Cassazione civile Sentenza 21 maggio 2018, n. 12527

Cassazione civile

Sentenza 21 maggio 2018, n. 12527

(… omissis…).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in sette motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1050/2013 depositata il 21 febbraio 2013. Resiste con controricorso (OMISSIS). Con citazione del 3 dicembre 1999 (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Roma (OMISSIS), domandando la risoluzione, per inadempimento di quest’ultima, del contratto di cui alla proposta di acquisto del 6 novembre 1997, con conseguente condanna della convenuta stessa al risarcimento dei danni. (OMISSIS) dedusse di aver conferito incarico di mediazione ad un’agenzia immobiliare per la vendita di un appartamento di sua proprieta’ sito in (OMISSIS), ad un prezzo non inferiore a Lire 550.000.000; espose, quindi, come (OMISSIS), contattata dall’agenzia, avesse sottoscritto in data 6 novembre 1997 una proposta irrevocabile d’acquisto per la complessiva somma di Lire 550.000.000, versando la somma di Lire 10.000.000 a titolo di caparra confirmatoria e impegnandosi a versare Lire 140.000.000 a titolo di acconto al momento della redazione della scrittura riproduttiva dell’accordo, da compiere entro il 25 novembre 1997, mentre il saldo residuo doveva essere versato alla stipula dell’atto pubblico; tuttavia, la signora (OMISSIS) non si era poi presentata il giorno 14 novembre 1997 presso gli uffici dell’agenzia per formalizzare l’accordo, comunicando successivamente la propria intenzione di voler revocare la proposta di acquisto per l’esistenza di vizi dell’immobile promesso in vendita. Costituitasi in giudizio, (OMISSIS) spiego’ come, sin dal momento del conferimento dell’incarico all’agenzia immobiliare, aveva formulato esplicita richiesta di acquistare un appartamento dotato di ampio terrazzo a livello; sicche’, quando aveva visionato l’immobile di (OMISSIS), era stata al riguardo rassicurata dall’incaricato alla vendita, il quale riferi’ che la signora (OMISSIS) aveva dichiarato di aver ottenuto dal condominio l’autorizzazione per la costruzione di una scala interna di collegamento tra l’appartamento ed il terrazzo soprastante. Sennonche’, nel corso di un successivo colloquio intercorso con l’amministratore del condominio di (OMISSIS), la signora (OMISSIS) apprese che non vi fosse alcuna autorizzazione dei condomini per la realizzazione della scala interna, e che, anzi, pendeva un giudizio in cui il condominio aveva richiesto una sentenza di condanna alla rimozione totale della superfetazione realizzata dalla signora (OMISSIS) per violazione del decoro architettonico. Inoltre, la convenuta espose che, a causa della non autorizzata dismissione ad opera della signora (OMISSIS) del collegamento fra il proprio appartamento e l’impianto di riscaldamento centralizzato, la proprieta’ dell’immobile comportava la necessita’ di sostenere sia le spese per l’impianto autonomo sia le spese dell’impianto centralizzato. (OMISSIS) domando’ in riconvenzionale, pertanto, di dichiarare risolto l’accordo contrattuale intercorso tra le parti sulla base della proposta di acquisto per violazione dell’articolo 1337 c.c., imputabile alla signora (OMISSIS), e accertare la legittimita’ del recesso da lei operato. Con sentenza del 26 maggio 2004 il Tribunale di Roma accolse in parte la domanda principale e rigetto’ la riconvenzionale, condannando (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 7.746,53, oltre interessi. Vennero proposti appello in via principale da (OMISSIS) (circa la natura contrattuale, e non soltanto precontrattuale, del danno a lei risarcibile, erroneamente limitato dal primo giudice al solo interesse negativo) ed appello in via incidentale da (OMISSIS). La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, accolse l’appello incidentale di (OMISSIS), con assorbimento dell’appello principale di (OMISSIS) e dichiaro’ legittima la revoca della proposta di acquisto comunicata il 15 novembre 1997 dalla signora (OMISSIS). In particolare, la Corte d’Appello valuto’ la deposizione testimoniale dell’amministratore di condominio (OMISSIS), deposizione dalla quale erano state confermate le circostanze della costruzione di un manufatto abusivo sulla terrazza dell’appartamento di (OMISSIS), della correlata pendenza di un contenzioso civile fra il Condominio e la signora (OMISSIS), come del distacco non autorizzato dal riscaldamento centralizzato. L’altro teste (OMISSIS), il quale aveva presenziato al primo sopralluogo della signora (OMISSIS) nell’appartamento, aveva a sua volta confermato come la signora (OMISSIS) avesse in quell’occasione riferito che il progetto per la realizzazione della scala interna era stato autorizzato dal condominio, senza far cenno ai problemi delle opere abusive, del contenzioso pendente e dell’impianto di riscaldamento. Queste risultanze istruttorie indussero la Corte d’Appello a sovvertire il giudizio del Tribunale, che invece aveva considerato provato l’inadempimento della signora (OMISSIS), poiche’ quest’ultima doveva presumersi a conoscenza della causa tra la (OMISSIS) e il Condominio, in quanto nell’accordo preliminare era stato posto a carico della venditrice l’onere delle spese di tale causa. La ricorrente ha presentato memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) denuncia la nullita’ della sentenza per l’insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonche’ violazione dell’articolo 156 c.p.c.. La Corte di Appello avrebbe dapprima riconosciuto l’esistenza di un preliminare intercorso tra le parti, conseguente all’accettazione della proposta, per poi sostenere, in dispositivo, la legittimita’ della revoca della proposta medesima effettuata dalla parte proponente. Il contrasto tra motivazione e dispositivo sarebbe dato dal fatto che, ex articoli 1326 e 1328 c.c., una volta perfezionato il contratto, la proposta perde il suo carattere di atto unilaterale recettizio e diviene parte dell’accordo. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’articolo 345 c.p.c., (OMISSIS) avrebbe violato il divieto di ius novorum in appello in quanto solo con la propria impugnazione incidentale, accanto alla domanda di risoluzione del preliminare, avrebbe dedotto il mancato perfezionamento del rapporto contrattuale per effetto della revoca della proposta, perfezionamento che aveva per converso fondato le reciproche originarie domande risolutive. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli articoli 99 e 112 c.p.c.. Questa censura ribadisce quanto gia’ affermato nei precedenti motivi circa il perfezionamento del contratto inter partes. La decisione della Corte di Roma viene criticata anche per essersi fondata non sul dedotto inadempimento dell’obbligo ex articolo 1337 c.c., quanto sulla violazione di un’obbligazione di garanzia relativa all’esistenza dell’autorizzazione alla realizzazione della scala interna di collegamento. Con il quarto motivo di ricorso si allega la violazione degli articoli 1326, 1328, 1329, 1334 e 1335 c.c., articoli 112, 113, 115, 116 e 167 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2697 c.c.. Ancora una volta si ribadisce che la Corte di Appello non avrebbe considerato: a) che, dalle conclusioni delle parti, risultava incontestabile il perfezionamento del contratto e il conseguente venir meno dell’efficacia della proposta di acquisto, la quale era cristallizzata nel contratto stesso; b) che, affinche’ la revoca della proposta potesse considerarsi valida, occorreva dimostrare che la stessa fosse giunta a destinazione prima dell’accettazione della proposta; c) il carattere irrevocabile della proposta, come qualificata dalla proponente anche attraverso la sottoscrizione della clausola stessa. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia la violazione degli articoli 1453, 1455 e 1375 c.c., articoli 112, 113, 115 e 116 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2697 c.c.. La Corte di Appello avrebbe violato, a dire della ricorrente, la disciplina inerente alla risolubilita’ dei rapporti contrattuali per effetto dell’inadempimento alle obbligazioni, perche’ non avrebbe valutato che le informazioni contrattuali erano state rese ad (OMISSIS) esclusivamente dal comune intermediario e che, dunque, l’eventuale mancanza di informazione in ordine a “elementi negativi” afferenti l’immobile, ovvero le eventuali “garanzie” concernenti l’autorizzazione relativa alla costruzione della scala interna, ritenute inadempimenti, non potevano essere ascritte alla signora (OMISSIS). Neppure si potrebbe considerare provata, come sostiene la Corte di Appello, la garanzia dell’esistenza dell’autorizzazione condominiale offerta dalla venditrice ricorrente solo in base alle deduzioni del teste (OMISSIS). Cosi’ come errato sarebbe il giudizio della Corte di Appello relativamente alla gravita’ degli inadempimenti reciprocamente lamentati dalle parti, da valutare alla luce del loro comportamento complessivo. Con il sesto motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli articoli 832, 840, 1102, 1122, 1127, 1130, 1135 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di Appello ritenuto che il possesso dell’autorizzazione condominiale alla realizzazione della scala di collegamento con la terrazza costituisse elemento essenziale ai fini della realizzabilita’ dell’opera interna, creando un non previsto vincolo limitativo del godimento e della disponibilita’ dei beni di proprieta’ individuale; cosi’ come avrebbe errato la sentenza impugnata nel ritenere che l’opera realizzata da parte ricorrente cagionasse ex se danno al decoro architettonico del condominio. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la Corte di Appello considerato che la scala di collegamento, cosi’ come risultava dalle deposizioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), sia stata poi realizzata dal successivo proprietario dell’appartamento senza alcuna autorizzazione del condominio. Nel controricorso la (OMISSIS) eccepisce, in via pregiudiziale, l’inammissibilita’ del ricorso, perche’ notificato tardivamente; in subordine, ne denuncia l’infondatezza in fatto e in diritto, in quanto la Corte di Appello avrebbe correttamente valutato il quadro istruttorio e, sulla base di questo, ritenuto sussistente l’inadempimento della signora (OMISSIS) e percio’ legittima la propria pretesa di risoluzione contrattuale, nonche’ la propria coincidente revoca di proposta. 2. E’ da rigettare l’eccezione della controricorrente di inammissibilita’ per tardivita’ della notificazione del ricorso, nella specie eseguita a mezzo posta, in quanto, ai fini del rispetto del termine di cui all’articolo 327 c.p.c., occorre che l’atto sia stato spedito in data anteriore al decorso del termine stesso annuale previsto dall’articolo 327 c.p.c. (nella specie, il 7 aprile 2014), essendo in proposito irrilevante che la ricezione da parte del destinatario sia avvenuta successivamente. 3. Risulta fondato il primo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento delle restanti censure. Va considerato come, pur dopo la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ad opera del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, rimane denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). La sentenza della Corte d’Appello di Roma oggetto di impugnazione ha dapprima affermato (pagina 3) come (OMISSIS), con il suo appello incidentale, avesse chiesto la riforma della pronuncia di primo grado e cosi’ “l’accoglimento della propria domanda riconvenzionale di risoluzione dell’accordo inter partes per fatto e colpa della venditrice (OMISSIS) ed accertamento della conseguente legittimita’ della revoca della proposta di acquisto”. Di seguito, a pagina 8, la sentenza impugnata ha sostenuto che la vicenda in esame non fosse riconducibile…”nell’ambito dell’impegno vincolante della proposta irrevocabile ex articolo 1329 c.c., dunque dell’inefficacia della revoca da parte della (OMISSIS), bensi’ nell’ambito… di un inadempimento ad un contratto (preliminare) formalmente concluso tra le parti per effetto dell’intervenuta accettazione delle citata proposta irrevocabile”…. Percio’, proseguiva la Corte d’Appello, “sussistendo un accordo contrattuale preliminare… l’esame dei comportamenti dei contraenti deve vertere sui punti determinanti per l’adempimento dei rispettivi obblighi contrattuali…”. Acclarato l’inadempimento della (OMISSIS) ai suoi obblighi contrattuali, la Corte di Roma ha percio’ ritenuto “legittima la pretesa di scioglimento del contratto, appunto per inadempimento, avanzata dalla (OMISSIS)”, sicche’ la revoca della proposta di acquisto della (OMISSIS) sarebbe valsa quale “legittima pretesa risolutoria dell’accordo alla luce dell’accertata impossibilita’ del raggiungimento degli effetti dell’accordo in dipendenza dell’inadempimento originario posto in essere dalla venditrice”. In dispositivo, tuttavia, la Corte di Roma sanciva: “accolto l’appello incidentale proposto da (OMISSIS)… in totale riforma dell’impugnata sentenza, accerta e dichiara legittima la revoca della proposta di acquisto comunicata in data 15.11.97 da (OMISSIS) a (OMISSIS), e in conseguenza, rigetta le domande tutte proposte da quest’ultima nei confronti di (OMISSIS)”. Dall’esposizione delle vicende di causa risulta che (OMISSIS) avesse sottoscritto in data 6 novembre 1997 una proposta irrevocabile d’acquisto dell’appartamento di proprieta’ (OMISSIS) sito in (OMISSIS), ad un prezzo non inferiore a Lire 550.000.000; tale scrittura prevedeva la necessita’ di una successiva “scrittura riproduttiva dettagliata del contratto (quale risultante dall’incontro tra proposta ed accettazione)”, da redigere entro il 25 novembre 1997, e poi del rogito finale da stipulare entro il 31 gennaio 1998. Alla proposta d’acquisto della (OMISSIS) fece seguito l’accettazione di (OMISSIS) con telegramma del 14 novembre 1997. La signora (OMISSIS) non si presento’ tuttavia il giorno 14 novembre 1997 presso gli uffici dell’agenzia immobiliare per formalizzare l’accordo e comunico’ successivamente alla (OMISSIS) la propria intenzione di voler revocare la proposta di acquisto. Come spiegato da Cass. Sez. U., 06/03/2015, n. 4628, nell’evoluzione della contrattazione immobiliare e dell’attivita’ di mediazione professionalmente gestita, le esigenze legate alla complessita’ delle convenzioni ed alle verifiche da effettuare per saggiare la serieta’ ed affidabilita’ dei proponenti, nonche’ la consistenza del bene, hanno portato ad una frequente moltiplicazione delle fasi contrattuali. Succede di regola che dapprima l’aspirante venditore da’ incarico ad un intermediario per l’alienazione di un immobile di sua proprieta’. Quindi l’intermediario reperisce l’aspirante acquirente, il quale offre un certo corrispettivo per l’acquisto del bene, di solito sottoscrivendo (come avvenuto nella specie) un modulo definito proposta irrevocabile di acquisto. A cio’ fa ancora seguito l’accettazione dell’aspirante venditore. Quindi le parti pervengono alla stipula del contratto preliminare propriamente detto, ed, infine, al rogito notarile recante il contratto definitivo. Cass. Sez. U, n. 4628 del 2015, ha chiarito come la stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, ossia di un accordo in virtu’ del quale le parti si obblighino a concludere un successivo contratto che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con l’esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento) e’ valida ed efficace, e dunque non e’ nulla per difetto di causa, ove sia configurabile un interesse delle parti, meritevole di tutela, ad una formazione progressiva del contratto, fondata su una differenziazione dei contenuti negoziali, e sia identificabile la piu’ ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, e’ idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilita’ contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale. Secondo le Sezioni Unite, dunque, ravvisata la valida pattuizione di un vincolo contrattuale finalizzato ad un ulteriore accordo, il rifiuto di contrattare opposto nella seconda fase, se immotivato e contrario a buona fede, da’ luogo ad un inadempimento di un rapporto obbligatorio gia’ perfezionatosi. Peraltro, puo’ pure darsi in concreto una piu’ articolata procedimentalizzazione delle fasi contrattuali, che consente di individuare nel corso delle trattative una convenzione che non sia ancora un vero preliminare (perche’ mancano ancora elementi essenziali), ma una puntuazione vincolante sui profili in ordine ai quali l’accordo e’ irrevocabilmente raggiunto, restando da concordare secondo buona fede ulteriori punti. Questi procedimenti di formazione contrattuale graduali lasciano trasparire l’interesse perseguito dalle parti a una negoziazione consapevole e informata. In tali fattispecie la formazione del vincolo e’ limitata, quindi, a una parte del regolamento e la violazione dell’intesa raggiunta, perpetrata in una fase successiva rimettendo in discussione questi obblighi in itinere che erano gia’ determinati, da’ parimenti luogo a responsabilita’ contrattuale da inadempimento. A fronte di un vincolo contrattuale preliminare ormai perfezionatosi, quale quello che la Corte d’Appello di Roma ha ravvisato come sussistente tra le parti a pagina 8 di sentenza, e’ allora ipotizzabile una pronuncia giudiziale costitutiva dello scioglimento del contratto per effetto della declaratoria di risoluzione per inadempimento ex articolo 1453 c.c., previo accertamento dell’incidenza della gravita’ dell’inadempimento stesso sul funzionamento sinallagmatico. Altrimenti, puo’ darsi un’ipotesi di risoluzione di diritto del contratto, ove sussistano i presupposti dell’essenzialita’ del termine, o della pattuizione di una clausola risolutiva espressa o della previa intimazione d’una diffida ad adempiere (articoli 1454, 1456 e 1457 c.c.). Infine, la sentenza puo’ prendere atto dell’intervenuto esercizio di una facolta’ di recesso, facolta’ attribuita in forza di patto espresso (articolo 1373 c.c.), oppure, in forza del secondo comma dell’articolo 1385 c.c., ove sia stata data una caparra confirmatoria, in forma di risoluzione stragiudiziale del contratto per l’inadempimento della controparte. Se invece la pattuizione intercorsa durante le trattative di acquisto e’ finalizzata ad ulteriori accordi che definiscano i restanti elementi essenziali dell’accordo, e non e’ percio’ ancora qualificabile come contratto preliminare, puo’ ipotizzarsi un rifiuto motivato di procedere nella contrattazione. Ponendosi irriducibilmente in contrasto con le ragioni esposte in motivazione circa l’avvenuta conclusione di un accordo contrattuale preliminare tra (OMISSIS) ed (OMISSIS), la Corte d’Appello di Roma ha invece in dispositivo, in modo obiettivamente incomprensibile, fatto derivare l’estinzione di ogni rapporto obbligatorio tra le parti quale sola conseguenza della “legittima.. revoca della proposta d’acquisto comunicata in data 15.11.97” dalla (OMISSIS), laddove una revoca di proposta (al di la’ della speciale disciplina posta dall’articolo 1329 c.c.) puo’ avere unicamente efficacia impeditiva del perfezionamento di un contratto in itinere, e giammai efficacia estinitiva di un contratto gia’ concluso. 4. Conseguono l’accoglimento del primo motivo del ricorso, l’assorbimento dei restanti motivi (i quali perdono rilievo decisorio per effetto dell’accoglimento della prima censura) e la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, la quale decidera’ la causa attenendosi ai rilievi svolti. Il giudice di rinvio provvedera’ anche in ordine al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.