Corte di Cassazione, Ordinanza 4 settembre 2020, n. 18465.
(…omissis…)
FATTI DI CAUSA
- (OMISSIS), in qualita’ di proprietaria di un alloggio facente parte di un caseggiato costituito da tre unita’ abitative, sito in (OMISSIS), con ricorso per nunciazione di nuova opera lamentava che nel marzo 2005 la convenuta (OMISSIS), proprietaria di altro alloggio nel medesimo caseggiato confinante con quello dell’attrice, aveva dato avvio a lavori di scavo nelle aree di proprieta’ destinate a giardino site nel predetto condominio. Cio’ al fine di realizzare un box, un ripostiglio interrato, e una piscina in violazione di quanto previsto negli atti di acquisto delle unita’ immobiliari di entrambe le parti e nel regolamento di condominio.
- Il Tribunale accoglieva il ricorso di enunciazione ed ordinava l’immediata cessazione dei lavori. Nel successivo giudizio di merito l’attrice chiedeva accertarsi il proprio diritto a non vedere costruire o manomettere l’area a verde privato tramite le opere realizzate dalla convenuta, oltre al risarcimento del danno.
- Il Tribunale accertava l’esistenza a favore dell’immobile dell’attrice di una servitu’ attributiva del diritto di pretendere che l’area confinante di proprieta’ della (OMISSIS) rimanesse a verde con destinazione a giardino e che nessun manufatto fosse su di esso edificato. Condannava, quindi, la signora (OMISSIS) a demolire esclusivamente la piscina, rimuovere le piastrelle dell’area antistante la zona giorno, nonche’ a ripristinare le area a giardino su cui dette opere insistevano. Quanto alla domanda riconvenzionale la dichiarava inammissibile in quanto non dipendente dal titolo dedotto in giudizio.
- Sheila (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza e (OMISSIS), a sua volta, proponeva appello incidentale.
- La Corte d’Appello rigettava tanto l’appello principale quanto l’appello incidentale.
in particolare, quanto all’appello principale evidenziava in primo luogo la legittimazione attiva di (OMISSIS), poiche’ la convenuta non aveva mai contestato la proprieta’ della (OMISSIS) sul fondo dominante, limitandosi a rilevare che la costruzione della servitu’ era avvenuta per atto scritto di cui non faceva parte la stessa (OMISSIS), essendo intervenuto tra l’originario proprietario venditore dell’immobile e la (OMISSIS).
Tale eccezione non rilevava, in quanto nell’atto pubblico di compravendita, stipulato tanto dall’attrice quanto dalla convenuta, le aree di proprieta’ privata dovevano essere lasciate a verde con destinazione a giardino e nessun tipo di manufatto provvisorio o definitivo poteva essere ivi edificato. Le suddette aree non potevano essere manomesse se non per la piantumazione di alberi di altezza massima di metri due. Era del tutto evidente, dunque, che detta clausola configurasse un diritto a favore del fondo di proprieta’ della (OMISSIS) a non tollerare modificazioni del terreno dell’appellante (OMISSIS) sulla quale gravava una servitu’ negativa costituita dal costruttore comune dante causa. Si trattava, dunque, di una servitu’ prediale reciproca costituita dal costruttore – venditore al momento della vendita dei vari appartamenti a tutela della quale l’attrice era legittimata ad agire. Le aree individuate come giardino esclusivo attribuito in proprieta’ alle singole unita’ immobiliari erano aree a verde privato.
L’utilita’ della servitu’ consisteva nella maggiore amenita’ del fondo dominante e nel maggior pregio estetico di ciascun fondo garantito dall’impedimento alla realizzazione di interventi edificatori per non compromettere la destinazione a giardino delle aree di proprieta’ privata.
Avuto riguardo al tenore letterale della clausola e alla finalita’ cosi’ individuata la manomissione rilevante era quella che limitava la destinazione a giardino delle aree private. Sicuramente, dunque, era integrata dalla realizzazione di una piscina e dalla piastrellatura dell’area antistante la zona giorno, opere poste in essere dall’appellante nella zona destinata a giardino.
Le decisioni dei giudici amministrativi e dell’autorita’ amministrativa non potevano assumere rilievo e la riconvenzionale era inammissibile.
5.1 L’appello incidentale veniva rigettato in quanto i box e il ripostiglio non erano interrati e non incidevano sulla destinazione a giardino dei luoghi di causa. - (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.
- (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
- Con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza la ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE - Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione dell’articolo 1058 c.c. e segg. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
A parere della ricorrente la clausola contenuta negli atti di acquisto della proprieta’ era generica e non idonea a costituire una servitu’, non contenendo gli elementi utili atti ad individuare il contenuto oggettivo del presupposto sul fondo servente. L’atto non conteneva neanche l’identificazione del preteso fondo servente e, tantomeno, di quello dominante, e non poteva ritenersi una servitu’ reciproca perche’ dagli atti notarili il vincolo di ciascuna delle due porzioni non era reciprocamente istituito per l’utilita’ dell’altra e nei rispettivi atti di acquisto non vi erano espressi riferimenti alle altrui proprieta’ ma esclusivamente al fondo oggetto delle compravendite.
Laddove voleva istituirsi una servitu’ era stata espressamente prevista come per quella di pedonale e di passo carraio. - Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione articolo 1027 c.c. e seguenti in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
A parere della ricorrente anche volendo considerare la clausola contrattuale in esame quale clausola costitutiva di una servitu’ prediale essa comunque non corrispondeva ai requisiti stabiliti dalla legge in merito alla costituzione di servitu’ prediali tenuto conto della mancata definizione delle aree interessate e del mero riferimento generico ad aree private. La volonta’ del costruttore-venditore, dunque, era semplicemente quella di evitare che si realizzassero opere in grado di ledere il diritto di veduta dei vicini limitando gli alberi a una altezza di metri due.
La realizzazione della piscina e il piastrellamento del giardino non avevano inciso sul diritto di eredita’ della signora (OMISSIS) come del resto aveva rilevato anche il Tar della Liguria che aveva evidenziato che le opere avrebbero dovuto considerarsi meri elementi di arredo accessori alla costruzione principale ed inidonei a modificare la destinazione a verde privato del fondo. - Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione degli articoli 75 e 81 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
La Corte d’Appello di Genova avrebbe erroneamente ritenuto legittimata attiva la signora (OMISSIS) e legittimata passiva la signora (OMISSIS), sul presupposto insussistente circa l’esistenza di una servitu’ prediale reciproca.
A parere della ricorrente, invece, tale legittimazione mancava, in quanto il vincolo d’uso oggetto del procedimento era sorto in virtu’ di un contratto di compravendita, in relazione al quale solo la parte venditrice era legittimata ad agire.
3.1 I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
La Corte di merito ha specificamente e coerentemente argomentato, come innanzi riassunto in narrativa, le ragioni della decisione adottata sulla servitu’ in oggetto, senza incorrere nella denunciata violazione o falsa applicazione dell’articolo 1027 e ss. e articolo 1058 c.c. e ss..
In particolare, la Corte d’Appello ha evidenziato che, con il contratto di compravendita dell’immobile della ricorrente, cosi’ come con quello della controricorrente, il proprietario-venditore aveva costituito una servitu’ prediale reciproca a non tollerare modificazioni delle aree individuate come giardino esclusivo attribuito in proprieta’ alle singole unita’ immobiliari che dovevano rimanere destinate a verde.
Le censure proposte con i motivi in esame in realta’ si risolvono nella critica all’interpretazione fatta dalla Corte d’Appello, in conformita’ con quella del Tribunale, dell’atto negoziale di costituzione della servitu’.
Il collegio intende dare continuita’ al seguente principio di diritto: “Ai fini della costituzione convenzionale di una servitu’ prediale non si richiede l’uso di formule sacramentali, di espressioni formali particolari, ma basta che dall’atto scritto si desuma la volonta’ delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l’imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario, sempre che l’atto abbia natura contrattuale, che rivesta la forma stabilita dalla legge ad substantiam e che da esso la volonta’ delle parti di costituire la servitu’ risulti in modo inequivoco, anche se il contratto sia diretto ad altro fine” (Sez. 2, Ord. n. 10169 del 2018, Sez. 2, Sent. n. 9475 del 2011).
La diversa interpretazione del contratto proposta dal ricorrente secondo cui non era individuato il fondo servente e mancavano gli elementi costitutivi della servitu’, investe, inammissibilmente, il merito delle valutazioni che la Corte d’Appello ha espresso, nell’ambito dell’accertamento di fatto a lei demandato, e, per l’appunto, espletato sulla base dei criteri ermeneutici di cui all’articolo 1362 c.c. e ss., tenuto conto dello stato dei luoghi e della volonta’ delle parti come emergente dalla complessiva operazione negoziale.
Per accertare l’esistenza, il contenuto e la portata di una servitu’ costituita convenzionalmente, il giudice del merito deve accertare l’intenzione delle parti, fondandosi in primo luogo sulle espressioni letterali usate e, qualora permangano dubbi per insufficienza del criterio utilizzato, deve fare ricorso alle altre regole ermeneutiche contenute negli articoli del codice civile che disciplinano l’interpretazione dei contratti, oltre ai principi dettati in materia di servitu’. Deve, cioe’, tenere presenti le finalita’ che le parti hanno voluto conseguire, considerando lo stato dei luoghi, la consistenza e la ubicazione dei fondi, nonche’ l’utilita’ del fondo dominante che si e’ voluta raggiungere con il peso imposto al fondo servente, secondo il contemperamento delle opposte esigenze per il conseguimento del vantaggio del primo con il minore possibile aggravio del secondo.
Quanto alla utilita’ per il fondo dominante, la Corte d’Appello ha ritenuto che essa dovesse individuarsi nella maggiore amenita’ e nel maggior pregio estetico di ciascun fondo, in conformita’ con la giurisprudenza di legittimita’. Questa Corte ha gia’ affermato, infatti, che: “il concetto di utilitas della servitu’ e’ talmente ampio da ricomprendere ogni elemento che, secondo la valutazione sociale, sia legato da un nesso di strumentalita’ con la destinazione del fondo dominante e si immedesimi obiettivamente nel godimento di questo. In tal modo, puo’ essere soddisfatto ogni bisogno del fondo dominante, assicurandogli una maggiore amenita’, abitabilita’, o anche evitando rumori o impedendo costruzioni che abbiano una destinazione spiacevole o fastidiosa” Sez. 2, Sent. n. 4333 del 1979.
La sussistenza di una servitu’ prediale reciproca tra i fondi, costituita con i rispettivi atti di acquisto della proprieta’ regolarmente trascritti, rende evidente l’infondatezza della censura di violazione degli articoli 75 e 81 c.p.c. per mancanza di legittimazione sia dal lato attivo che da quello passivo. - Il ricorso e’ rigettato.
- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
- Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condannala parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 3.000, oltre Euro 200 per esborsi, oltre, (Ndr: testo originale non comprensibile) gli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.