Cassazione civile, sentenza 5 luglio 2016, n. 13658

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 5 luglio 2016, n. 13658

(…Omissis…)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 21.12.2005 la ” (OMISSIS)” citava a comparire innanzi al tribunale di Chiavari (OMISSIS).
Esponeva che con preliminare del 28.3.2002 il convenuto aveva promesso di venderle ed essa attrice aveva promesso di acquistare un appezzamento di terreno in (OMISSIS), in catasto terreni al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS); che con rogito per notar (OMISSIS) del 16.4.2003 era stato stipulato il definitivo, ove il terreno venduto era indicato come riportato in catasto al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), di are 70.50.
Esponeva altresi’ che, assunto il possesso del fondo, aveva acclarato, da un canto, a seguito di rilievo planimetrico, che il terreno aveva la minor consistenza di are 67.78, dall’altro, a seguito delle verifiche compiute presso l’ufficio del catasto, che con frazionamento del 26.7.2002 il venditore aveva ridotto ad are 67.78 l’originaria particella n. (OMISSIS), identificata ex novo con il mappale n. (OMISSIS).
Esponeva quindi che il venditore doveva reputarsi inadempiente agli obblighi su di lui gravanti, segnatamente all’obbligo di consegnare la res compravenduta nello stato in cui si trovava.
Chiedeva che il convenuto fosse condannato a consegnarle il bene compravenduto nella sua integrale consistenza quale risultante dal rogito (OMISSIS) e, specificamente, la porzione eccedente la superficie di are 67.78, scaturita – quest’ultima – dal frazionamento dell’originario mappale n. (OMISSIS), nello stato in cui trovavasi al di’ della stipula del preliminare nonche’ a risarcirgli il danno sofferto con il favore delle spese.
Si costituiva (OMISSIS); instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Deduceva gli accordi tra le parti intercorsi avevano avuto ad oggetto non gia’ l’intera superficie del mappale n. (OMISSIS), sibbene solo ed esclusivamente la parte delimitata in rosso nella planimetria allegata al preliminare; che dunque con il frazionamento catastale si era data puntuale attuazione all’intesa siglata ed il frazionamento era avvenuto con il pieno consenso dell’attrice.
Con sentenza n. 196/2007 il tribunale adito rigettava la domanda e condannava l’attore alle spese di lite.
Interponeva appello la ” (OMISSIS)”.
Resisteva (OMISSIS).
Con sentenza n. 953 dei 1.6/26.8.2010 la corte d’appello di Genova rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Premetteva la corte che “ne’ l’una ne’ l’altra mappa, rispettivamente prodotte dalle parti quali allegati al preliminare del marzo 2002, recano qualsivoglia sottoscrizione” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 5), sicche’ ne’ l’una ne’ l’altra valevano ai fini dell’individuazione di quanto poi effettivamente compravenduto.
Indi esplicitava che “il mappale (OMISSIS) fu comunque frazionato dal proprietario qualche mese dopo, e cioe’ nel luglio del 2002, e la conoscenza di tale circostanza da parte della Societa’ promittente acquirente trova, d’altro canto, riscontro documentale nelle produzioni 2 e 4 del (OMISSIS)” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 6); che invero era stata la medesima societa’ appellante ad identificare, nella lettera inviata al (OMISSIS) il 3.12.2002, il terreno da acquistare con il mappale n. (OMISSIS), scaturito dal frazionamento dell’originaria particella n. (OMISSIS); che, al contempo, nel rogito (OMISSIS) “l’oggetto della compravendita viene descritto quale terreno ulivato e vignato confinante, tra l’altro, con il mappale (OMISSIS)” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 6), ossia con la particella di are 2.72 scaturita, unitamente alla particella n. (OMISSIS), dal frazionamento del 26.7.2002.
Esplicitava pertanto che alla stregua degli operati rilievi, segnatamente, della rilevanza decisiva da attribuire alla descrizione del bene contenuta nell’atto definitivo, non potevano “essere assecondate le doglianze della Societa’ appellante” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 6); che propriamente doveva opinarsi nel senso che “l’atto di trasferimento abbia comportato un ridimensionamento dell’estensione del terreno compravenduto rispetto alle precedenti pattuizioni, sebbene non accompagnato da variazioni sul prezzo rispetto a quello in precedenza stabilito” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 7).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la ” (OMISSIS)”; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.
(OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimita’.
La societa’ ricorrente ha depositato memoria a articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico articolato motivo la ricorrente deduce “violazione degli articoli 1470, 1476, 1477 e 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c., per erronea e incongrua valutazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” (cosi’ ricorso, pag. 4).
Adduce che, se fosse stata compromessa in vendita una porzione del mappale (OMISSIS), “lo stesso venditore si sarebbe dato carico (…) di indicare la porzione compromessa e di accennare (…) al necessario frazionamento” (cosi’ ricorso, pag. 5); che, in pari tempo, (OMISSIS) ha promesso in vendita il terreno quale pervenutogli per successione legittima della madre e, percio’, l’intero mappale n. (OMISSIS) e non gia’ una sua porzione.
Adduce inoltre che “le assolute certezze che emergono dalle risultanze dell’atto pubblico 16.04.03 sono: il trasferimento del mapp. (OMISSIS) del f. (OMISSIS); il trasferimento del terreno della superficie di are 70 e ca 50 (…); il trasferimento dell’intero mapp. (OMISSIS) della consistenza di are 70 e ca 50 cosi’ come pervenuto al venditore dalla successione di A. (OMISSIS); il trasferimento dell’intero mapp. (OMISSIS) con la destinazione urbanistica come documentato dalla relativa certificazione allegata al rogito” (cosi’ ricorso, pag. 9); che e’ ben vero che il rogito riporta il mappale (OMISSIS) che piu’ non esisteva, “ma, per converso, in tutto il rogito non appare mai la indicazione del mapp. (OMISSIS) che si pretende venduto” (cosi’ ricorso, pag. 9); che “il definitivo 16.04.03, in perfetta adesione al preliminare del 20.03.02 (…), indica compiutamente ed incontestabilmente come venduto il bene al mapp. (OMISSIS) di mq. 7.050” (cosi’ ricorso, pag. 9).
Adduce ancora che incongruo e’ il riferimento che la corte di merito ha operato alla “mancata proposizione (…) da parte dell’acquirente (…) dell’azione di annullamento del negozio per vizio della volonta’ (…), perche’ all’evidenza non si versa, nella fattispecie, in alcuna ipotesi di vizio della volonta’ (…), ma semplicemente di erronea indicazione, da parte del notaio rogante, di un confine catastale (col mapp. (OMISSIS)) nell’ambito dell’elencazione dei soli confini catastali (…) e di un solo confine reale” (cosi’ ricorso, pag. 11).
Il ricorso e’ infondato e va respinto.
Va previamente ribadito l’insegnamento di questo Giudice del diritto secondo cui l’elemento distintivo tra contratto definitivo e contratto preliminare di vendita e’ dato dalla volonta’ delle parti, che nel contratto definitivo e’ rivolta direttamente al trasferimento della proprieta’ o di altro diritto, mentre nel contratto preliminare fa dipendere tale trasferimento da una futura manifestazione di consenso che gli stessi contraenti si obbligano a prestare; con la conseguenza che, allorche’ le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano poi addivenute alla stipulazione di un contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalita’ e condizioni, puo’ anche non conformarsi a quella del preliminare, senza che per cio’ sia necessario un distinto accordo novativo; e con la conseguenza ulteriore che, a tale stregua, in sede di interpretazione del contratto definitivo, non vi e’ alcun obbligo per il giudice del merito di valutare il comportamento delle parti ex articolo 1362 c.c., comma 2e di prendere in considerazione il testo del contratto preliminare (cfr. Cass. 18.4.2002, n. 5635; in tale circostanza questa Corte, nel fare applicazione del suindicato principio con particolare riferimento all’individuazione del contenuto del rapporto stipulato dalle parti, ha osservato che in sede di stipulazione del preliminare le parti possono anche determinare un oggetto piu’ ampio di quello successivamente trasfuso nel contratto definitivo, senza che cio’ tuttavia assuma alcuna rilevanza ai fini dell’identificazione del contenuto delle determinazioni definitive).
Su tale scorta si osserva quanto segue.
Per un verso, che le prospettazioni – tra le altre – della ricorrente, secondo cui “le assolute certezze che emergono dalle risultanze dell’atto pubblico 16.04.03 sono: (…)” (cosi’ ricorso, pag. 9) e secondo cui l’erroneo riferimento del notaio, in sede di indicazione dei confini, al mappale n. (OMISSIS) non puo’ “travolgere, azzerare ed espellere dal testo del rogito la sola ed effettiva realta’, la vendita del mapp. (OMISSIS), espressamente indicato nella sua identita’ (…) nella sua consistenza (mq. 7050) nella sua documentazione catastale, nella sua certificazione urbanistica” (cosi’ ricorso, pag. 8), costituiscono indice evidente che le censure che il ricorso veicola, risolvono la materia del contendere – pur in questa sede di legittimita’ – propriamente in una quaestio ermeneutica (non si condivide, pertanto, il “riduttivo” rilievo finale della ricorrente, a tenor del quale “si versa, nella fattispecie, in (…) ipotesi di (…) di erronea indicazione, da parte del notaio rogante, di un confine catastale (col mapp. (OMISSIS)) nell’ambito dell’elencazione dei soli confini catastali (…) e di un solo confine reale”: cosi’ ricorso, pag. 11).
Per altro verso, che nel segno dell’operata qualificazione della res litigiosa non hanno precipua valenza le prospettazioni della ricorrente, specificamente afferenti alla pattuizione preliminare, secondo cui – tra le altre – nel preliminare si legge testualmente “porzione di terreno agricolo in (OMISSIS), distinto al N.C.T. di (OMISSIS) al foglio (OMISSIS), partita (OMISSIS), mapp. (OMISSIS), delimitato in rosso nella planimetria che sottoscritta dalle parti viene allegata al presente atto”, e secondo cui “l’unica certezza e l’unica realta’ e’ che e’ stato compromesso il mapp. (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) (…), e non una frazione dello stesso” (cosi’ ricorso, pag. 5).
In ogni caso nei termini della patrocinata qualificazione della vicenda controversa de qua agitur, non possono che esplicar valenza – in rapporto all’interpretazione del rogito ” (OMISSIS)” del 16.4.2003 – gli insegnamenti di questo Giudice del diritto.
Ovvero, l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attivita’ riservata al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioe’ tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).
Ovvero l’insegnamento secondo cui ne’ la censura ex n. 3) ne’ la censura ex n. 5) dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione; d’altronde, per sottrarsi al sindacato di legittimita’, sotto entrambi i cennati profili, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni (plausibili), non e’ consentito – alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in sede di legittimita’ del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).
All’insegna delle enunciate indicazioni nomofilattiche si rappresenta ulteriormente quanto segue.
Da un lato, che l’interpretazione patrocinata dalla corte distrettuale e’ in toto inappuntabile, giacche’, per un verso, non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale (tanto – peraltro – in relazione all’affermazione secondo cui “rilevanza decisiva va attribuita alla descrizione del bene contenuta nell’atto definitivo”: cosi’ sentenza d’appello, pag. 7), giacche’, per altro verso, risulta sorretta da motivazione esaustiva, congrua e logica.
Dall’altro, che l’esperita impugnazione si traduce, in sostanza, nella prospettazione della maggiore plausibilita’ dell’interpretazione di segno contrario.
Tal ultimo rilievo del resto e’ reso ben palese – tra le altre – dalla deduzione della ricorrente secondo cui, quanto all’asserita riduzione dell’estensione del terreno compravenduto avvenuta – a giudizio della corte d’appello – col definitivo, qualora fosse stato acquistato il mappale (OMISSIS), della superficie di mq. 6.778, anziche’ il mappale (OMISSIS), della superficie di mq. 7.050, ne deriverebbe che, in dipendenza degli indici di fabbricabilita’, “si sarebbe compravenduto un terreno inedificabile al prezzo di (…) Euro 20,00 al mq.” (cosi’ ricorso, pag. 7), laddove e’ notorio che nel comune di (OMISSIS) il valore a mq. del terreno non edificabile non e’ superiore ad Euro 2,00/2,50 al mq..
Si rappresenta infine, in ordine alla deduzione secondo cui non esiste prova che essa ricorrente “conoscesse l’avvenuto, e tanto meno convenuto, frazionamento (unilaterale) del mapp. (OMISSIS) compromesso” (cosi’ ricorso, pag. 8), che siffatta deduzione involge gli aspetti del giudizio – interni al discrezionale ambito di valutazione degli elementi di prova e di apprezzamento dei fatti – afferenti al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di siffatto convincimento rilevanti nel segno dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Tale deduzione, dunque, si risolve in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e percio’ in una richiesta diretta all’ottenimento, in parte qua agitur, di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di cassazione (cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394; Cass. sez. lav. 7.6.2005, n. 11789).
Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al rimborso delle spese del grado di legittimita’.
La liquidazione segue come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, ” (OMISSIS)”, a rimborsare al controricorrente, (OMISSIS), le spese del presente giudizio di legittimita’ che si liquidano in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario, i.v.a. e cassa come per legge.