante l’esercizio del recesso, anche con la proposizione di apposita domanda giudiziale in caso di mancata conformazione spontanea dell’inadempiente al relativo obbligo”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti gli altri dello stesso ricorso nonche’ l’unico motivo del ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.