Cassazione civile, sentenza 14 Maggio 2018, n. 11659
(…omissis…)
FATTI DI CAUSA
1) Nel luglio 1994 i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) agivano davanti al tribunale di Roma nei confronti della (OMISSIS) srl e del (OMISSIS) (poi (OMISSIS) srl – (OMISSIS) spa per ottenere, previo frazionamento del mutuo, il trasferimento coattivo ex articolo 2932 c.c. di un appartamento sito al piano (OMISSIS), con box esterno annesso. Lamentavano altri inadempimenti contrattuali alle promesse di vendita stipulate il 25 maggio e 24 ottobre 1991. La societa’ convenuta svolgeva domanda riconvenzionale per inadempimento. Il tribunale di Roma nell’aprile 2004 rigettava le domande. La Corte di appello di Roma con sentenza 19 gennaio 2012 ha accolto la domanda subordinata degli appellanti (OMISSIS) e ha dichiarato risolti i contratti preliminari citati, condannando la societa’ convenuta, posta in liquidazione, al risarcimento dei danni. I signori (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione svolgendo sei motivi. La (OMISSIS) srl ha depositato controricorso con ricorso incidentale, resistito da controricorso di parte ricorrente. In vista dell’udienza quest’ultima ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2) Con il primo motivo i ricorrenti si dolgono del mancato accoglimento della domanda ex articolo 2932 c.c., che e’ stato negato sulla scorta della considerazione che il sottotetto, che nel progetto era autonomo dall’appartamento sottostante, era stato collegato ad esso con scala interna e che questo ampliamento integrava gli estremi di totale difformita’ per un ampliamento di superficie utile indicato 50 mq dalla domanda di condono. Secondo la Corte di appello si sarebbe verificata una ipotesi di incommerciabilita’ per contrasto con l’articolo 1418 c.c., restando irrilevante la presentazione di domanda di condono e il versamento della oblazione, in mancanza di sopravvenuta concessione in sanatoria o di rispristino della situazione anteriore o di acquisizione dei prescritti documenti comunali successivi al versamento della oblazione. Il ricorso lamenta che la parziale difformita’ riscontrata non era di ostacolo al trasferimento del bene, che discende solo dalla costruzione in totale difformita’ dalla concessione. Con il secondo motivo parte ricorrente si duole della mancata applicazione del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 32, comma 25 che consente per le opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 il trasferimento immobiliare di beni oggetto di domanda di condono, senza che sia necessaria la produzione dell’attestazione di congruita’ dell’oblazione o del certificato di conformita’ del mutamento di volumetria, non essendosi verificato un ampliamento superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria. Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta violazione degli articoli 1418 e 2932 c.c. e della Legge Regionale Lazio n. 12 del 2004, articoli 2, 3, e 5 la quale, coerente con le sentenze 196, 198 e 199 della Corte Costituzionale ha fissato limiti relativi al cd abuso minore che non abbiano comportato ampliamento oltre il 20 % della volumetria, limiti che nella specie erano ampiamente superiori all’ampliamento per il quale era stato chiesto il condono. Parte controricorrente non si e’ opposta ai primi tre motivi di ricorso. 3) I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati. La Corte di appello si e’ orientata sulla base di un’applicazione particolarmente rigorista della normativa urbanistica, che ravvisa ex articolo 1418 c.c., comma 1 una nullita’ contrattuale in ogni caso in cui vi sia violazione di norma imperativa. Tale inquadramento sottovaluta tuttavia che quella norma pone la sanzione di nullita’ per contrarieta’ a norme imperative salvo il caso in cui la legge disponga diversamente. La regola della nullita’ come sanzione, abbracciata espressamente in sentenza, va quindi affiancata, e dal punto di vista logico preceduta, dalla verifica della esistenza di norme che consentono alla fattispecie di sfuggire alla norma imperativa apparentemente applicabile. Ora, in tema di vendita di immobili, il sovrapporsi della legislazione speciale introdotta a partire dal 1985 impone di tener conto in primo luogo di un orientamento giurisprudenziale che e’ alquanto prudente nell’uso dello strumento della incommerciabilita’ del bene quale riflesso della nullita’ negoziale di immobile irregolare urbanisticamente. Mette conto citare Cass. n. 20258 del 18/09/2009 e Cass. 8081/14 secondo le quali in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 40 puo’ essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex articolo 2932 c.c. nel caso in cui l’immobile abbia un vizio di regolarita’ urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformita’ rispetto alla concessione. Trattasi di sentenze che sono riflesso dell’orientamento che distingue tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione e alienati in modo autonomo rispetto all’immobile principale di cui in ipotesi facevano parte e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unita’ immobiliare gia’ esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d’uso. 4) La distinzione e’ stata costantemente propugnata negli studi del Consiglio del Notariato e dalla dottrina in genere, attenta a impedire che le spinte all’uso dello strumento civilistico della nullita’ quale indiretta forma di controllo amministrativo sulla regolarita’ urbanistica degli immobili giungesse a paralizzare di fatto la circolazione di gran parte del patrimonio immobiliare italiano, risalente nel tempo e sovente affetto da difformita’ trascurabili rispetto al permesso edilizio. In tal senso si spiega il corale dissenso che i commentatori hanno manifestato rispetto alle tesi di particolare severita’ attribuite a Cass. 23591/13 e ad altre pronunce immediatamente successive, che hanno predicato la nullita’ di ogni transazione di immobile contenente irregolarita’ urbanistica. Non e’ qui il caso di approfondire il tema, giacche’ la controversia attiene a un’ipotesi in cui era stata presentata domanda di condono con comprovato pagamento dell’oblazione, ma puo’ giovare il rilievo che anche Cass. 23591/14 ha discusso di nullita’ (di carattere formale) per immobili di cui “e’ in corso la regolarizzazione”, soltanto ove tale circostanza non risulti dagli atti, inciso che allude alla facolta’ di compravendite immobiliari di immobili con sanatoria in corso. Proprio la normativa in materia di condoni edilizi costituisce una delle ipotesi di disposizioni di legge che limitano la nullita’ ex articolo 1418, comma 1 quale effetto di qualsivoglia irregolarita’ urbanistica. In particolare, come si accennava, e’ opinione comune che anche dopo il movimento normativo indotto dal c.d. terzo condono di cui al Decreto Legge n. 269 del 2003, dalla sentenza 196/04 della Corte Cost. e dalle modifiche di cui alla L. n. 191 del 2004, sia possibile con riguardo ad immobili oggetto del condono il trasferimento nella fase di sanatoria in corso (L. n. 662 del 1996, articolo 2, comma 58, da coordinare con la normativa precedente; cfr anche Cass. n. 20714 del 22/11/2012). La sentenza impugnata non ha verificato questa possibilita’, ma la ha esclusa, prescindendo da ogni verifica sulla condonabilita’ in concreto delle opere ritenute abusive (relative al sottotetto inglobato nell’abitazione regolarmente assentita). Si e’ limitata infatti, senza alcuna verifica presso gli uffici comunali o altra valutazione adeguata, a osservare che la sanatoria non era stata ancora concessa e che non risultavano presenti documenti relativi al mutamento di volumetria e alla congruita’ della oblazione versata, che non sono espressa condizione per la stipula in corso di sanatoria, ma a dire della stessa sentenza sono documenti utili per la pratica amministrativa di condono, dunque per quel riconoscimento amministrativo su cui non era stata completata la verifica nella sede comunale a cio’ deputata. In tal modo pero’ la norma applicata e’ stata intesa senza dar peso ai limiti alla declaratoria di nullita’ posti dalla normativa in tema di condono e dalla facolta’ di trasferire i beni allorquando la pratica di regolarizzazione, compatibile con la. normativa urbanistica e le ipotesi di condonabilita’, sia in corso. 5) Ne discende l’accoglimento dei motivi di censura, restando assorbiti gli altri, ivi compreso il quarto motivo, opportunamente relativo al vizio motivazionale consistito nella mancata acquisizione di supplemento di consulenza sul profilo teste’ accolto. La inesatta applicazione di legge ravvisata consiglia infatti di rimettere la causa al giudice di rinvio lasciando intatta la sua facolta’ di dar risposta alle questioni di diritto poste senza imporgli una specifica attivita’ istruttoria (la ctu sollecitata), da cui in astratto potrebbe prescindere sulla base di un esame degli atti o di altro tipo di approfondimento conoscitivo. Il quinto motivo, che formulava analoghe censure quale vizio del procedimento e il sesto, relativo al risarcimento danni liquidato in favore dei ricorrenti a cagione dell’inadempimento di controparte sono intuitivamente assorbiti dall’esito di cui sopra si e’ detto. Resta del pari assorbito il ricorso incidentale, che verte su due motivi: il primo relativo alla addebitabilita’ del presunto abuso (che (OMISSIS) attribuisce ai promissari acquirenti), il secondo motivo che concerne la risoluzione del contratto, la rilevanza dei quali muta evidentemente in relazione all’esito sulla possibilita’ del trasferimento immobiliare. Il giudice di rinvio si pronuncera’ nuovamente su di essi a conclusione della verifica principale, ripercorrendo lo svolgersi della vicenda e l’atteggiarsi dei comportamenti negoziali.
La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Roma per il conseguente nuovo esame dell’appello e la liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvedera’ anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.