cassazione civile sentenza 4 dicembre 2014 n 25658

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 4 dicembre 2014, n. 25658

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

– che, con sentenza del 4 aprile 2007, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la sentenza in data 17 gennaio 2001 con la quale il Tribunale di quest’ultima citta’ aveva accolto la domanda proposta dal curatore del fallimento della s.r.l. (OMISSIS) (dichiarato il (OMISSIS)) intesa ad ottenere la revoca, ai sensi dell’articolo 2901 c.c. dell’atto, risalente ai primi mesi del 1994, con cui la societa’ poi fallita aveva venduto alla s.r.l. (OMISSIS) un autoveicolo;

– che, in particolare, la Corte di appello osservava quanto segue: 1) lo stato di insolvenza della s.r.l. (OMISSIS) risultava dal fatto che la societa’ alla data del 31 marzo 1994 era debitrice della (OMISSIS) per un importo di oltre un miliardo di lire, rimasto pressoche’ invariato sino alla dichiarazione di fallimento, mentre non risultava l’esistenza di suoi crediti verso terzi ed il capitale sociale ammontava a lire 95.000.000=; 2) nella specie non era necessaria la prova dell’esistenza e dell’ammontare di crediti preesistenti alla vendita ne’ la prova che dopo di essa il patrimonio del debitore era divenuto insufficiente a soddisfare tali crediti; nella specie, infatti, ricorreva una ipotesi di dolosa preordinazione diretta a pregiudicare la garanzia generica del credito. In tal senso deponeva sia la parziale coincidenza della compagine sociale della s.r.l. (OMISSIS) e della s.r.l. (OMISSIS), sia il fatto che quest’ultima era socia della prima, sia la mancata risposta della convenuta all’interrogatorio formale, sia infine il suo complessivo comportamento processuale caratterizzato dal disinteresse per il giudizio di primo grado nel quale era rimasta contumace e non era comparsa neppure per rendere l’interrogatorio formale;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. (OMISSIS), deducendo: 1) la violazione degli articoli 183, 184, 345, 324 o 346, 112 c.p.c. poiche’ la Corte di appello aveva accolto una domanda che era stata formulata soltanto nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica del giudizio di appello; solo in quella sede, infatti, il fallimento aveva prospettato per la prima volta che la vendita impugnata era stata dolosamente preordinata a frodare i futuri creditori, mentre sino ad allora aveva prospettato soltanto il pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori da una vendita posta in essere, quando la societa’ era gia’ insolvente, con la consapevolezza del pregiudizio da parte tanto del debitore quanto del terzo; 2) violazione degli articoli 2697 e 2901 c.c. e dell’articolo 116 c.p.c. nonche’ vizio di motivazione poiche’ la Corte di appello aveva accolto la domanda malgrado il curatore non avesse offerto non solo la prova dell’esistenza di creditori anteriori all’atto impugnato, ma neppure di creditori successivi e neppure dell’evolversi in peggio del patrimonio del debitore, non valutato nella sua effettiva consistenza, ma solo sotto l’irrilevante profilo del rapporto tra il capitale sociale e l’ammontare di un debito; 3) violazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 116 c.p.c. nonche’ vizio di motivazione poiche’ il carattere pregiudizievole dell’atto era stato desunto dal fatto che la vendita era intercorsa tra societa’ aventi base sociale e amministrazione collegate, senza che l’attore avesse offerto la prova dell’effettiva portata pregiudizievole, da valutare tenendo conto anche dei possibili vantaggi infragruppo; 4) violazione degli articoli 116 e 232 c.p.c. poiche’ erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto rilevante la mancata risposta all’interrogatorio formale, considerato che lo stesso era stato deferito al legale rappresentante di altra societa’ (la s.r.l. (OMISSIS)) e verteva su circostanze estranee alla causa; inoltre, erroneamente la sentenza impugnata aveva dato rilievo alla contumacia della s.r.l. (OMISSIS) nel giudizio di primo grado, mentre aveva trascurato di considerare il comportamento della curatela che aveva deferito interrogatorio formale a soggetti estranei alla lite, aveva inammissibilmente esibito in appello documenti nuovi ed aveva mutato linea difensiva;

che il fallimento resiste con controricorso, illustrato anche con memoria;

– che il primo motivo e’ fondato; invero, se l’azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l’elemento soggettivo del consilium fraudis e’ sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e nel terzo acquirente del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, e’ richiesta, quale condizione per l’esercizio dell’azione medesima, oltre all’eventus damni, la dolosa preordinazione dell’atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito futuro e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma (v. e plurimis Cass. 9 maggio 2008, n. 11577; Cass. 21 settembre 2001, n. 11916). Cio’ comporta che la prospettazione dell’anteriorita’, ovvero della posteriorita’ del credito, rispetto all’atto dispositivo, muta radicalmente il thema decidendum ed il thema probandum della proposta azione revocatoria, dovendosi nell’un caso allegare e provare il dolo generico, e cioe’ la mera consapevolezza, da parte del debitore e del terzo, del danno che derivava dall’atto dispositivo, e nell’altro, invece, la ricorrenza del dolo specifico, e cioe’ la consapevole volonta’ del debitore e del terzo di pregiudicare le ragioni del creditore futuro. Ne consegue l’inammissibilita’ del mutamento di domanda (Cass. 29 maggio 2013, n. 13446);

– che gli altri motivi sono assorbiti.

P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto in diversa composizione.