Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 31 marzo 2015, n. 6432
( omissis )
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p.1. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione contro la s.r.l. (OMISSIS) (gia (OMISSIS) s.p.a. e gia (OMISSIS) s.p.a.), la s.p.a. (OMISSIS) (gia (OMISSIS) s.p.a., gia (OMISSIS) s.p.a., gia (OMISSIS) s.p.a.), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), nonche, per quanto di ragione, contro (OMISSIS), il (OMISSIS) Soc. Coop a r l., (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso la sentenza del 27 settembre 2011, con cui e stato rigettato il suo appello contro la sentenza del Tribunale di Venezia del giugno del 2007, la quale provvedendo su un giudizio ai sensi dellarticolo 512 c.p.c., introdotto da esso ricorrente a seguito della contestazione dellintervento da lui spiegato il 13 novembre 2003 nelle procedure esecutive nn. 213 del 1998 e 301 del 1999, introdotte rispettivamente dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) e poi riunite aveva dichiarato la tardivita di detto intervento.
p.2. Al ricorso hanno resistito con separati controricorsi il (OMISSIS), la s.p.a. (OMISSIS) nella qualita di mandataria della s.r.l. (OMISSIS) s.p.a., e la (OMISSIS), mentre non hanno svolto attivita difensiva gli altri intimati.
p.3. In vista dellodierna udienza hanno depositato memoria il ricorrente ed il (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
p.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia: violazione e falsa applicazione dellarticolo 152 c.p.c., comma 2, (articolo 360 c.p.c., n. 3); violazione e falsa applicazione, in ogni caso, dellarticolo 565, in relazione allarticolo 596 c.p.c..
Vi si censura la motivazione con cui la Corte lagunare ha rigettato il primo motivo di appello, con cui il ricorrente aveva criticato la sentenza del Tribunale, la dove aveva considerato tardivo il suo intervento in quanto avvenuto oltre la celebrazione delludienza di cui allarticolo 596 c.p.c..
La critica si era sostanziata nella prospettazione, sulla base dellinvocazione del precedente di questa Corte di cui a Cass. n. 90 del 1965, che ludienza di comparizione di cui allarticolo 596 c.p.c., fissata dal giudice dellesecuzione per il 17 ottobre 2003, era risultata unudienza di mero rinvio al 14 novembre 2003 senza uneffettiva trattazione, onde il successivo intervento di esso ricorrente il 13 novembre si sarebbe dovuto considerare tempestivo.
p.1.1. La motivazione della sentenza impugnata, che e stata censurata con il motivo, si e cosi espressa: la censura e infondata e va respinta. Lintervento del (OMISSIS) e stato operato infatti oltre il termine perentorio stabilito dallarticolo 565 c.p.c., per la concorrenza dei creditori chirografari nella distribuzione del ricavato nelludienza ex articolo 596 c.p.c., fissata appunto per il 17/10/03. Del tutto irrilevante, attesa la perentorieta del termine, e la circostanza che ludienza poi sia stata differita per la discussione ad altra data, dato che il termine per rendere proficuo lintervento era gia spirato nel momento di celebrazione delludienza ex articolo 596 c.p.c., a prescindere dalle vicende successive.
p.1.2. I testi normativi che vengono in rilievo ratione temporis ai fini dello scrutinio del motivo con riferimento allattivita esecutiva oggetto di giudizio sono quelli anteriori alla riforme di cui al Decreto Legge n. 35 del 2005, conv. dalla Legge n. 80 del 2005.
In particolare, viene in rilievo larticolo 565 c.p.c., nel testo che, sotto la rubrica Intervento tardivo, disponeva in tal senso: I creditori chirografari che intervengono oltre ludienza indicata nellarticolo 563, comma 2, ma prima di quella prevista nellarticolo 596, concorrono alla distribuzione di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma dellarticolo seguente.
Vengono in rilievo, poi:
a) larticolo 596 c.p.c., il quale disponeva che: 1. Se non si puo provvedere a norma dellarticolo 510, comma 1, il giudice dellesecuzione, non piu tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinche possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando ludienza per la loro audizione. II. Tra la comunicazione dellinvito e ludienza debbono intercorrere almeno dieci giorni;
b) larticolo 598 c.p.c., secondo cui: Se il progetto e approvato o si raggiunge laccordo tra tutte le parti, se ne da atto nel processo verbale e il giudice dellesecuzione ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dellarticolo 512?.
p.1.3. Il motivo in esame si articola in due distinte censure.
p.1.3.1. Con la prima censura ci si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto perentorio il termine fissato dallarticolo 565, ancorche esso sia fissato dalla legge tale senza che essa lo qualifichi tale espressamente, siccome impone larticolo 152 c.p.c., comma 2.
p.1.3.2. La censura e priva di fondamento, dato che la giurisprudenza della Corte, con approvazione da parte della dottrina, intende la prescrizione della previsione espressa di cui a detta norma non gia nel senso che essa imponga di intendere perentorio solo quel termine, previsto per una determinata attivita processuale, che una data norma dica tale con una proclamazione formale della perentorieta, bensi nel senso che la norma di previsione del termine possa rivelarlo tale anche per il tramite della sola considerazione del profilo della sua funzione. Sicche ad integrare una norma di previsione di un termine perentorio si ritiene sufficiente anche soltanto lacquisizione, allesito della ricognizione della norma che preveda, direttamente od indirettamente, un termine per una certa attivita, della sua necessaria natura perentoria per il fatto stesso che, nella sequenza procedimentale in cui detta previsione si inserisce, soltanto lattribuzione di quella natura consenta il funzionamento della norma, cioe lassicurazione dellesigenza di disciplina cui essa e deputata.
Si veda, nella logica ora indicata, Cass. n. 5074 del 1997, secondo cui Sebbene larticolo 152 c.p.c., disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si puo da tale norma dedurre che, ove manchi unesplicita dichiarazione in tal senso, debba senzaltro escludersi la perentorieta del termine; nulla vieta infatti di indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba esser rigorosamente osservato, e sia quindi perentorio, come deve ritenersi, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, per il termine di cinque giorni prima delludienza entro il quale devono costituirsi (L.F., articolo 98, comma 3) i creditori esclusi dallo stato passivo del fallimento che abbiano proposto lopposizione di cui allo stesso articolo 98, in considerazione delle esigenze di certezza e celerita del procedimento di verifica dello stato passivo fallimentare, con la conseguenza che dalla inosservanza di tale termine deriva la decadenza dellopposizione, non sanabile da una riproposizione di essa, che in quanto tardiva, e da dichiarare inammissibile; e si veda ancora il leading case di cui a Cass. n. 3216 del 1960 per laffermazione che sebbene larticolo 152 c.p.c., disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si puo da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso, debba senzaltro escludersi la perentorieta del termine; nulla vieta infatti di indagare se, a prescindere dal dettato della norma un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato.
Sulla base dei ricordati principi circa lindividuazione di un termine come perentorio, ben si comprende come larticolo 565 c.p.c., nel testo applicabile alla controversia, quando ammetteva, qualificandolo come tardivo lintervento avvenuto oltre ludienza indicata nellarticolo 563, comma 2, ma prima di quella prevista dallarticolo 596 c.p.c., certamente individuava salvo lo stabilire in che cosa si dovesse identificare il momento collocantesi prima delludienza prevista dallarticolo 596 come un termine ultimo per potersi considerare possibile e, quindi, ammissibile quellintervento: invero la previsione normativa, la dove stabiliva il momento prima del quale lintervento tardivo poteva comunque avvenire, per il fatto stesso che vi ricollegava gli effetti del concorso residuale alla distribuzione, e dunque effetti incidenti sullattivita da compiersi in funzione di essa nelludienza di cui allarticolo 596 c.p.c., cioe lapprovazione del progetto di distribuzione oppure, in mancanza, linsorgenza delle condizioni per il giudizio a sensi dellarticolo 512 c.p.c., e dunque su una fase ulteriore dello svolgimento della procedura esecutiva, evidenziava, per la contraddizione che non le consente, la chiara intenzione del legislatore di ricollegare tali effetti soltanto allintervento che comunque fosse avvenuto prima del momento fissato, cioe prima delludienza di cui allarticolo 596 c.p.c., restando esclusa invece ogni incidenza e rilievo dellintervento avvenuto successivamente.
Un intervento avvenuto successivamente, del resto, se si fosse potuto considerare rilevante e non irrilevante, cioe inammissibile avrebbe determinato unincidenza sulla stesa attivita da svolgersi nelludienza di cui allarticolo 596 c.p.c., e, quindi, unincidenza del tutto contraria al modus operandi voluto dal legislatore, che imponendo come momento finale quello collocantesi prima di quelludienza aveva chiaramente espresso lintenzione di consentire linserimento tardivo nella procedura esecutiva di altri creditori solo prima dellinizio dellattivita da svolgersi nelludienza stessa e di escluderlo invece dopo. E cio, come intuitivo, proprio per consentire che quellattivita potesse svolgersi sulla base di una situazione orami definita in ordine alla platea dei creditori potenzialmente concorrenti alla distribuzione. Di fronte, pertanto, ad una previsione di un momento entro il quale lattivita di intervento tardivo poteva essere compiuta, la considerazione di tale momento come significativo di una previsione di un termine perentorio si presentava correlata allo stesso profilo funzionale della previsione di quel momento, cioe come indispensabile per assicurare lo scopo ricollegato a detta previsione.
Poiche considerare rilevante un intervento dopo quel momento avrebbe alterato lo scopo perseguito dal legislatore, quello di consentire che prima delludienza dellarticolo 596 c.p.c., fosse delineata la platea dei possibili creditori concorrenti, ex necesse larticolo 565, conteneva un termine perentorio.
1.3.3. Va rilevato che le considerazioni espresse fin qui per giustificare lesistenza nellarticolo 565, nel testo applicabile al giudizio di un termine ultimo e, dunque, perentorio per lintervento tardivo, si attagliano anche al testo dellarticolo 565 c.p.c., introdotto dal Decreto Legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni dalla Legge n. 263 del 2005, e che ha sostituito nella norma il riferimento al soppresso articolo 363 c.p.c., comma 2, con il riferimento al nuovo articolo 564 c.p.c., che prevede il termine per potersi considerare tempestivo un intervento negli stessi termini previsti da quel comma 2.
Il principio di diritto che giustifica il rigetto della prima censura del primo motivo e allora il seguente: Larticolo 565 c.p.c., tanto nel testo anteriore alla sostituzione operata dal Decreto Legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 263 del 2005, quanto nel testo sostituito, nellindicare gli effetti dellintervento tardivo dei creditori chirografari identificandoli in quelli intervenuti oltre ludienza fissata per la vendita (quella dellarticolo 563, comma 2, nel testo vecchio e quella di cui allarticolo 564 c.p.c., nel testo nuovo) e prima di quella prevista nellarticolo 596 c.p.c., individuava questo momento come termine perentorio per lammissibilita di tale intervento.
p.1.4. Con una seconda censura il motivo si muove, invece, nella logica della perentorieta del termine, negata dalla prima censura ed invoca a sostegno dellassunto che nel caso di specie losservanza del termine si sarebbe dovuta correlare alludienza del 14 novembre 2003, il precedente di cui a Cass. n. 90 del 1965 c.p.c., secondo cui: Lintervento, predisposto per consentire ai creditori iscritti o privilegiati di partecipare alla distribuzione delle somme conseguite dalla vendita dei beni espropriati, e valido ed operante se spiegato prima delludienza prevista dallarticolo 596 c.p.c., cioe delludienza che il giudice dellesecuzione, nel depositare in cancelleria il progetto di distribuzione, fissa per laudizione dei creditori e del debitore, il termine predetto ha natura perentoria ma, nonostante il suo carattere dindilazionabilita, non puo non ritenersi condizionato alleffettiva celebrazione di quelludienza la quale,in tanto puo funzionare da dies ad quem in quanto ladempimento processuale della discussione del progetto abbia avuto effettivamente luogo. (Nella specie, ludienza fissata per laudizione delle parti, fu rinviata per lirregolare notificazione dellavviso al debitore esecutato). (Cass. n. 90 del 1965).
p.1.4.1. La censura e priva di fondamento, atteso che il precedente invocato e del tutto carente di pertinenza con il caso di specie.
Va premesso che il principio consolidato che governava lesegesi dellarticolo 565 c.p.c., nel testo applicabile in questo giudizio, ma che puo e deve governare anche quella del testo vigente, era il seguente: Nel processo esecutivo e precluso lintervento ai creditori, ancorche privilegiati, durante o dopo la celebrazione delludienza di discussione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita, di cui allarticolo 596 c.p.c.. A tale regola non si puo derogare nemmeno nel caso in cui, dopo lapprovazione del progetto di distribuzione, vengano acquisite alla procedura nuove somme di denaro ed il giudice fissi una nuova udienza per le conseguenti modifiche del progetto di distribuzione, in quanto tale udienza non solo non e necessaria, ma ha finalita meramente esecutive del progetto di distribuzione, che non puo essere ridiscusso. (Cass. n. 9285 del 2912; (ord.) n. 23393 del 2012).
Da tali principi emerge che lesegesi dellarticolo 565 c.p.c., tanto nel testo vecchio che nel testo nuovo, e stata condotta sostanzialmente assumendosi che il termine per gli interventi tardivi e cio tanto se si tratti di creditori chirografari, quanto se si tratti di creditori privilegiati (articolo 566 c.p.c.), viene identificato in un momento che si collochi prima che abbia luogo linizio dello svolgimento delludienza di cui allarticolo 596 c.p.c., con riferimento alle attivita che debbono compiersi in essa.
Il lontano precedente del 1965 si riferiva ad un caso nel quale, invece, alludienza di cui alarticolo 596 c.p.c., si era constatata la presenza di una nullita relativa allavviso al debitore esecutato e, dunque, un impedimento allo svolgimento dellattivita che in essa si sarebbe dovuta compiere, che aveva imposto di rinviarla ad altra data per il rinnovo dellavviso. Dunque si trattava di un caso in cui ludienza di cui allarticolo 596 quanto alle attivita che in esse si debbono e si possono compiere non si era potuta tenere ed aveva avuto luogo soltanto unattivita (espressione della norma dellarticolo 162 c.p.c.) diretta rimediare ad una nullita che impediva la trattazione per quanto relativo a quelle attivita.
Poiche il differimento delludienza si era concretato nella conseguenza che lattivita di trattazione da compiersi ai sensi dellarticolo 596 c.p.c., e, dunque, la stessa udienza da esso prevista per detta attivita, non era stata possibile si comprende come la fissazione di una nuova udienza pote consentire di ravvisare ammissibile lintervento spiegato nelle more, perche tale intervento bene si poteva e doveva apprezzare come intervento avvenuto prima delludienza ex articolo 596 c.p.c., e cio perche ludienza in cui ebbe luogo il rilievo della nullita, pur fissata nel relativo provvedimento come udienza ai sensi di quella norma, non ebbe tale natura, in quanto non vi si svolse lattivita di cui allarticolo 596 c.p.c., sebbene programmata, bensi soltanto lattivita rimediale alla nullita.
Nel caso che si giudica, invece, ludienza fissata ai sensi dellarticolo 596 c.p.c., ebbe luogo, come ha allegato lo stesso ricorrente e come si rileva dal verbale da lui prodotto, con unattivita di trattazione tipicamente propria di essa, perche in essa si constato che vi era stato lintervento di un creditore no contemplato nel piano di riparto, cioe il (OMISSIS), e si rilevo, da parte del giudice dellesecuzione, lopportunita di un rinvio per un aggiornamento del riparto, fissando anzi un termine per il deposito al 4 novembre 2003.
Dunque, non solo non si fece luogo ad un rinvio per rimediare a pregresse nullita impedienti lo svolgimento dellattivita di trattazione propria delludienza di cui allarticolo 596 c.p.c., ma si fece invece luogo ad una attivita riconducibile proprio al profilo funzionale di essa.
Il rinvio per laggiornamento del piano di riparto in ragione di un intervento tardivo avvenuto prima delludienza de qua ma dopo la sua predisposizione e, infatti, attivita che certamente rappresenta attivita da svolgersi in seno alludienza di cui allarticolo 596 c.p.c.: cio, per il fatto stesso che, essendo gli interventi tardivi ammissibili prima della detta udienza e dunque anche in un momento in cui, sulla base della situazione degli interventi pregressi, il piano di riparto da discutere sia gia stato depositato e comunicato con la fissazione delludienza per laudizione dei creditori e del debitore (come impongono i testi dellarticolo 596 ante e dopo la riforma del 2006, le cui modifiche non rilevano in parte qua), e palese che la verificazioni di interventi dopo che sia intervenuto quel deposito e dopo la comunicazione e fissazione delludienza, impone proprio in essa nuove valutazioni relative al riparto in quanto possano e debbano avere rilevanza i detti interventi. Poiche tali valutazioni del giudice, degli altri creditori e del debitore e, dunque, la relativa attivita, non possono che svolgersi, come si sono svolte nella specie, proprio nelludienza ex articolo 596 c.p.c., e palese che quanto avvenuto nelludienza del 17 ottobre 2003 fu nella specie attivita di espletamento delludienza di cui a detta norma ed il rinvio alludienza del 14 novembre determino soltanto la prosecuzione di tale udienza in altra data.
Ne segue che, essendo pacifico che lintervento del ricorrente avvenne nelle more di tale rinvio (13 novembre 2003), esso si colloco come intervento oltre il termine perentorio fissato dallarticolo 565 c.p.c., perche non avvenuto prima delludienza ex articolo 596 c.p.c., bensi quando essa era gia iniziata ed era stata rinviata per la prosecuzione.
La previsione nellarticolo 565 vecchio e nuovo teste del momento finale degli interventi chirografari tardivi in prima delludienza di cui allarticolo 596 c.p.c., implicava come implica a ben vedere che il termine ultimo e perentorio per tali interventi (e non diversamente e da dire per quelli dellarticolo 566 c.p.c.) si identificasse e si identifichi in un momento anteriore alla data ed allora (dato che la norma, nelluno come nellaltro testo, si riferisce genericamente alludienza, che e fissata in una certa data e ad una certa ora) fissata per ludienza dellarticolo 596 c.p.c., in quanto tale udienza avesse avuto o abbia luogo con lo svolgimento della attivita da compiersi in essa secondo il suo profilo funzionale e dunque con unattivita di trattazione anche non esaurita che ne fosse o ne sia espressione.
Ove, invece, come nel caso della remota decisione del 1965 tale attivita di trattazione non avesse avuto o non abbia luogo alludienza alluopo fissata per una nullita impediente e da rimediarsi con la fissazione di altra udienza, lintervento restava come resta possibile.
La ragione dellesclusione della preclusione degli interventi tardivi per effetto della tenuta delludienza ai sensi dellarticolo 596 c.p.c., soltanto con un simile contenuto si rinviene agevolmente tenendo conto che in questo caso ludienza non ha luogo con lo svolgimento dellattivita che vi si dovrebbe svolgere secondo il suo profilo funzionale, bensi con unattivita che serve per disporre una nuova udienza in modo rituale: dunque non avrebbe senso escludere interventi prima di essa perche lesclusione si risolverebbe nel precludere quello che la norma dellarticolo 565 ammette come possibile prima delludienza in cui abbia luogo lattivita di cui allarticolo 596 c.p.c..
Si deve ancora osservare che al caso ora considerato va aggiunto quello in cui alludienza fissata abbia luogo un mero rinvio senza alcuna attivita di trattazione, come per ragioni di ufficio (ad esempio derivanti da impedimento del giudice e simili): anche in tal caso, infatti, non essendosi svolta alcuna attivita di trattazione ai sensi dellarticolo 596 c.p.c., il consentire interventi nelle more della nuova udienza di mero rinvio si risolveva e si risolve nellammettere tali interventi in non diversa guisa da come si dovevano e si debbono ammettere interventi dopo il deposito e la comunicazione del riparto e la fissazione delludienza, ma prima di essa.
E, dunque, non ve ragione per non adottare la stessa soluzione adottata per il caso di nullita impediente lo svolgimento delludienza.
p.1.4.2. Va rilevato, in fine, che il consentire un intervento al di fuori dellipotesi di rinvio delludienza di cui allarticolo 596 c.p.c. per una nullita o dufficio, ed in particolare quando il rinvio avviene dopo unattivita di trattazione come nella specie risulta lettura della norma preclusa dal tenore dellarticolo 565 c.p.c., tanto nel vecchio che nel nuovo testo, la dove si rifletta sulla circostanza che la formulazione usata dal legislatore per sancire in modo perentorio, come se visto, il momento finale dellintervento tardivo, e ben diversa da quella usata per il diverso termine per gli interventi tempestivi.
Nellarticolo 565 si faceva come si fa riferimento al prima delludienza prevista dallarticolo 596 c.p.c., mentre nellarticolo 563, comma 2, ed ora nellarticolo 564, si fa riferimento al non oltre la prima udienza fissata per lautorizzazione alla vendita. Dire prima delludienza significa che lattivita da compiersi si deve collocare anteriormente alludienza, per cui se questa si tiene con unattivita di trattazione e, quindi, prosegue in altra udienza, non era come no e possibile ritenere che interventi successivi fossero e siano possibili. Dire invece non oltre la prima udienza, implica che lattivita possa compiersi anche durante il suo svolgimento e costringe ad interrogarsi non tanto sul se, come scontato, lintervento sia possibile in caso di mero rinvio di detta udienza, quanto sul se sia possibile anche in unudienza in prosecuzione, dopo unudienza di trattazione non conclusasi con lemissione dellordinanza di vendita (cosa che ha fatto Cass. n. 689 del 2012 precisando che In tema di espropriazione immobiliare, lintervento dei creditori sia ai sensi dellarticolo 563 c.p.c., applicabile agli interventi avvenuti prima del 1 marzo 2006, ed abrogato dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3, lettera e), n. 22, convertito nella Legge 14 maggio 2005, n. 80, sia ai sensi dellarticolo 564 c.p.c., come sostituito dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3, lettera e), n. 23, convertito nella Legge n. 80 del 2005 e tempestivo se avvenuto anche oltre la prima udienza fissata per lautorizzazione della vendita, quando, per qualsiasi causa, questa sia stata differita, sempreche sia avvenuto prima dellemissione dellordinanza di vendita).
p.1.4.3. Giusta le svolte considerazioni la seconda censura si deve rigettare sulla base del seguente principio di diritto: Tanto nel regime dellarticolo 565 anteriore alla sostituzione operata dal Decreto Legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 80 del 2005, quanto nel regime successivo a tale sostituzione, la previsione come momento ultimo della possibilita di un intervento tardivo del creditore chirografario prima delludienza di cui allarticolo 596 c.p.c., andava e va intesa nel senso che tale intervento e ormai precluso dopo che tale udienza abbia avuto inizio (nella data e nellora fissate) ed abbia avuto luogo con unattivita di trattazione effettiva ai sensi di detta norma, ancorche venga disposto dopo di essa rinvio in prosecuzione della trattazione, mentre esso resta ancora possibile: a) qualora detta udienza, venga tenuta non gia con lo svolgimento di una simile attivita di trattazione, bensi con il solo compimento di attivita dirette a rimediare ad una nullita impediente il suo rituale svolgimento e dunque abbia luogo una trattazione solo a questo scopo ed in funzione delladozione del provvedimento per rimediare alla nullita, seguendone la fissazione di una nuova udienza per la trattazione ai sensi dellarticolo 596; b) nel caso in cui ludienza non abbia luogo per mero rinvio derivante da ragioni dufficio. In tali casi lintervento e possibile ancora prima delludienza di rinvio.
Per completezza si osserva che la stessa regolamentazione trova applicazione agli interventori privilegiati di cui allarticolo 566 vecchio e nuovo testi c.p.c., data lidentita di formulazione del requisito temporale di ammissibilita del loro intervento tardivo.
p.2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dellarticolo 91 c.p.c., e segg. (articolo 360 c.p.c., n. 3).
Il motivo addebita inizialmente alla Corte lagunare di avere proceduto ad una liquidazione delle spese giudiziali identica per tutte le parti vittoriose, ma poi si limita ad evocare, riportandolo, un passo motivazionale di Cass. n. 21371 del 2009, che riguarda il dovere del giudice di indicare il sistema di liquidazione adottato, e, quindi, deduce che la Corte veneta ha proceduto esattamente in senso contrario al dovuto, effettuando una liquidazione costituita da una globale liquidazione dei compensi senza motivazione alcuna, rendendo impossibile ogni controllo di conformita alla tariffa professionale, in violazione dellarticolo 91 c.p.c..
p.2.1. Il motivo e inammissibile, attesa la sua assoluta genericita’: si veda per linammissibilita del motivo di ricorso per cassazione generico Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi.
Nella specie, infatti: a) non dice come e perche la liquidazione in misura identica a favore di tutte le parti vittoriose non sarebbe stata giustificata; b) allude, prospettando, peraltro, una diversa questione, ad una liquidazione globale, ma la sentenza impugnata ha liquidato le spese distinguendo diritti ed onorari; c) evoca Cass. n. 21371 del 2009 pretendendo di valorizzare laffermazione da essa fatta circa lobbligo del giudice di indicare il sistema di liquidazione adottato anche in caso di omesso deposito di nota spese, ma trascura di considerare che detta decisione ha fatto questa affermazione essendo investa di un motivo di ricorso che prospettava quale avrebbe dovuto essere la liquidazione adeguata alla tariffa professionale secondo il tenore della controversia.
p.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione ex articolo 6, comma 1, e articolo 14 della tariffa approvata con Decreto Ministeriale 8/4/2004 n. 127; violazione dellarticolo 112 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3).
p.3.1. Il motivo articola una serie di censure, la cui attivita assertiva e di non facile percezione.
Con quella che parrebbe una prima censura si lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto corretta la liquidazione delle spese nella stessa misura a favore dei vincitori di primo grado e cio ancorche il solo (OMISSIS) avesse postulato linfondatezza del motivo di appello sul punto, adducendo che correttamente il primo giudice ave applicato il criterio del valore desumibile alla stregua dellarticolo 17 c.p.c., comma 2, mentre le altre parti si erano rimesse a giustizia, cosi riconoscendo fondata la doglianza.
La censura in disparte linfondatezza della astratta contestazione circa lapplicazione di quel criterio e della invocazione del criterio del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 6, (giusta il principio secondo cui Il giudizio di opposizione al progetto di distribuzione approvato dal giudice dellesecuzione, ancorche e qualificato dallopponente azione revocatoria del piano di riparto, rientra tra i giudizi di opposizione agli atti esecutivi introdotti ai sensi degli articoli 512 e 617 c.p.c.. Ne consegue che, ai fini della liquidazione delle spese di lite, non trova applicazione il Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, articolo 6, comma 1?: cosi Cass. n. 4222 del 2014) e inammissibile per inosservanza dellarticolo 366 c.p.c., n. 6, in quanto, postulando in sostanza che la Corte territoriale avrebbe erroneamente deciso su un motivo di appello, quello relativo allerroneita della liquidazione delle spese, avrebbe dovuto fornire lindicazione specifica di tale motivo, mentre la sua illustrazione nessuna precisazione svolge al riguardo, astenendosi sia dal riprodurre direttamente il motivo di appello, sia dal riprodurlo indirettamente, indicando la parte in cui nellatto di appello troverebbe corrispondenza.
p.3.2. Con una seconda censura, svolta nelle pagine 25-26, ci si duole che la Corte territoriale abbia disatteso altri profili dellappello riguardo alla liquidazione delle spese da parte del primo giudice, ma anche in tale caso si omette lindicazione specifica dellatto di appello con cui quei profili erano stati dedotti, onde anche tale cesura impinge in violazione dellarticolo 366 c.p.c., n. 6, ed e, pertanto, inammissibile.
p.4. Il ricorso e, dunque, conclusivamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014.
Il Pubblico Ministero ha chiesto la condanna ai sensi dellarticolo 385 c.p.c., u.c., abrogato dalla Legge n. 69 del 2009, articolo 46, ma ultrattivo per il giudizio in corso, stante larticolo 58, comma 1, stessa legge.
La richiesta non puo essere accolta, atteso che la questione di diritto posta con il primo motivo esclude ogni profilo di colpa grave nella proposizione del ricorso, quantomeno con riguardo alla seconda censura, mai esaminata da questa Corte in termini.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione alle tre parti resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate a favore di ciascuna in euro ottomiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.