Corte di Cassazione, Ordinanza 27 aprile 2020, n. 8201

Corte di Cassazione, Ordinanza 27 aprile 2020, n. 8201
(…omissis…)
RILEVATO
che:
(OMISSIS) SpA sottoponeva a pignoramento la quota del 50% appartenente a (OMISSIS) di due immobili in comproprieta’ con il marito della stessa. Quest’ultimo proponeva opposizione di terzo ex articolo 619 c.p.c., depositando il ricorso davanti al Tribunale di Livorno e deducendo che i beni erano stati costituiti in fondo patrimoniale. Si costituivano anche il creditore procedente e la (OMISSIS).
Il ricorrente evidenzio’ che il fondo patrimoniale fu costituito con atto pubblico del 30 aprile 2008 da parte di entrambi i coniugi e che a quella data la (OMISSIS) risultava fideiussore di un finanziamento erogato dalla (OMISSIS) spa alla (OMISSIS) srl – di cui era amministratore unico fino al (OMISSIS) – per l’importo di Euro 300.000,00. I due immobili erano stati pignorati dalla banca creditrice, mentre l’atto costitutivo di fondo patrimoniale era divenuto oggetto di azione revocatoria ovvero in subordine di simulazione proposta dalla stessa banca. Il ricorrente contestava l’ammissibilita’ del pignoramento, trattandosi di beni sottratti a quella procedura ex articolo 170 c.c., mentre, la banca creditrice contestava il fondamento della domanda allegando che l’attivita’ imprenditoriale della (OMISSIS), nel cui ambito era stato contratto il debito, non era estranea ai bisogni della famiglia.
Il Tribunale rigettava il ricorso, sull’assunto che era ragionevole ritenere che la (OMISSIS) ritraesse dall’attivita’ imprenditoriale, nel cui ambito il debito era stato contratto, proventi destinati anche alle necessita’ della famiglia.
(OMISSIS) proponeva appello, lamentando che il primo giudice aveva ritenuto il suo pieno inserimento nella (OMISSIS) srl, societa’ che aveva ricevuto il finanziamento, e che il denaro proveniente dal finanziamento era stato interamente utilizzato per acquistare un bene sociale, mentre dall’entita’ dei redditi del marito non poteva farsi discendere alcuna presunzione relativa alla destinazione dei proventi della fideiussione alle esigenze della famiglia.
Nella resistenza della banca, la Corte d’appello accoglieva il gravame, sull’assunto che vi era documentazione in atti, che dimostrava che il finanziamento ottenuto dalla (OMISSIS) srl e garantito con la fideiussione, era stato interamente speso dalla societa’ per l’acquisto di beni strumentali e la banca aveva effettuato il pagamento della somma direttamente alla societa’ fornitrice; quindi il finanziamento era destinato all’attivita’ d’impresa e non a soddisfare esigenze familiari, se non in via assai mediata.
(OMISSIS) spa ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi, mentre la parte debitrice non ha spiegato difese scritte.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo, la banca ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la Corte d’appello aveva erroneamente operato, un’inversione dell’onere probatorio, ritenendo che la banca non avesse provato che il debito contratto dalla Sig.ra (OMISSIS) riguardasse bisogni propri della famiglia e ritenendo che la banca era consapevole che il provente di quel finanziamento fosse destinato a finalita’ aziendali.
Con il secondo motivo, la banca ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 170 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’appello aveva sancito l’impignorabilita’ degli immobili oggetto del fondo patrimoniale, benche’ il debito fosse stato contratto per l’interesse della famiglia, in un’accezione non restrittiva, che ricomprenda in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonche’ al potenziamento della sua capacita’ lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.
Il primo motivo e’ infondato perche’ la Corte d’appello, lungi dall’invertire l’onere probatorio, ha invece accertato in fatto la effettiva destinazione del finanziamento, oggetto di fideiussione, all’acquisto di beni strumentali da parte della societa’ favorita, ed ha, poi, escluso (in diritto, sul che verte il secondo motivo di ricorso) che tale finalita’ possa qualificarsi inerente ai bisogni della famiglia ai sensi dell’articolo 170 c.c..
Il secondo motivo e’ infondato.
Infatti, se il credito per cui si procede e’ solo indirettamente destinato alla soddisfazione delle esigenze familiari del debitore, rientrando nell’attivita’ professionale da cui quest’ultimo ricava il reddito occorrente per il mantenimento della famiglia, non e’ consentita, ai sensi dell’articolo 170 c.c., la sua soddisfazione sui beni costituiti in fondo patrimoniale. La giurisprudenza di questa Corte richiamata in ricorso (Cass. n. 4011/13, 5385/13, 5684/06) si limita ad affermare la necessita’ di una interpretazione non restrittiva delle esigenze familiari, da non ridurre ai soli bisogni essenziali della famiglia, ma non si spinge certo sino a sostenere la tesi della ricorrente.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dei debitori esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto,
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.