Suprema Corte di Cassazione sezione II civile sentenza 31 maggio 2017, n. 13782

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 31 maggio 2017, n. 13782

(…Omissis…)

FATTI DI CAUSA

Con atto notificato alla (OMISSIS) s.r.l. in data 4/4/2013 la (OMISSIS) s.p.a. proponeva appello avverso la sentenza n. 33/2013 del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, depositata il 17/1/2013.

Con tale decisione del Tribunale di prima istanza la societa’ appellante era stata condannata al pagamento, in favore della (OMISSIS), della somma di Euro 264.561,31, oltre interessi e spese del giudizio, a titolo di risarcimento dei danni subiti in ragione dell’avvenuta fornitura di un impianto a turbina eolica, acquistato dalla (OMISSIS) s.r.l., poi rilevata dalla (OMISSIS) s.p.a.. A sostegno dell’interposto gravame l’anzidetta (OMISSIS) chiedeva l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione dell’azione di cui all’articolo 1667 c.c., comma 3, ed il conseguente rigetto delle domande formulate dalla appellata, deducendo l’erroneita’ dell’inquadramento, operato dal giudice di prime cure, della fattispecie nell’ambito della vendita di aliud pro alio.

La (OMISSIS) s.r.l. si costituiva, concludendo per la declaratoria di inammissibilita’ del gravame e, nel merito, per il rigetto dello stesso, con vittoria di spese.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 4.12.2013, accoglieva l’appello e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta dalla (OMISSIS) s.r.l..

Tanto sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

  1. premesso che si ha consegna di’ aliud pro alio, che da’ luogo all’azione contrattuale di risoluzione o di adempimento, ai sensi dell’articolo 1453 c.c., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’articolo 1495 c.c., solo allorche’ la cosa sia radicalmente diversa da quella oggetto del contratto e che la mera riduzione di rendimento del bene acquistato e la necessita’ di eseguirvi le necessarie riparazioni rappresentano conseguenze comuni a qualunque tipo di vizio non sufficienti a ritenere che la cosa consegnata fosse radicalmente diversa da quella pattuita, nella specie era stato accertato che la turbina consegnata dalla dante causa della societa’ appellante era stata effettivamente utilizzata dalla appellata per produrre e vendere energia;
  2. il consulente nominato in sede di ATP aveva accertato che i problemi (che avevano determinato il vizio originario dell’impianto ed il relativo fermo) potevano essere completamente risolti con la sostituzione del moltiplicatore di giri (gearbox) danneggiato;
  3. inconferente risultava, quindi, la motivazione del tribunale, che aveva individuato nel tempo di durata medio dell’impianto (venti anni) un elemento idoneo a ricondurre il vizio riscontrato nell’ambito della fattispecie dell’aliud pro alio, posto che i difetti riscontrati nell’impianto potevano essere eliminati, cosi’ garantendo a funzionalita’ dello stesso;
  4. esclusa la sussistenza della fattispecie dell’aliud pro alio, doveva, in assenza di specifico gravame sul punto, ritenersi formato il giudicato sull’avvenuta decadenza dalla garanzia per vizi della cosa venduta (avendo il primo giudice espressamente accertato l’intervenuta decadenza dell’acquirente dalla garanzia per vizi, poiche’ la consegna del bene era avvenuta in data 30.9.2004, laddove la prima segnalazione dei guasti risaliva ad oltre due anni dalla consegna).

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS) s.r.l., sulla base di tre motivi.

La (OMISSIS) s.p.a. ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1322, 1453, 1455, 1490 ss., 1497, 1667 e 1669 c.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte di merito escluso la configurabilita’, nella fattispecie, di una vendita di aliud pro alio, nonostante l’impianto eolico fosse affetto da un vizio strutturale gravissimo e presente ab origine e presentasse periodicamente difetti di funzionamento superabili, di volta in volta, solo con riparazioni costose.

1.1.- Il motivo non puo’ essere accolto.

Questa Corte, anche di recente, ha ribadito che, in tema di compravendita, i vizi redibitori e la mancanza di qualita’, le cui azioni sono soggette ai termini di prescrizione e decadenza ex articolo 1495 c.c., si distinguono dall’ipotesi di consegna di aliud pro alio, che da’ luogo ad una ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini predetti e che ricorre quando il bene consegnato sia completamente diverso da quello venduto, perche’ appartenente ad un genere differente da quello posto a base della decisione del compratore di effettuare l’acquisto, oppure presenti difetti che gli impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti, facendola degradare in una sottospecie del tutto dissimile da quella dedotta in contratto (Sez. 1, Sentenza n. 2313 del 05/02/2016; in tal senso, altresi’, Sez. 2, Sentenza n. 28419 del 19/12/2013).

E’ stato, inoltre, chiarito che l’ipotesi di cosa consegnata completamente diversa da quella pattuita si realizza, oltre che quando la cosa appartenga ad un genere diverso, nel caso in cui si riveli del tutto inidonea ad assolvere la destinazione economico-sociale dedotta come oggetto del contratto (Sez. 2, Sentenza n. 20996 del 13/09/2013; Sez. 2, Sentenza n. 26953 del 11/11/2008).

La tesi prospettata dalla parte ricorrente e finalizzata ad una considerazione espansiva del concetto di aliud pro alio in dipendenza delle innovazioni tecnologiche non puo’ essere qui condivisa.

Tanto anche alla stregua di una ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali in tema degli ultimi anni. L’ampliamento del concetto di aliud pro alio si e’, invero, avuto a partire dalla meta’ degli anni novanta, allorquando la Suprema Corte ebbe ad affermare che il criterio distintivo tra la consegna di aliud pro alio – che da’ luogo all’ordinaria azione di risoluzione per inadempimento ex articolo 1453 c.c., svincolata da termini di decadenza e di prescrizione ai quali sono soggette le azioni ex articolo 1490 e 1497 – e la mancanza delle qualita’ essenziali della cosa compravenduta va individuato sotto il duplice profilo del riferimento sia al genus, sia alla destinazione economico-sociale del bene, valendo quest’ultima ad ampliare l’ambito di operativita’ del criterio del genus, nei casi in cui il bene consegnato sia del tutto insuscettibile di assolvere alla funzione del bene contrattato, in relazione ai bisogni dell’acquirente (Sez. 3, Sentenza n. 593 del 19/01/1995).

Si era, pertanto, in presenza di consegna di aliud pro alio, qualora il bene venduto era completamente diverso da quello pattuito in quanto, appartenendo ad un genere diverso, si rivelava funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res venduta e, quindi, a fornire l’utilita’ richiesta (Sez. 2, Sentenza n. 10916 del 18/05/2011).

Tuttavia nella concreta ipotesi per cui e’ controversia la circostanza che il vizio riscontrato nella turbina eolica per la produzione di energia elettrica, sia pure manifestatosi dopo circa due anni di operativita’, fosse riconducibile a cause strutturali (vale a dire, presenti sin dall’inizio) non rileva di per se’ ai fini del suo inquadramento giuridico come vendita di aliud pro alio.

Ne’ e’ possibile in questa sede una revisione dell’inquadramento ritenuto dalla corte territoriale ponendo mente alla valutazione delle eventuali difformita’ di specifiche tecniche dell’apparato.

Il ricorso, peraltro non accompagnato dalla trascrizione, almeno nei loro passaggi salienti, delle risultanze dell’a.t.p. e della c.t.u. espletata nel corso del giudizio, non consente comunque a questa Corte una rivalutazione in ordine all’assenza nella turbina delle specifiche tecniche, contrattuali e standard, richieste e pattuite.

D’altra parte, il dedotto vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006 e, di recente, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016).

Senza tralasciare che lo stabilire se si versi in tema di consegna di aliud pro alio, o di cosa mancante di qualita’, o di cosa affetta da vizi redibitori, involge un giudizio di fatto, devoluto al giudice di merito (Sez. 3, Sentenza n. 2544 del 03/12/1970), incensurabile, come tale, in sede di legittimita’ quando appaia adeguatamente motivato ed immune da vizi logici e giuridici (Sez. 2, Sentenza n. 10288 del 16/07/2002).

Il motivo va, quindi, respinto.

  1. Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame su di un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la corte territoriale considerato che l’impianto era privo delle indispensabili specificazioni necessarie per soddisfare i bisogni dell’acquirente.

2.1. Il motivo e’ inammissibile.

In primo luogo, come gia’ evidenziato nel paragrafo 1.1., il motivo e’ carente quanto al compiuto adempimento dell’onere di allegazione delle specifiche risultanze degli accertamenti tecnici svolti in corso di causa. In secondo luogo, attesa la data di deposito della sentenza impugnata (4.12.2013), l’applicabile e novellato articolo 360 c.p.c., n. 5 avrebbe dovuto indurre al rigoroso rispetto dell’onere di indicare il “fatto storico”, il cui esame fosse stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risultasse esistente, il “come” e il “quando” tale fatto fosse stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

  1. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli articoli 333, 343 e 346 c.p.c. e articolo2909 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte locale erroneamente, a suo dire, ritenuto che si fosse formato il giudicato interno sul profilo della decadenza dalla garanzia per vizi della cosa venduta, reputando che – al fine di contestare la pronuncia di primo grado sul punto – non fosse sufficiente riproporre, ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., la questione, ma fosse necessario proporre apposito appello incidentale.

3.1. Con il motivo appare riproposta la questione, non nuova e pure oggetto di contrasto interpretativo, relativa allo stabilire se, a fronte non gia’ del semplice assorbimento o della mancata disamina, ma dell’espresso rigetto di un’eccezione della parte, e peraltro di un’eccezione in senso stretto, quale quella di prescrizione di cui si controverte nel presente giudizio, la parte – risultata per il resto totalmente vittoriosa – qualora sia interessata ad una nuova disamina ad opera del giudice di appello, debba proporre appello incidentale ovvero possa limitarsi alla mera riproposizione della questione ex articolo 346 c.p.c., come sembra essere avvenuto nel caso in esame.

Nella fattispecie in esame la (OMISSIS) s.r.l. non risultava interamente vittoriosa in primo grado ove solo si consideri che, a fronte di una domanda di condanna della controparte al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di Euro 449.814,31, aveva conseguito una condanna della (OMISSIS) s.p.a. al versamento del minor importo di Euro 264.561,31. Ebbene, l’appellato, rimasto del tutto vittorioso in primo grado – le cui domande ed eccezioni sono, percio’, dirette al limitato fine della conferma della sentenza impugnata ex adverso, sia pure per ragioni diverse da quelle ritenute dal primo giudice – puo’ (secondo l’orientamento prevalente) riproporre tali domande ed eccezioni senza bisogno di appello incidentale.

Invece, l’appellato, qualora sia rimasto parzialmente soccombente, nel senso che non tutte le sue domande siano state accolte o nel senso che una sua domanda non sia stata accolta nella sua integrita’ (ed e’ il caso di specie), ed intenda conseguire in appello la modificazione in suo favore della sentenza di primo grado, impugnata in via principale solo dalla controparte, deve necessariamente proporre appello incidentale, nei modi e nei termini stabiliti dall’art 343 c.p.c. (Sez. 3, Sentenza n. 1018 del 14/04/1970);

Significativa, al riguardo del precipuo aspetto della controversia qui in esame, e’ il principio – gia’ affermato dalle S.U. di questa Corte, condiviso e riaffermato – per cui “soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex articolo 346 c.p.c. puo’ limitarsi a riproporle nel mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa” (Cass. S.U. 24 maggio 2007, n. 12067). In definitiva la corte territoriale, a differenza di quanto sostenuto col motivo qui in esame, non ha errato nel ritenere formato il giudicato interno in ordine alla decadenza dalla garanzia per vizi della cosa venduta.

  1. – Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso va rigettato.

5.- Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello tesso articolo 13, comma 1 bis