Cassazione civile, ordinanza 22 giugno 2016, n. 12917.

Suprema Corte di Cassazione

ordinanza 22 giugno 2016, n. 12917.

(…omissis…)

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.;

“Ritenuto che:

– il Condominio dell’edificio sito in (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo la condanna delle stesse alla rimozione della serra realizzata sulla terrazza del loro appartamento, in quanto vietata dal regolamento condominiale;

– le convenute resistettero alla domanda;

– il Tribunale di Milano accolse la domanda e condanno’ le convenute alla rimozione della detta serra e al ripristino dello stato dei luoghi;

– sul gravame proposto dalle convenute, la Corte di Appello di Milano confermo’ la pronuncia di primo grado;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di quattro motivi;

– resiste con controricorso il Condominio dell’edificio sito in (OMISSIS);

Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, per avere la Corte di Appello omesso di considerare che la realizzazione della serra era stata autorizzata dalla locale amministrazione comunale) appare manifestamente infondato, in quanto le autorizzazioni amministrative esauriscono la loro efficacia nell’ambito del rapporto pubblicistico tra P.A. e privato, senza estendersi ai rapporti tra privati, non potendo – neppure ai fini della legittimita’ di una innovazione ai sensi dell’articolo 1120 c.c., comma 2 da compiersi nell’ambito di un condominio di edificio – incidere negativamente sulle posizioni soggettive degli altri condomini (Sez. 2, Sentenza n. 20985 del 06/10/2014, Rv. 632393);

– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 832 – 1117 – 1120 c.c., per avere la Corte di Appello ritenuto che la serra realizzata dalle convenute alterava la facciata esteriore dell’edificio) appare inammissibile, in quanto sottintende una censura in fatto relativa alla sussistenza di una alterazione della facciata dell’edificio, non proponibile in sede di legittimita’;

– il terzo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., per avere la Corte di Appello omesso di motivare la ritenuta alterazione dell’aspetto architettonico dell’edificio) appare manifestamente infondato, avendo invece la Corte territoriale puntualmente motivato in proposito, sottolineando che la serra ha “dimensioni molto rilevanti, tanto da apparire come un prolungamento dei locali interni dell’unita’ immobiliare delle condomine”, e “insiste sulla facciata, incidendo sull’aspetto della stessa”;

– il quarto motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 c.c. e ss., in relazione all’interpretazione del regolamento condominiale da parte dei giudici di merito) appare inammissibile, sia perche’ l’interpretazione degli atti negoziali e’ tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimita’, sia perche’ la censura non supera la soglia dell’assoluta genericita’;

Ritenuto che il ricorso puo’ essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi rigettato”;

Considerato che:

– il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex articolo 380-bis c.p.c., alla quale non sono stati mossi rilievi critici, rilevando altresi’ l’inammissibilita’ del primo motivo, in quanto nuovo rispetto ai motivi di gravame (cfr. p. 4 della sentenza di appello);

– il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno poste a carico della pane soccombente;

– ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da pane del ricorrente, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in 5.400,00 (cinquemilaquattrocento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da pane del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.