Cassazione civile, Sentenza 16 aprile 2019, n. 10586.
(…omissis…)
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione, notificato il 9 aprile 2004, (OMISSIS) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 595/2004 con il quale il Tribunale di Milano, su ricorso del Condominio (OMISSIS), gli aveva ingiunto di pagare la somma complessiva di Euro 7.720,21 a titolo di spese condominiali, risultanti dal rendiconto consuntivo 2002, e dal bilancio preventivo 2003, approvati dall’assemblea condominiale del 16 luglio 2003.
L’opponente, assumendo di avere sempre adempiuto, per la sua quota, gli obblighi contributivi condominiali, eccepiva la nullita’ delle deliberazioni assembleari approvate nell’adunanza del 16 luglio 2003, riguardanti il rendiconto consuntivo delle spese 2002 e la relativa ripartizione e l’approvazione del preventivo delle spese 2003. Con lo stesso atto, (OMISSIS) conveniva nel medesimo giudizio di opposizione, oltre il Condominio richiedente, anche la societa’ (OMISSIS) s.r.l., da cui aveva acquistato la porzione immobiliare a cui si riferivano le spese deliberate dall’assemblea. Nei confronti della societa’ (OMISSIS), (OMISSIS) domandava di accertare l’insussistenza di ogni proprio debito, dichiarando, in ogni caso l’obbligo, della societa’ (OMISSIS) s.r.l. di manlevarlo da ogni maggior debito.
Si costituivano in giudizio sia il Condominio sia la societa’ (OMISSIS) s.r.l., contestando ogni domanda proposta da (OMISSIS).
In corso di causa l’Amministratore del Condominio, per agevolare una definizione transattiva, depositava una analitica rielaborazione dei dati contabili su base temporanea, riguardanti il rapporto bilaterale tra (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) s.r.l., indicando la quota di competenza della societa’ (OMISSIS) fino alla data di cessione della porzione immobiliare acquistata da (OMISSIS).
Istruita la causa il Tribunale di Milano, con sentenza n. 1006/2010, dell’11 gennaio 2010 rigettava le domande di (OMISSIS) e lo condannava al rimborso delle spese legali nei confronti del Condominio, compensava le spese nel rapporto con la societa’ (OMISSIS).
Avverso questa sentenza interponeva appello (OMISSIS), chiedendo la riforma integrale della sentenza.
Si costituivano il Condominio (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) S.p.A., incorporante per fusione della societa’ (OMISSIS) S.r.l., con sperati atti, chiedendo che L’appello fosse dichiarato inammissibile o fosse rigettato nel merito. Il Condominio proponeva, a sua volta, appello incidentale.
La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 4386 del 2014 rigettava l’appello principale ed accoglieva l’appello incidentale. Secondo la Corte distrettuale l’appello non poteva essere accolto perche’ i motivi di opposizione riproposti in appello da (OMISSIS) riguardavano tanto la corretta applicazione dei criteri di ripartizione delle spese condominiali quanto il funzionamento dell’impianto di riscaldamento, vizi che il (OMISSIS) avrebbe dovuto far valere mediante l’impugnazione delle relative delibere entro trenta giorni dalla comunicazione delle deliberazioni approvate dall’assemblea condominiale. L’appello incidentale con il quale il Condominio lamentava la errata liquidazione delle spese giudiziali, andava accolto perche’ la sentenza di primo grado non aveva, come avrebbe dovuto fare, le tariffe previste dal Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127.
La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso affidato a due motivi. Il Condominio il (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) adesso (OMISSIS) spa, hanno resistito controricorsi autonomi. In prossimita’ dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.= Con il primo Motivo (OMISSIS) lamenta falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4) nonche’ violazione dell’articolo 112 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4. Inesistenza delle delibere impugnate. Ad un tempo falsa applicazione dell’articolo 1137 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ violazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4.
1.1.= Il motivo e’ infondato.
Va qui osservato che il rapporto tra nullita’ ed inesistenza di un atto giuridico esprime uno snodo, storicamente, tra i piu’ problematici dell’intera teoria dell’invalidita’ degli atti giuridici. Tuttavia, per quanto qui interessa e’ sufficiente evidenziare che un atto e’ giuridicamente inesistente se manca degli elementi “rudimentali” tale che non e’ possibile identificarlo o almeno identificare, strutturalmente, un atto giuridico. In tutti i casi in cui, invece, l’atto e’ strutturalmente identificabile, lo stesso puo’ essere, eventualmente, nullo, cioe’, tamquam non esset, improduttivo di effetti giuridici, o annullabile perche’, per cosi’ dire, malformato. Solo un atto esistente puo’ essere nullo o annullabile, come e’ anche vero che se un atto e’ nullo o annullabile vuoi significare per se’ stesso che e’ un atto “strutturalmente” esistente.
Questi principi sono stati osservati dalla Corte distrettuale dovendosi ritenere che, come emerge dalla sentenza e da quanto lamentato dallo stesso ricorrente, il caso in esame integrava gli estremi di una erronea verbalizzazione; e l’erronea verbalizzazione non consente, o esclude alla radice, che venga ipotizzata un’inesistenza della delibera.
1.2.= Cio’ detto e’ conseguenziale ritenere che laddove la Corte distrettuale ha verificato che le delibere oggetto del presente giudizio non potevano considerarsi nulli ma tutt’al piu’ annullabili, ha, di per se, escluso che le delibere di che trattasi potessero dirsi inesistenti. La questione, dunque, posta dal ricorrente non ha ragion d’essere, perche’ l’inesistenza delle delibere e’ stata gia’ esclusa dalla sentenza, avendo verificato che, comunque, le delibere di che trattasi potevano, tutt’al piu’, considerarsi annullabili e avrebbero dovuto essere impugnate nel termine di decadenza di trenta giorni di cui all’articolo 1137 c.c..
Posto, dunque, che la sentenza impugnata ha escluso che le delibere di che trattasi fossero inesistenti, appare superflua e/o comunque, ridondante, l’affermazione secondo cui l’eccezione relativa all’inesistenza delle delibere oggetto del giudizio fosse inammissibile, perche’ avanzata oltre i termini processualmente consentiti e, cioe’, solo con la memoria conclusionale, perche’, superata dall’accertamento successivo secondo cui le delibere potevano tutt’al piu’ ritenersi annullabili.
1.2.= E, comunque, oltre questa considerazione, va qui osservato che la Corte distrettuale non ha mancato di escludere esplicitamente l’inesistenza delle delibere oggetto del giudizio, laddove ha affermato “(…) che i motivi eccepiti da (OMISSIS) non attengono ad una questione di nullita’ o di inesistenza giuridica delle deliberazioni assembleari contestate (…), il che vai quanto dire che i vizi delle deliberazioni assembleari, denunciati dal (OMISSIS), non comportavano, per se stessi, la nullita’ o l’inesistenza delle deliberazioni di cui si dice.
D’altra parte, la sentenza ha anche esplicitamente affermato che “(…) Nel caso in esame, i motivi di opposizione riproposti in appello da (OMISSIS) riguardano tanto la corretta applicazione dei criteri di ripartizione delle spese relative alla gestione e al funzionamento dell’impianto di riscaldamento – rispetto alle quali (OMISSIS) ammette di dover contribuire almeno per una “minima parie”; quanto presenza di omissioni, imprecisioni o equivocita’ testuali nel verbale delle operazioni dell’assemblea. I motivi esposti si riferiscono a vizi e irregolarita’ che (OMISSIS) avrebbe avuto l’onere di fare valere proponendo opposizione a norma dell’articolo 1137 c.c. entro trenta giorni dalla comunicazione delle deliberazioni approvate dall’assemblea del Condominio e qui contestate. Ne consegue che i motivi di impugnazione della sentenza del Tribunale sono inammissibili e il loro esame deve giudicarsi precluso, non essendo stati tempestivamente fatti valere entro il termine di decadenza di trenta giorni stabilito dall’articolo 1137 c.c. (…)”.
1.3. = Correttamente, poi, la Corte distrettuale ha escluso che le deliberazioni di che trattasi fossero nulle. Come insegnano le SSUU di questa Corte di Cassazione con la sentenza n. 4806 del 2005, confermata e mai sparata da altre successive decisine, ha stabilito che debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprieta’ esclusiva di ognuno dei condomini. Le delibere, comunque, invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarita’ nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto. La giurisprudenza ha precisato successivamente che e’ solo annullabile la delibera con la quale erroneamente si applichi il criterio legale di riparto delle spese condominiali; diverso e’ il caso in cui consapevolmente.
La Corte distrettuale ha seguito fedelmente tali principi e, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, ha escluso, come gia’ si e’ detto, che i vizi denunciati da (OMISSIS) riguardassero una questione di nullita’ o di inesistenza giuridica delle deliberazioni assembleari contestate.
2.= Con il secondo motivo (OMISSIS) lamenta erronea applicazione dell’articolo 1137 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) nonche’ di violazione degli articoli 1104 e 1123 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3) nonche’ di violazione dell’articolo 112 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4). Secondo il ricorrente la Corte distrettuale erroneamente avrebbe rigettato le sue richieste in relazione al riparto delle spese di gestione dell’impianto di riscaldamento. Piuttosto la relativa delibera sarebbe nulla perche’ sarebbero state poste a suo carico oltre al contributo di conservazione dell’impianto, pacificamente dovuto, le spese d’uso per le porzioni immobiliari distaccate dall’impianto centralizzato.
2.1.= Anche questo motivo, per quanto non assorbito dal precedente e’ infondato.
E’ affermazione ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte che deve ritenersi nulla e non meramente annullabile, anche se assunta all’unanimita’, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese stabilito dall’articolo 1126 c.c., senza che i condomini abbiano manifestato l’espressa volonta’ di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso. La predetta nullita’ puo’ essere fatta valere, a norma dell’articolo 1421 c.c., anche dal condomino che abbia partecipato all’assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa (ex plurimis, Cass., sez. 2, sentenza n. 5125 del 1993).
La delibera condominiale che abbia invece ripartito le spese in modo errato e’ annullabile.
Ora, nel caso in esame, stando a quanto evidenziato dallo stesso ricorrente, laddove evidenzia che la delibera assembleare aveva imputato allo stesso anche spese d’uso dell’impianto di riscaldamento, nonostante, avesse chiesto l’esenzione dalle spese d’uso, per due su tre porzioni immobiliari, per i quali aveva operato il distacco dal riscaldamento centralizzato, si denuncia un vizio di ripartizione, ma, non un vizio dei criteri legali di ripartizione, delle spese condominiali. Un vizio dunque che avrebbe dovuto essere fatto valere mediante impugnazione della relativa delibera entro il termine di decadenza di trenta gironi di cui all’articolo 1137 c.c..
Correttamente, dunque, la sentenza impugnata ha ritenuto che nel giudizio de quo, relativo all’opposizione a decreto ingiuntivo azionato dal condominio per la riscossione delle quote condominiali, era preclusa la possibilita’ di far valere vizi della delibera condominiale, oltretutto, oltre il termine dei trenta giorni stabiliti dall’articolo 1137 c.c..
In definitiva il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio di soccombenza di cui all’articolo 91 c.p.c. condannato a rimborsare a ciascuna parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio da’ atto che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente, le spese del presente giudizio di cassazione che liquida, in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori come per legge; da’ atto che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.