Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
Ordinanza 13 aprile 2016, n. 7201
(…omissis…)
Fatto e diritto
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
“I.G. , condomino del Condominio di (omissis), ha impugnato, con ricorso in data 2 aprile 2005, la deliberazione con cui l’assemblea condominiale, in data 28 febbraio 2005, aveva stabilito di transigere la vertenza esistente tra il Condominio e l’ing. A.G. in materia di corrispettivo per un’attività professionale svolta nell’interesse del Condominio, prevedendosi il versamento della somma di Euro 6.713,94.
Il ricorrente ha dedotto che la delibera impugnata concretizza il vizio dell’eccesso di potere, essendo intervenuta su materia non contemplata dagli artt. 1130 e 1135 cod. civ., non essendo stata presa all’unanimità e avendo pregiudicato i diritti dell’attore quale interventore nel giudizio pendente.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 30 giugno 2006, ha rigettato, in questa parte, l’impugnazione proposta (mentre l’ha accolta relativamente ad un altro capo della domanda, annullando la delibera nella parte in cui stabiliva che l’incarico di completare la pratica di cui alla legge n. 219 del 1981 era affidato all’avv. YYYYY, nonché nella parte in cui disponeva in favore di quest’ultimo il pagamento della somma di euro 300 per la chiusura della vertenza con l’ing. A. ).
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 23 luglio 2013, ha rigettato il gravame dello I. .
La Corte territoriale ha rilevato che, se l’assemblea può decidere di avviare azioni giudiziarie o di resistere ad esse, essa ha anche il potere di transigere le liti, essendo solamente escluso che possa essere decisa dai condomini, a maggioranza, la transazione che abbia ad oggetto i beni comuni, allorché con la stessa viene ad essere realizzato un negozio a carattere dispositivo. Nel caso di specie – ha sottolineato la Corte di Napoli – la lite pendente aveva ad oggetto solo il pagamento di competenze professionali, e quindi esulava dall’ipotesi per le quali era richiesta l’unanimità, ben potendosi quindi approvare la delibera a maggioranza qualificata.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello lo I. ha proposto ricorso, con atto notificato il 20 ottobre 2014, sulla base di un motivo.
L’intimato Condominio ha resistito con controricorso.
Con l’unico mezzo il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione degli arti. 1130 e 1135 cod. civ., in relazione agli artt. 1123 e 1965 cod. civ. Con esso il ricorrente contesta che l’assemblea potesse decidere con il principio di maggioranza la questione transattiva per il pagamento di compensi professionali chiesti dall’ing. A. per l’attività prestata da quest’ultimo per la pratica amministrativa al fine di ottenere un contributo statale sulle spese per la eventuale e futura riattazione dell’edificio condominiale, ai sensi della legge n. 219 del 1981.
Il motivo appare infondato, perché – come già statuito da questa Corte (Sez. II, 16 gennaio 2014, n. 821) – in tema di condominio negli edifici, ai sensi dell’art. 1135 cod. civ., l’assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese d’interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano, essendo necessario il consenso unanime dei condomini, ai sensi dell’art. 1108, terzo comma, cod. civ., solo quando la transazione abbia ad oggetto i diritti reali comuni. E nella specie la Corte d’appello, con congrua motivazione, ha rilevato che la lite transatta era di interesse condominiale, riguardando prestazioni professionali delle quali aveva fruito l’intero condominio.
Il ricorso può essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi rigettato”.
Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;
che i rilievi critici della parte ricorrente non colgono nel segno;
che, difatti, ai sensi dell’art. 1108, terzo comma, cod. civ. (applicabile al condominio in virtù del rinvio operato dall’art. 1139 cod. civ.), è richiesto il consenso di tutti i comunisti – e, quindi, della totalità dei condomini – per gli atti di alienazione del fondo comune, o di costituzione su di esso di diritti reali, o per le locazioni ultranovennali, con la conseguenza che tale consenso è necessario anche per la transazione che abbia ad oggetto i beni comuni, potendo essa annoverarsi, in forza dei suoi elementi costitutivi (e, in particolare, delle reciproche concessioni), fra i negozi a carattere dispositivo. Pertanto, non rientra nei poteri dell’assemblea condominiale – che decide con il criterio delle maggioranze – autorizzare l’amministratore del condominio a concludere transazioni che abbiano ad oggetto diritti comuni;
che nella fattispecie in esame però non si versa nelle ipotesi di cui all’art. 1108, terzo comma, cod. civ., perché la transazione riguarda compensi professionali per l’attività svolta dall’ing. A. nell’interesse del condominio, per avere questi curato la pratica volta ad ottenere i benefici di cui alla legge n. 219 del 1981 per il ristoro dei danni subiti dall’intero edificio condominiale: oggetto della transazione era quindi un mero diritto obbligatorio e non certo un diritto reale dei partecipanti al condominio (uti domini o uti condomini);
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Condominio controricorrente, che liquida in complessivi euro 1.700, di cui euro 1.500 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13