Cassazione civile, sentenza 11 novembre 2015, n. 22989

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 11 novembre 2015, n. 22989

(…omissis…)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il geom. (OMISSIS), in proprio e quale amministratore unico delle societa’ (OMISSIS) ed Impresa (OMISSIS), cito’ in giudizio la (OMISSIS) per essere risarcito dei danni derivati dal mancato adempimento di un mandato ad acquistare beni immobili conferito a se’ ed alle due societa’. Il Tribunale di Verbania accolse la domanda per la sola parte di mandato che poteva essere conferito oralmente dalla direzione generale della banca, liquidando in favore del solo geometra (OMISSIS) la somma di euro 35.000,00, equitativamente determinata in misura pari al 50% della somma richiesta. La Corte di Torino ha respinto gli appelli proposti da ambedue le parti.

Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS) a mezzo di tre motivi. Risponde con controricorso la (OMISSIS) scpa (incorporante la (OMISSIS) spa), la quale propone ricorso incidentale svolto in un solo motivo. Il (OMISSIS) ha depositato memoria per l’udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per ragioni di ordine logico occorre procedere prima all’esame del ricorso incidentale della (OMISSIS) (violazione di legge) che censura il punto in cui la sentenza ha accertato che la banca aveva conferito al (OMISSIS) un mandato privo di rappresentanza avente ad oggetto il compimento di una serie di atti giuridici prodromici e finalizzati alla conclusione dell’eventuale operazione immobiliare. In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto nulla per difetto di forma scritta quella parte di mandato che, secondo il (OMISSIS), avrebbe obbligato la banca a riacquistare l’immobile che il (OMISSIS) stesso aveva acquistato da una terza societa’, mentre ha ritenuto valido il mandato senza rappresentanza conferito dalla banca direttamente al (OMISSIS) (perche’ non necessitante la forma scritta ad substantiam) e concernente solo l’attivita’ preparatoria e d’indagine circa la fattibilita’ di una complessa operazione immobiliare. La banca ricorrente sostiene, invece, che il mandato, con o senza rappresentanza, ad acquistare o a vendere beni immobili richiede la forma scritta ad substantiam. Il motivo e’ infondato per essersi la sentenza adeguata al piu’ recente ed ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in ragione del quale, in ossequio al principio di liberta’ delle forme, il mandato senza rappresentanza per l’acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta, che occorre soltanto per gli atti, come la procura, che costituiscono presupposto per la realizzazione dell’effetto reale del trasferimento della proprieta’ (tra le varie, cfr. Cass. n. 20051/13; n. 12848/06; n. 14637/00).

Passando ora al ricorso principale, il suo primo motivo censura la sentenza per vizio della motivazione “in relazione, in particolare, alla mancata prova delle spese sostenute dal mandatario ed alla analisi e quantificazione del loro esatto ammontare sulla base delle risultanze istruttorie”.

Il motivo e’ inammissibile, sia perche’, nel completo travisamento del giudizio di cassazione, si risolve nella mera contrapposizione delle proprie tesi difensive alle vaste e puntuali argomentazioni contenute sul punto in sentenza (sicche’, la censura esula del tutto dall’ambito del giudizio di cassazione come delineato dall’articolo 360 c.p.c., n. 5 nella formulazione vigente all’epoca), sia perche’ finisce con il chiedere alla Corte di legittimita’ una nuova valutazione degli elementi probatori emersi in atti ed un diverso giudizio di merito, sia perche’ non assolve all’onere di autosufficienza.

Altrettanto inammissibile e’ il secondo motivo, che lamenta la violazione di legge ed il vizio della motivazione in ordine al punto in cui “la Corte d’appello ha dimezzato, da 70.000 a 35.000 euro, il compenso per il mandato richiesto dal geom. (OMISSIS)”. Vi si sostiene che le spese vi sono state, che esse ammontavano a circa 520.000 euro e, dunque, anche le motivazioni che sorreggono la dimidiazione del compenso del mandatario vengono a cadere. Il motivo e’, dunque, essenzialmente collegato all’accoglimento del primo motivo (che e’ stato, invece, dichiarato inammissibile) e, comunque, si manifesta generico e non autosufficiente nella maniera in cui contesta l’esercizio del potere equitativo del giudice di merito.

Inammissibile e’ il terzo motivo che censura l’intera compensazione delle spese di lite disposta dal giudice del merito. Nella specie, la compensazione e’ motivata (cfr. la sentenza a pag. 28) congruamente e logicamente, sicche’ contro di essa non puo’ essere mosso rilievo di legittimita’. In conclusione, dichiarato inammissibile il ricorso principale e rigettato quello incidentale, vanno interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.