cassazione civile sentenza 23 luglio 2014 n 16739

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I
SENTENZA 23 LUGLIO 2014, N. 16739

(omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Pescara, con decreto del 17 aprile 2008, ha respinto l’opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) Srl, proposto dalla signora (OMISSIS), la quale aveva chiesto l’ammissione del proprio credito, pari ad euro 17.340,76, per competenze relative a prestazioni professionali, come da decreto ingiuntivo del Tribunale di Pescara non opposto e munito di formula esecutiva (in data 5 marzo 2007), che sarebbe stato opponibile alla procedura secondo la ricorrente – perche’ avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento.

2. Secondo il Tribunale, invece, l’opposizione era infondata, sotto due profili.

2.1. Innanzitutto, perche’ il provvedimento, posto a base della richiesta di ammissione, era mancante del decreto di esecutorieta’, in quanto la semplice mancata opposizione non gli farebbe acquistare l’efficacia della cosa giudicata. Infatti, il provvedimento ex articolo 647 c.p.c. avrebbe natura giurisdizionale (non amministrativa) e costitutiva onde, in mancanza di esso, il decreto monitorio non acquisterebbe la definitivita’ e l’incontestabilita’ proprie del giudicato.

2.2. In secondo luogo, il contratto di lavoro non avrebbe avuto la data certa opponibile al fallimento in quanto, pur essendo stato allegato al ricorso monitorio, il Tribunale non sarebbe stato in grado di verificare se effettivamente, con il detto ricorso, fosse stato allegato e depositato il contratto di lavoro e, ove questo lo sia stato, se esso fosse stato proprio il documento a suo tempo inserito nel fascicolo della domanda di monitorio, non allegato, invece, in quello depositato per l’opposizione allo stato passivo, ai sensi della L.F., articolo 98 Da un lato, il giudice non potrebbe attivarsi in via ufficiosa nella ricerca del documento mancante; da un altro, non soccorrerebbe l’indice del fascicolo, privo del timbro di deposito.

2.2.1. Infine, non aiuterebbero la ricorrente ne’ la prova orale, richiesta in via generica e priva di riferimento al corrispettivo economico, ne’ la documentazione fiscale relativa al reddito prodotto, con riguardo ad altro periodo, antecedente alla stipula del contratto di lavoro in relazione al quale sarebbe sorto il credito vantato.

3. Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione la signora (OMISSIS), con un unico motivo, articolato in due profili.

4. La curatela non ha svolto attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico mezzo di impugnazione (violazione dell’articolo 2704 c.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1) la ricorrente ha posto a questa Corte due diversi quesiti di diritto.

1.1. Anzitutto: Se occorra o meno la dichiarazione di esecutivita’ da parte del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo o se e’ sufficiente il solo fatto della mancata opposizione nei termini con conseguente opponibilita’ al fallimento.

Secondo la ricorrente, il decreto sarebbe passato in giudicato dopo quaranta giorni dalla data della sua notifica e, quindi, esso sarebbe opponibile alla procedura fallimentare, ai sensi dell’articolo 2704 c.c. e degli articoli 641 e 647 c.p.c., essendo decorso il termine di legge senza che sia stata proposta l’opposizione al decreto ingiuntivo, fatto valere in sede fallimentare.

1.2. In secondo luogo, essa ha chiesto alla Corte: Se nella specie il Tribunale ha violato l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per aver considerato non provato il diritto richiesto quando invece risultava per tabulas.

La ricorrente ha osservato che la documentazione da lei prodotta riguardava il periodo 1.4.02 – 30.9.04 e, quindi, il Tribunale ha errato respingendo l’opposizione, che sarebbe stata riferibile al reddito prodotto dal 8.5.02 al 30.9.02, erroneamente ritenuto riferibile ad un periodo antecedente alla stipula del contratto di lavoro, posto a base del credito vantato.

2. Il ricorso, ai limiti dell’inammissibilita’ per la cattiva formulazione dei quesiti di diritto, e’ infondato.

2.1. Al primo quesito di diritto, opportunamente integrato nella sua formulazione con l’esposizione svolta nel suo complesso, questa Corte ha gia’ avuto modo di rispondere (da ultimo con la pronuncia di questa stessa sezione n. 23202 del 2013), in senso contrario alla tesi della ricorrente, affermando il principio secondo cui Il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale, idoneo a costituire titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo, soltanto a seguito della dichiarazione di esecutivita’ ai sensi dell’articolo 647 cod. proc. civ. – non essendo equiparabile, sotto questo profilo, alla sentenza non irrevocabile (L.F., articolo 96, comma 2, n. 3, gia’ articolo 95, comma 3, nel testo anteriore al Decreto Legislativo del 9 gennaio 2006, n. 5) – per cui non e’ ammissibile l’accertamento incidentale, in sede di giudizio di verificazione, dell’esecutivita’ definitiva del decreto ingiuntivo sprovvisto del visto di esecutorieta’ di cui all’articolo 647 cod. proc. civ., con la conseguenza che, in mancanza, il decreto ingiuntivo, seppur non opposto, e’ inopponibile alla massa dei creditori.

2.2. Il secondo motivo e’ inammissibile, perche’ il quesito proposto costituisce il travestimento di una richiesta volta a domandare il riesame della motivazione contenuta nel provvedimento impugnato, insuscettibile di revisione per essere immune dai lamentati vizi.

Inoltre, la censura della decisione ignora la puntuale motivazione della sentenza impugnata e pecca per difetto di autosufficienza perche’ non dice neppure se il contratto di lavoro sia stato allegato al ricorso per decreto, rivelandosi l’ulteriore ragione di inammissibilita’ nell’erronea postulazione del diverso contenuto e portata del documento che, ove fondata, avrebbe potuto offrire la base ad un motivo di diversa impugnazione, di tipo revocatorio (Sez. 3, Sentenza n. 10066 del 2010: Qualora una parte assuma che la sentenza di secondo grado, impugnata con ricorso ordinario per cassazione, e’ l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti del giudizio di merito, il ricorso e’ inammissibile, essendo denunziato – al di la’ della qualificazione come “violazione di legge” – un tipico vizio revocatorio, che puo’ essere fatto valere, sussistendone i presupposti, solo con lo specifico strumento della revocazione, disciplinato dall’articolo 395 cod. proc. civ.).

In conclusione il ricorso, complessivamente infondato, deve essere respinto, senza che occorra provvedere sulle spese di questo grado, per la mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.