Cassazione civile, sentenza 30 settembre 2016, n. 19403

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

Sentenza 30 settembre 2016, n. 19403

(… Omissis…)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel (OMISSIS) le parti stipularono il preliminare di compravendita di un immobile costituito dalla unificazione di due appartamenti siti in (OMISSIS), per il prezzo di 311 milioni di Lire, di cui 110 versati al preliminare, 180 da versare alla consegna delle chiavi e 21 al rogito. Alla consegna dell’immobile la promissaria acquirente, (OMISSIS), verso’ 50 milioni di Lire.

Nel (OMISSIS) la societa’ venditrice (OMISSIS) snc esercito’ il recesso dal contratto e chiese giudizialmente il rilascio del bene e il risarcimento del danno.

La convenuta eccepi’ l’esistenza di infiltrazioni d’acqua e domando’ in riconvenzionale il trasferimento dell’immobile ex articolo 2932 c.c. e la riduzione del prezzo.

Il tribunale di Bergamo, riconosciuta la maggior gravita’ dell’inadempienza del venditore, ordino’ la restituzione del doppio della caparra.

La Corte d’appello di Brescia ritenne, invece, macroscopico l’inadempimento della convenuta, che aveva omesso il pagamento di 130 milioni di Lire, e modesto l’inadempimento di snc (OMISSIS) srl, (gia’ (OMISSIS) snc, gia’ (OMISSIS) snc), posto che gli allagamenti delle parti comuni del vano sotterraneo e il conseguente malfunzionamento (temporaneo) dell’impianto telefonico erano stati inconvenienti temporanei, mentre la regolarizzazione amministrativa (variante di progetto e certificazione di abitabilita’) era giunta positivamente, senza che la (OMISSIS), gia’ nel godimento del bene, ne risentisse pregiudizio. Dato atto del legittimo recesso dal contratto, la Corte di appello dichiaro’, dunque, legittima la ritenzione della caparra e condanno’ la (OMISSIS) al pagamento dell’indennita’ da occupazione del bene, ragguagliata in 97 milioni di Lire circa per i nove anni di occupazione dell’immobile ((OMISSIS)), oltre spese condominiali.

La promissaria acquirente propose ricorso per cassazione, accolto da questa Corte (sentenza n. 9046 del 2012) con l’affermazione del principio secondo cui “Nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche il giudice di merito e’ tenuto a formulare un giudizio di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire se e quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entita’ degli inadempimenti (tenuto conto non solo dell’elemento cronologico, ma anche e soprattutto degli apporti di causalita’ e proporzionalita’ esistenti tra le prestazioni inadempiute e della incidenza di queste sulla funzione economico-sociale del contratto), si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale”.

Pertanto, la sentenza di legittimita’ incarico’ il giudice del rinvio di valutare anche se alla data prevista per il rogito fossero disponibili i documenti attestanti la regolarita’ urbanistica del bene, quali la concessione edilizia in variante ed il certificato di abitabilita’.

La Corte d’appello di Brescia, quale giudice del rinvio, parzialmente riformando la prima sentenza, ha dichiarato legittimo il recesso esercitato dalla promittente venditrice, atteso l’inadempimento della promissaria acquirente (OMISSIS), e, dunque, legittima la ritenzione della caparra da parte della promittente venditrice, al netto di quanto dovuto alla (OMISSIS) stessa in restituzione dell’acconto di Lire 50 milioni da lei ulteriormente versato. Ha, poi, respinto l’originaria domanda risarcitoria della (OMISSIS) di danni ulteriori (per illegittima occupazione del cespite) rispetto a quelli forfettariamente predeterminati con la ricezione della caparra.

Propone ricorso per cassazione la (OMISSIS) srl attraverso due motivi. Risponde con controricorso la (OMISSIS). La ricorrente ha depositato memoria per l’udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo lamenta la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1385 e 2043 c.c. e concerne il punto in cui la sentenza (pag. 21) afferma che “La scelta dell’attrice di recedere trattenendosi la caparra e’ di ostacolo alla liquidazione degli ulteriori danni da lei reclamati per la protratta occupazione dell’immobile”.

Il motivo e’ fondato.

Occorre qui ribadire il principio in ragione del quale “La somma di denaro che, all’atto della conclusione di un contratto preliminare di compravendita, il promissario acquirente consegna al promittente venditore a titolo di caparra confirmatoria, assolve la funzione, in caso di successiva risoluzione del contratto per inadempimento, di preventiva liquidazione del danno per il mancato pagamento del prezzo, mentre il danno da illegittima occupazione dell’immobile, frattanto consegnato al promissario, discendendo da un distinto fatto illecito, costituito dal mancato rilascio del bene dopo il recesso dal contratto del promittente, legittima quest’ultimo a richiedere un autonomo risarcimento. Ne consegue che il promittente venditore ha diritto non solo a recedere dal contratto ed ad incamerare la caparra, ma anche ad ottenere dal promissario acquirente inadempiente il pagamento dell’indennita’ di occupazione dalla data di immissione dello stesso nella detenzione del bene sino al momento della restituzione, attesa l’efficacia retroattiva del recesso tra le parti (in tal senso, cfr. Cass. nn. 9367/12 e 3704/88).

Sull’ontologia di questo danno cfr. Cass. n. 24510/11 secondo la quale “Il promissario acquirente di un immobile, che, immesso nel possesso all’atto della firma del preliminare, si renda inadempiente per l’obbligazione del prezzo, da versarsi prima del definitivo, e provochi la risoluzione del contratto preliminare, e’ tenuto al risarcimento del danno in favore della parte promittente venditrice, atteso che la legittimita’ originaria del possesso viene meno a seguito della risoluzione lasciando che l’occupazione dell’immobile si configuri come “sine titulo”. Ne consegue che tali danni, originati dal lucro cessante per il danneggiato che non ha potuto trarre frutti ne’ dal pagamento del prezzo ne’ dal godimento dell’immobile, sono legittimamente liquidati dal giudice di merito, con riferimento all’intera durata dell’occupazione e, dunque, non solo a partire dalla domanda giudiziale di risoluzione contrattuale.

Nella specie, il giudice, nell’affermare che la scelta della societa’ di recedere, trattenendosi la caparra, sia di ostacolo alla liquidazione degli ulteriori danni da lei reclamati per la protratta occupazione dell’immobile, ha disatteso i summenzionati principi; sicche’ la sentenza impugnata deve essere cassata, affinche’ il giudice del rinvio di quegli stessi principi faccia corretta applicazione.

Il secondo motivo, che concerne le spese di lite, resta assorbito a seguito dell’accoglimento del primo. Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, anche perche’ provveda sulle spese del giudizio di cassazione.