Addebito della separazione per infedeltà coniugale: onere della prova

Ai fini dell’addebito della separazione per comportamento infedele del coniuge, grava sul coniuge che richieda l’addebito fornire la prova dell’infedeltà e della efficacia determinante dello stesso sulla stabilità della convivenza; mentre l’altro coniuge è onerato a provare la anteriorità della crisi matrimoniale e, pertanto, che non sia stato il tradimento a determinare la crisi matrimoniale. (Cassazione civile Ordinanza 6.04.2022 n. 11130)

Termine di decadenza per la denuncia di rovina o di gravi difetti della costruzione.


Il termine annuale di decadenza per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, di cui all’articolo 1669 del codice civile, decorre dal momento in cui il denunciante ha acquisito un apprezzabile grado di conoscenza, seria e obiettiva, non solo della gravità dei difetti della costruzione, ma anche dell’incidenza della stessa sulla statica e sulla possibilità di lunga durata e del collegamento causale tra i dissesti e l’attività di esecuzione dell’opera. Affinché il termine cominci a decorrere, è necessaria, quindi, la percezione degli effetti e del loro nesso eziologico con i fattori scatenanti: occorre avere acquisito la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione e imputazione delle sue cause. (Cassazione civile, Sentenza 5 Aprile 2022 n. 11034)
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CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA NR 5 APRILE 2022 N. 11034

Cassazione Civile, Sentenza 5 Aprile 2022 n. 11034

(…omissis…)

FATTI DI CAUSA

  1. – Con atto di citazione notificato il 28 agosto 2013, il Condominio (OMISSIS), sito in (OMISSIS), conveniva in giudizio la s.p.a. (OMISSIS), che aveva costruito l’edificio, e il geometra (OMISSIS), direttore dei lavori, al fine di dichiarare la responsabilita’ dei convenuti in merito ai gravi vizi e difetti nelle parti comuni dello stabile e dunque per sentirli condannare all’integrale risarcimento di tutti i danni subiti, ai sensi dell’articolo 1669 c.c. o, subordinatamente, ex articolo 2043 c.c.
    Assumeva l’attore che nell’edificio condominiale, realizzato dalla societa’ convenuta nel (OMISSIS), sin da subito si erano evidenziati difetti contestati alla societa’ costruttrice che interveniva piu’ volte, inutilmente, per porvi rimedio. Erano stati cosi’ rilevati, tra l’altro, la presenza di crepe e distacchi di intonaco dalle facciate, di umidita’ al piano box e cantine, sia nelle parti comuni che private, l’allagamento del locale centrale termica, diffuse infiltrazioni di acqua, la realizzazione del locale immondezzaio in contrasto con le norme locali di igiene. L’attore faceva presente che i vizi e difetti, descritti in un elaborato peritale redatto da un tecnico di fiducia (il geometra (OMISSIS)) incaricato dal Condominio, erano stati rilevati e quantificati in sede di accertamento tecnico preventivo nella relazione depositata dall’ingegner (OMISSIS) il 10 dicembre 2012 in altro giudizio instaurato da uno dei condomini, il signor (OMISSIS), in danno della societa’ (OMISSIS) e nei confronti del Condominio stesso. In tale procedimento il c.t.u. riscontrava una grave responsabilita’ a carico della (OMISSIS), tale da ritenere necessario il rifacimento del cortile comune.
    Si costituivano i convenuti, resistendo.
    In particolare, la societa’ (OMISSIS) eccepiva la prescrizione e la decadenza di ogni diritto di garanzia spettante all’attore, sia con riferimento alla fattispecie di cui all’articolo 1495 c.c., sia con riferimento alla responsabilita’ extracontrattuale di cui all’articolo 1669 c.c., deducendo che le uniche contestazioni inviate dall’amministratore del Condominio alla (OMISSIS) risalivano al 27 novembre 2008 e al 22 settembre 2011, laddove la notifica dell’atto di citazione era avvenuta soltanto il 28 agosto 2013.
    Anche il convenuto (OMISSIS) eccepiva la prescrizione e la decadenza; inoltre, chiamava in causa la propria assicurazione, la s.p.a. (OMISSIS).
  2. – Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 26 gennaio 2017, rigettava la domanda, sul rilievo dell’intervenuta prescrizione dell’azione. Il Tribunale accoglieva anche altre eccezioni preliminari: quanto ai vizi inerenti alle singole unita’ immobiliari, dichiarava il difetto di legittimazione ad agire dell’amministratore del Condominio; affermava inoltre che legittimamente i convenuti avevano rifiutato il contraddittorio sulla domanda nuova formulata in corso di causa.
  3. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 22 maggio 2020, la Corte d’appello di Milano, pronunciando sul gravame proposto dal Condominio (OMISSIS), in riforma della impugnata decisione, ha condannato la s.p.a. (OMISSIS) al pagamento in favore del Condominio della somma di Euro 330.342,50 oltre accessori, regolando le spese processuali.
  4. – La Corte d’appello ha ritenuto errata la dichiarazione di intervenuta prescrizione e sussistenti i gravi vizi e difetti accertati in corso di causa.
    La Corte territoriale ha considerato quale termine di decorrenza della prescrizione ex articolo 1669 c.c. il deposito, in data 10 dicembre 2012, della relazione nel procedimento di accertamento tecnico preventivo. Cio’ in quanto con il deposito della relazione nell’accertamento tecnico preventivo, svolto fra le stesse parti in altro giudizio introdotto da uno dei condomini dello stabile, si e’ avuto il definitivo accertamento dei vizi e dei difetti lamentati ed e’ stata individuata la responsabilita’ in ordine agli stessi.
    Quanto ai danni lamentati, la Corte d’appello ha osservato che l’ausiliario del giudice nominato in primo grado, che si e’ fatto carico di esaminare e confutare compiutamente tutti i rilievi critici sui singoli punti mossi dai consulenti delle parti, laddove intervenuti, ha confermato l’esistenza dei vizi nell’immobile sottoposto a consulenza, ritenendo che i gravi difetti dell’opera fossero da ascrivere alla cattiva esecuzione dei lavori da parte del costruttore e solo in misura residuale al direttore dei lavori per culpa in vigilando.
    In particolare, il c.t.u. ha riscontrato umidita’ di risalita, difetti di planarita’ e di impermeabilizzazione del cortile condominiale, crepe e distacchi della finitura della facciata sia dello stabile sia del corpo di fabbrica ingresso pedonale contenente i contatori del gas, vizi e difformita’ relativi al locale immondezzaio.
    In punto di eccepita carenza di legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio, la Corte d’appello ha rilevato che le singole unita’ abitative sono state interessate dal giudizio di primo grado solo ai fini dell’espletamento della consulenza tecnica relativa a vizi e difetti manifestatisi in corso di causa e relativi al manto di copertura dello stabile.
    La Corte territoriale ha richiamato il principio secondo cui quando i danni alle parti comuni interessano di riflesso anche quelle esclusive, di modo che per rimuovere i pregiudizi delle prime occorre intervenire pure sulle seconde eliminando radicalmente le comuni cause, si deve riconoscere all’amministratore la legittimazione all’azione ex articolo 1669 c.c., che in questo caso opera a tutela indifferenziata dell’intero edificio condominiale.
    La Corte distrettuale ha precisato anche che, avendo il Condominio appellante rinunciato alla domanda nei confronti dell’appellato (OMISSIS) e per conseguenza anche verso la societa’ (OMISSIS), chiamata in garanzia in quanto compagnia assicurativa del (OMISSIS), restano a carico della parte rinunciante le spese di lite.
  5. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano, notificata il 25 maggio 2020, la societa’ (OMISSIS) ha proposto ricorso, sulla base di otto motivi, con atto notificato il 25 giugno 2020.
    Ha resistito, con controricorso, il Condominio (OMISSIS), il quale ha proposto anche ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
    Al ricorso incidentale hanno resistito, con separati atti di controricorso, (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS).
  6. – Fissata all’udienza pubblica del 2 marzo 2022, la causa e’ stata tuttavia trattata in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e del difensore della parte, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
    Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che la Corte accolga il quinto e il sesto motivo del ricorso principale, per quanto di ragione e nei limiti precisati, dichiarati inammissibili o rigettati gli altri motivi come da parte motiva, e dichiari la inammissibilita’, o in subordine il rigetto, del ricorso incidentale proposto dal Condominio.
    Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimita’ della data fissata per la decisione.
    RAGIONI DELLA DECISIONE
  7. – Il primo motivo del ricorso principale della societa’ (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 342 c.p.c. per non avere la sentenza impugnata rilevato, nonostante specifica eccezione dell’appellata, l’inammissibilita’ dell’appello per difetto dei requisiti di specificita’. Secondo la ricorrente l’appello risultava altresi’ inammissibile con riferimento al disposto dell’articolo 345 c.p.c., stante la proposizione da parte del Condominio, solo in sede di appello, dell’eccezione di interruzione della decorrenza del termine prescrizionale accertato dal giudice di primo grado, nonche’ per irrituale produzione dei documenti A), B), C), D), E), F), G), H), I), nei cui confronti (OMISSIS) dichiarava espressamente di non accettare il contraddittorio, come riportato espressamente espressamente nella comparsa di costituzione in appello.
    1.1. – Il motivo e’ infondato.
    1.2. – L’articolo 342 c.p.c., nel testo formulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilita’, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversita’ rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., Sez. Un., 16 novembre 2017, n. 27199; Cass., Sez. VI-3, 30 maggio 2018, n. 13535).
    Applicando tale principio, correttamente la sentenza impugnata ha respinto l’eccezione di inammissibilita’ formulata dall’appellata con riferimento all’articolo 342 c.p.c., rilevando che dall’atto di appello sono evincibili sia le domande rivolte al giudice del gravame sia le ragioni della critica alla sentenza del Tribunale.
    Sotto questo profilo, la Corte d’appello si e’ data cura di precisare che il Condominio, con l’atto di impugnazione, ha prospettato la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1669 c.c. con riferimento all’individuazione del momento della scoperta dei vizi; ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove da parte del giudice di primo grado; ha censurato la violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. per avere il primo giudice omesso di pronunciare sulla domanda di risarcimento del danno ex articolo 2043 c.c. svolta dal Condominio nei confronti di (OMISSIS); ha prospettato la violazione degli articoli 112 e 116 c.p.c. con riferimento ai vizi.
    Come ha esattamente osservato il pubblico ministero nelle conclusioni scritte, cio’ che viene richiesto, affinche’ sia rispettato il requisito della specificita’ dei motivi di appello, e’ che la parte appellante ponga il giudice del gravame in condizione di comprendere con chiarezza natura, portata e senso delle doglianze proposte, dimostrando di aver compreso le ragioni del primo giudice ed indicando il perche’ queste siano censurabili.
    L’atto di appello del Condominio risponde a tali criteri.
    Come e’ possibile constatare dalla lettura diretta dell’atto di gravame, con questo il Condominio ha ampiamente contestato l’individuazione del momento della scoperta dei vizi e la valutazione delle prove operata dal primo giudice. In particolare, ha sostenuto di avere scoperto il vizio solamente nel marzo del 2013, avendo solo in tale momento acquisito quella conoscenza tecnico-giuridica dei difetti che e’ indispensabile affinche’ possa validamente farsi decorrere il termine annuale di prescrizione. L’appellante ha anche dedotto che in corso di causa erano emerse problematiche di coibentazione della copertura dello stabile (parte comune dell’edificio) che si manifestavano, a livello di effetti, provocando, all’interno delle unita’ abitative poste all’ultimo piano, diffuse macchie di umidita’.
    1.3. – Va disattesa la censura di violazione dell’articolo 345 c.p.c., prospettata sul rilievo che solo in sede di appello il Condominio avrebbe proposto l’eccezione di interruzione della decorrenza del termine prescrizionale.
    La censura non si correla alla ratio decidendi, posto che l’eccezione di interruzione della decorrenza del termine di prescrizione non e’ stata posta a fondamento della impugnata sentenza della Corte d’appello di Milano. La Corte distrettuale, infatti, ha riformato la sentenza di primo grado e ha accolto la domanda del Condominio, non perche’ ha ritenuto il termine di prescrizione interrotto, ma perche’ ha considerato quale termine di decorrenza della prescrizione il deposito, in data 10 dicembre 2012, della relazione nel procedimento di accertamento tecnico preventivo, termine non ancora trascorso al momento della introduzione del giudizio di primo grado con la notifica, il 28 agosto 2013, dell’atto di citazione.
    La doglianza, quindi, e’ astratta.
    In ogni caso, essa e’ priva di fondamento in punto di diritto, giacche’ – diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente – l’eccezione di interruzione della prescrizione e’ un’eccezione in senso lato, come tale rilevabile d’ufficio e proponibile dalla parte per la prima volta in appello.
    Va qui richiamato il principio secondo cui nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioe’ quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volonta’ della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale) (Cass., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 18602).
    Ne deriva che l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, puo’ essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresi’, che la rilevabilita’ ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilita’ soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacche’ non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual e’ l’interruzione della prescrizione.
    Va inoltre ribadito che le eccezioni in senso lato sono rilevabili d’ufficio o proponibili dalla parte interessata anche in appello, ove i fatti sui quali si fondano, sebbene non precedentemente allegati dalla stessa parte, emergano dagli atti di causa, concernendo il divieto di cui all’articolo 345 c.p.c. le sole eccezioni in senso stretto, ossia quelle riservate in esclusiva alla parte e non rilevabili d’ufficio (Cass., Sez. I, 16 marzo 2016, n. 5249; Cass., Sez. H, 6 dicembre 2018, n. 31638).
    1.4. – Ne’ miglior fondamento ha la doglianza relativa alla tardiva produzione dei documenti, trattandosi di atti non richiamati dalla sentenza impugnata ne’ tantomeno posti a fondamento della decisione.
  8. – Con il secondo motivo la ricorrente in via principale (OMISSIS) censura la sentenza d’appello per non aver fatto decorrere il termine di prescrizione di cui all’articolo 1669 c.c. dalla denuncia dei vizi effettuata il (OMISSIS) sulla base della perizia tecnica del geometra (OMISSIS), e per avere affermato che per poter avere piena contezza dei vizi “sarebbe occorsa una competenza specifica” invece non richiesta dalla norma nell’interpretazione della giurisprudenza di legittimita’.
    Il terzo motivo lamenta omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e violazione dell’articolo 1169 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 La Corte d’appello non avrebbe esaminato la denuncia effettuata dal Condominio in data (OMISSIS), con espressa menzione dei “vizi costruttivi”, ne’ la perizia tecnica del geometra (OMISSIS) ad essa allegata, recante l’indicazione delle cause dei vizi ivi accertati e la loro riferibilita’ all’impresa costruttrice.
    Con il quarto motivo ci si duole della violazione degli articoli 1669 e 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c. Ad avviso della societa’ ricorrente, l’impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto delle allegazioni della stessa parte attrice contenute nell’atto di citazione, ove i vizi venivano descritti riportando ampi stralci della perizia (OMISSIS) del 20 marzo 2010, e non avrebbe deciso in base al fatto non specificamente contestato (e documentato) della avvenuta denuncia, il (OMISSIS), in base alla perizia del (OMISSIS). Sostiene (OMISSIS) che la Corte d’appello avrebbe violato la regola in tema di onere della prova.
    2.1. – Con gli articolati motivi – i quali, stante la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – la societa’ ricorrente si duole che il giudice di appello abbia ritenuto la denuncia compiuta dal Condominio nel 2010 sulla scorta della perizia tecnica del geometra (OMISSIS) non idonea a determinare la decorrenza del termine prescrizionale in quanto il tecnico incaricato dal Condominio non avrebbe avuto le competenze necessarie per assicurare a quest’ultimo un’immediata percezione ed una piena comprensione della reale entita’ e delle possibili cause dei difetti costruttivi oggetto di controversia, che sarebbe stata, invece, assicurata dal successivo accertamento tecnico preventivo e poi dalla c.t.u. dell’ingegner (OMISSIS). Secondo la ricorrente, tale assunto risulterebbe sganciato dalle allegazioni delle parti e dalle produzioni in atti; in particolare, non considererebbe che la perizia del geometra (OMISSIS) e’ stata commissionata proprio allo scopo di verificare il reale stato dei luoghi, le cause dei lamentati vizi e difetti, l’emendabilita’ degli stessi e gli eventuali costi del ripristino. Ancora, si sostiene dalla ricorrente che, recando la perizia – proveniente da un professionista abilitato per competenza tecnica all’analisi e risoluzione di problemi edilizi ed incaricato specificamente dal Condominio – una amplissima descrizione dei difetti riscontrati e l’indicazione per ognuno di essi delle rispettive cause e rimedi, il Condominio sarebbe venuto a conoscenza con un grado piu’ che apprezzabile di certezza tecnica della natura, della imputabilita’ dei presunti vizi e dei loro possibili rimedi. Inoltre, sostiene ancora la societa’ (OMISSIS), il Condominio ha provveduto alla denuncia dei vizi sulla base della relazione del geometra (OMISSIS) con e-mail del (OMISSIS), trasmettendo detta relazione che precisava essere inerente ai vizi di costruzione; il Condominio ha agito per il risarcimento dei vizi accertati nella perizia, di cui con l’atto di citazione sarebbero stati riportati ampi stralci. Da tale perizia – si sostiene – il Condominio aveva acquisito la conoscenza dei vizi e la loro imputabilita’. Inoltre, il c.t.u. ingegner (OMISSIS), nel rispondere all’espresso quesito formulato dal giudice sull’epoca di insorgenza dei vizi, in piu’ punti della relazione aveva richiamato espressamente le risultanze della perizia del geometra (OMISSIS) del 2010.
    2.2. – I motivi sono infondati.
    Occorre premettere che la Corte d’appello ha ritenuto che nella specie la scoperta delle cause dei difetti, da cui decorre il termine previsto dall’articolo 1669 c.c., sia intervenuta nel dicembre 2012, allorquando il Condominio ha acquisito la piena comprensione dei vizi e dei difetti e della loro dipendenza dalla imperfetta esecuzione dei lavori tramite i risultati della perizia del tecnico ingegner (OMISSIS). Secondo la Corte ambrosiana, i vizi descritti nella relazione tecnica di accertamento tecnico preventivo non lasciano dubbi sul fatto che per poter avere piena contezza degli stessi sarebbe occorsa una competenza specifica, non essendo vizi e difetti palesi. Cosi’, infatti, quanto rilevato dal perito relativamente all’errato sistema di raccolta acque, all’errata previsione di un sistema di smaltimento delle acque piovane, alla mancata previsione di un sistema di captazione e convogliamento delle acque, alla errata realizzazione della guaina della vasca del giardino. I vizi rilevati dal consulente del Tribunale, secondo la Corte d’appello, non potevano dirsi evidenti e come tali necessitavano di un approfondimento tecnico per comprendere appieno le cause e le eventuali responsabilita’. Fino a quel momento, fino cioe’ al deposito della relazione nell’accertamento tecnico preventivo richiesto in altro connesso giudizio, il Condominio aveva avuto una conoscenza imperfetta dei vizi e, soprattutto, dell’impatto di essi sulla complessiva struttura, non essendo a tanto idonea la parziale consapevolezza prima acquisita, a livello ancora di sospetto. Secondo la Corte di Milano, la perizia di parte del geometra (OMISSIS) del (OMISSIS) e’ parziale incompleta e con molti dati lasciati in bianco, apparendo un mero elenco di vizi e di difformita’ “privo del riferimento preciso alle cause e soprattutto alla necessaria riferibilita’ degli stessi all’impresa costruttrice”. Di qui la conclusione secondo cui l’apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravita’ dei difetti e della loro derivazione eziologica dall’imperfetta esecuzione dell’opera non puo’ essere desunto, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, dalle iniziali rimostranze del Condominio, svolte a fronte di un primo generico controllo dei difetti riscontrati nel 2010, con cui si lamentavano problemi di infiltrazione delle acque nonche’ nella tinteggiatura esterna. Quelle rimostranze non potevano costituire prova di un’immediata percezione della reale entita’ dei difetti dell’opera e delle possibili cause dei difetti costruttivi. E poiche’ in data 10 dicembre 2012 e’ stata depositata la relazione, nell’accertamento tecnico preventivo svolto fra le stesse parti in altro giudizio introdotto da uno dei condomini dello stabile, che ha definitivamente accertato vizi e difetti lamentati e individuato le responsabilita’ degli stessi, secondo la Corte d’appello all’atto della notifica della citazione, il 28 agosto 2013, non erano maturati ne’ il termine di decadenza, ne’ quello di prescrizione.
    Poste tali premesse, il Collegio osserva che e’ costante nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. II, 29 marzo 2002, n. 4622; Cass., Sez. II, 16 gennaio 2020, n. 777) il principio secondo cui il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall’articolo 1669 c.c., a pena di decadenza dall’azione di responsabilita’ contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravita’ dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti.
    Secondo l’indirizzo della giurisprudenza di legittimita’, l’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde potersi individuare la “scoperta” del vizio ai fini del computo dei termini annuali posti dall’articolo 1669 c.c. (il primo di decadenza per effettuare la denuncia ed il secondo, che dalla denuncia stessa prende a decorrere, di prescrizione per promuovere l’azione), deve effettuarsi con riguardo sia alla gravita’ dei vizi dell’opera, sia al collegamento causale di essi con l’attivita’ progettuale e costruttiva espletata; pertanto, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del doppio termine, dovra’ ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori da dedursi e provarsi dall’appaltatore, solo all’atto dell’acquisizione di idonei accertamenti tecnici.
    Ne consegue che, nell’ipotesi di gravi vizi dell’opera la cui entita’ e le cui cause abbiano reso necessarie indagini tecniche, si deve ritenere che una denuncia di gravi vizi da parte del committente possa implicare un’idonea ammissione di valida scoperta degli stessi, tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause alla data della denuncia.
    In altri termini, il termine annuale di decadenza per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, di cui al citato articolo 1669, decorre dal momento in cui il denunciante abbia acquisito un apprezzabile grado di conoscenza, seria e obiettiva, non soltanto della gravita’ dei difetti della costruzione, ma anche dell’incidenza di essa sulla statica e sulla possibilita’ di lunga durata e del collegamento causale tra i dissesti e l’attivita’ di esecuzione dell’opera. Affinche’ il termine cominci a decorrere, e’ necessaria, quindi, la percezione degli effetti e del loro nesso eziologico con i fattori scatenanti:
    occorre avere acquisito la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione e imputazione delle sue cause.
    A tali principi si e’ attenuta la Corte d’appello nell’impugnata sentenza.
    Come osserva esattamente il pubblico ministero, la societa’ ricorrente non ha posto in discussione tali principi, bensi’ l’accertamento in concreto operato dalla Corte territoriale circa il momento nel quale detta conoscenza e’ stata nella specie acquisita.
    Sennonche’, l’accertamento del momento nel quale detta conoscenza sia stata acquisita, involgendo un apprezzamento di fatto, e’ riservato al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto.
    Nello specifico, la Corte d’appello ha fatto risalire il momento in cui e’ stato raggiunto un apprezzabile grado di conoscenza dei vizi e delle loro cause e, soprattutto, della necessaria riferibilita’ degli stessi all’impresa costruttrice alla data (10 dicembre 2012) in cui e’ stata depositata la relazione nell’accertamento tecnico preventivo svolto tra le stesse parti in altro giudizio introdotto da uno dei condomini dello stabile.
    A tale valutazione la Corte ambrosiana e’ pervenuta all’esito di una motivazione congrua e logicamente argomentata, dopo aver scartato la possibilita’ di ricollegare la decorrenza del termine alla perizia del geometra (OMISSIS) del (OMISSIS), e alle connesse rimostranze del Condominio, trattandosi, la perizia, di un documento “parziale, incompleto e con molti dati lasciati in bianco”, consistendo in “un mero elenco di vizi e difformita’ privo del riferimento preciso alle cause e soprattutto della necessaria riferibilita’ degli stessi all’impresa costruttrice”.
    Non sussiste neppure la denunciata violazione dell’articolo 2697 c.c.
    La violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, non invece quando oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, essendo, quest’ultima, sindacabile in sede di legittimita’, entro i ristretti limiti del nuovo articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., Sez. III, 29 maggio 2018, n. 13395; Cass., Sez. VI-3, 31 agosto 2020, n. 18092).
    Ne’ e’ configurabile la violazione dell’articolo 115 c.p.c., prospettata sul rilievo che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto delle allegazioni del Condominio contenute nell’atto di citazione, ove i vizi venivano descritti riportando ampi stralci della perizia (OMISSIS), e della avvenuta denuncia del (OMISSIS).
    Per un verso, occorre ribadire che in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867).
    Per l’altro verso, va rilevato che la sentenza impugnata ha tenuto conto sia della perizia di parte del geometra (OMISSIS) del (OMISSIS), sia della missiva con la quale il Condominio comunicava alla societa’ (OMISSIS) la scoperta dei vizi (macchie di umido e infiltrazioni) avvenuta a seguito dell’effettuato sopralluogo, ma ha considerato, con motivazione adeguata, l’una e l’altra inidonee a far conseguire al Condominio la sicura conoscenza delle cause dei difetti, essendo ancora necessari accertamenti tecnici specifici per stabilire la reale entita’ dei difetti dell’opera ed il corretto collegamento causale.
    Ne’ sussiste il denunciato vizio di omesso esame di fatto decisivo. La Corte d’appello ha difatti espressamente preso in esame e valutato la perizia (OMISSIS) e la denuncia del 2010, sicche’ nessuna omissione di tali atti si e’ verificata; solo che li ha ritenuti inidonei a dimostrare la piena comprensione, da parte del Condominio, della reale entita’ e delle cause dei difetti costruttivi oggetto di lite.
    E’ evidente, pertanto, che le doglianze articolate con i tre motivi, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, mirano, in realta’, a conseguire una rivalutazione dei fatti operata dal giudice del merito riguardo alla inidoneita’ della perizia (OMISSIS) del (OMISSIS), ed all’e-mail che ne e’ seguita, ad offrire o a disvelare un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravita’ dei difetti e della loro derivazione eziologica dall’imperfetta esecuzione dell’opera.
    D’altra parte, anche la censura prospettata in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non considera che, secondo tale paradigma, la denunciabilita’ con ricorso per cassazione e’ limitata al solo vizio di omesso esame di un fatto storico principale o secondario, nel cui ambito non rientra la doglianza concernente asserite deficienze argomentative della decisione.
  9. – Con il quinto mezzo la ricorrente in via principale denuncia la violazione dell’articolo 183 c.p.c. nonche’ del diritto di difesa e del contraddittorio con conseguente nullita’ della sentenza. La sentenza impugnata avrebbe pronunciato condanna a carico di (OMISSIS) anche al pagamento della somma di Euro 129.536, oltre IVA, parte del complessivo importo di Euro 330.342,50, oltre IVA, per opere rimediative relative a un presunto vizio nuovo allegato dal Condominio successivamente al maturare delle preclusioni conseguenti al deposito delle memorie ex articolo 183 c.p.c., nonostante l’opposizione di (OMISSIS). La ricorrente deduce che, dopo avere depositato, il 30 luglio 2014, la memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, il Condominio, nell’udienza dinanzi al Tribunale del 25 novembre 2014, chiese una estensione dell’indagine peritale, cui le controparti si opposero, rappresentando che erano sopravvenuti nuovi difetti relativamente alle problematiche di infiltrazioni presenti nel tetto dello stabile. Ad avviso della ricorrente, la condanna per le opere di coibentazione delle cappuccine e di ripristino dei locali con cappuccine sarebbe stata disposta a fronte di una domanda nuova ed estranea all’oggetto del giudizio come delineato negli atti iniziali.
    3.1. – Il motivo e’ fondato.
    In generale, la modificazione della domanda ammessa ex articolo 183 c.p.c. puo’ riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda cosi’ modificata risulti, comunque, connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, per cio’ solo, si determini la compro-missione delle potenzialita’ difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Cass., Sez. Un., 15 giugno 2015, n. 12310; Cass., Sez. Un., 13 settembre 2018, n. 22404).
    Con specifico riferimento, in tema di appalto, alla azione proposta dal committente per difformita’ e vizi dell’opera, la giurisprudenza (Cass., Sez. II, 7 giugno 2018, n. 14815) ha gia’ chiarito che la mera indicazione di ulteriori vizi della cosa appaltata rispetto a quelli indicati in citazione non integra una modifica inammissibile del petitum o della causa petendi, ove dedotta nel termine dell’articolo 183 c.p.c., comma 6, permanendo un chiaro e stabile collegamento con la questione concreta oggetto del contendere.
    Promossa l’azione ex articolo 1669 c.c. per gravi difetti dell’opera, e’ quindi ben possibile integrare la domanda iniziale e chiedere il risarcimento del danno anche per difetti costruttivi ulteriori rispetto a quelli allegati con la citazione introduttiva, purche’ la relativa deduzione avvenga nel termine, di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, per la precisazione o la modificazione della domanda e delle conclusioni gia’ proposte.
    Nella specie, invece, la richiesta con riguardo agli ulteriori vizi, attinenti al manto di copertura dello stabile, e’ stata formulata dal Condominio attore soltanto dopo il maturare delle preclusioni stabilite dall’articolo 183 c.p.c., comma 6.
    Si e’ quindi di fronte ad una integrazione inammissibile della domanda giudiziale: alla allegazione, cioe’, di un nuovo fatto principale costitutivo, comportante la modifica, in senso ampliativo, della domanda gia’ proposta.
    Coglie pertanto nel segno la censura della societa’ ricorrente in via principale.
    La Corte d’appello non avrebbe potuto condannare (OMISSIS) al pagamento, altresi’, della spesa necessaria per opere di coibentazione delle cappuccine e di ripristino dei locali con cappuccine, giacche’, quanto ai difetti relativi alle infiltrazioni presenti nel tetto dello stabile, si e’ di fronte a vizi nuovi, non dedotti con la citazione introduttiva ne’ negli atti iniziali, ma la cui indicazione e’ stata formulata dal Condominio attore successivamente all’appendice di trattazione scritta di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6.
    Non osta a tale conclusione il rilievo che con la citazione introduttiva il Condominio avesse chiesto di accertare e dichiarare la sussistenza dei gravi vizi e difetti dedotti in narrativa e degli ulteriori che sarebbero emersi all’esito della disposta, in corso di causa, c.t.u., giacche’ – come rileva esattamente il pubblico ministero – una tale “riserva” non consente di enucleare senza limiti, nel corso del giudizio di primo grado, vizi e difetti ulteriori e diversi rispetto a quelli posti a fondamento della domanda.
    La Corte territoriale avrebbe potuto ritenere ammissibile l’ampliamento della domanda, intervenuto dopo la scadenza dei termini di cui al citato articolo 183, soltanto al ricorrere di una precisa condizione: che si trattasse di nuovi vizi e difetti manifestatisi una volta superata la barriera delle preclusioni. Infatti, ove quegli ulteriori difetti fossero comparsi soltanto successivamente alla scadenza dei termini del comma 6, l’attore sarebbe stato nell’impossibilita’ di prospettare la richiesta ampliativa nel rispetto dei termini fissati dal codice di procedura civile. Sarebbe allora potuto intervenire in soccorso l’istituto della rimessione in termini, il quale – prestandosi ad essere utilizzato in tutte le situazioni nelle quali il mancato rispetto di un termine perentorio o comunque il tardivo compimento di attivita’ soggette a preclusione possa considerarsi lato sensu giustificato o quanto meno scusabile – e’ suscettibile di comprendere nel suo ambito la deduzione che, dopo il maturare delle preclusioni, si siano manifestati nuovi gravi vizi o difetti costruttivi, ulteriori rispetto a quelli descritti con l’atto introduttivo.
    La giurisprudenza di questa Corte ha del resto gia’ chiarito (Cass., Sez. VI-3, 15 ottobre 2018, n. 25631) che, in tema di risarcimento dei danni, il principio generale della immodificabilita’ della domanda originariamente proposta e’ derogabile non solo nel caso di riduzione della domanda (riduzione della somma originariamente richiesta) o nel caso di danni incrementali (quando il danno originariamente dedotto in giudizio si sia ulteriormente incrementato nel corso dello stesso, ferma l’identita’ del fatto generatore), ma anche, appunto, nel caso di fatti sopravvenuti, quando l’attore deduca che, dopo il maturare delle preclusioni, si siano verificati ulteriori danni, anche di natura diversa da quelli descritti con l’atto introduttivo.
  10. – Con il sesto motivo del ricorso principale si denuncia la violazione dell’articolo 1669 c.c. sotto altro profilo, difetto delle condizioni dell’azione per carenza di legittimazione, nonche’ violazione dell’articolo 100 c.p.c. Ad avviso della ricorrente, avrebbe errato la Corte d’appello ad affermare la legittimazione del Condominio per danni alle proprieta’ esclusive per la cui eliminazione il c.t.u. ha previsto interventi di notevole entita’ sulle parti comuni, per riferirsi alcune opere rimediative alle proprieta’ esclusive.
    La ricorrente richiama:
    (a) il difetto rappresentato dalla “presenza di umidita’ al piano box e cantine, sia nelle parti comuni che private”, per il quale il c.t.u. ha accertato che la causa delle infiltrazioni lamentate dal ricorrente dipende da un difetto della tenuta del manto di impermeabilizzazione della pavimentazione del cortile comune al piano rialzato e, per quanto riguarda le infiltrazioni in cantina, da un difetto di tenuta del manto di impermeabilizzazione interno alla vasca condominiale;
    (b) la presenza di infiltrazioni in alcuni appartamenti (“oggetto… di domanda nuova per quanto denunciato al precedente motivo”), che il c.t.u. ha riferito alla presenza di ponti termici in prossimita’ delle cappuccine degli appartamenti interessati, essendo previste opere rimediative di “coibentazione delle cappuccine e di ripristino locali con cappuccine”.
    Ad avviso della deducente, non vi sarebbe spazio per la legittimazione attiva all’azione ex articolo 1669 c.c. dell’amministratore, “perche’ non si tratta di danni alle parti comuni che richiedano, per essere rimossi, interventi sulle proprieta’ esclusive, bensi’ di danni, peraltro modesti, alle proprieta’ esclusive per la cui eliminazione il c.t.u. ha previsto interventi di notevole entita’ e davvero assai gravosi sulle parti comuni”.
    Inoltre, il c.t.u. avrebbe “imputato alcuni inconvenienti non a vizi costruttivi ma a difformita’ rispetto al progetto”.
    Secondo la ricorrente, le difformita’ e i vizi dell’appalto possono essere contestati solo dal committente e non dall’amministratore condominiale che non e’ stato parte contrattuale.
    4.1. – Il motivo – per la parte in cui non e’ assorbito dall’accoglimento della censura articolata con il quinto mezzo – e’ infondato.
    La sentenza della Corte d’appello, esaminando l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del Condominio, ha riconosciuto la legittimazione all’azione ex articolo 1669 c.c. dell’amministratore che opera a tutela indifferenziata dell’intero edificio condominiale, sul rilievo che si versa in un’ipotesi di causa comune di danno e che non possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti, avendo l’amministratore il potere di compiere atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato.
    La Corte milanese ha altresi’ precisato, in punto di fatto, che le singole unita’ abitative sono state interessate solo ai fini dell’espletamento della consulenza tecnica relativa ai vizi e difetti manifestatisi in corso di causa e relativi al manto di copertura dello stabile.
    La Corte d’appello ha quindi richiamato il principio secondo cui, quando i danni alle parti comuni interessano di riflesso anche quelle esclusive, di modo che per rimuovere i pregiudizi delle prime occorre intervenire pure sulle seconde, rimuovendo radicalmente le comuni cause, si deve riconoscere all’amministratore la legittimazione attiva all’azione ex articolo 1669 c.c.
    Cosi’ decidendo, la sentenza impugnata si e’ attenuta all’indirizzo di questa Corte.
    Secondo la giurisprudenza, infatti, sussiste la legittimazione dell’amministratore a proporre l’azione di natura extracontrattuale ex articolo 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi, con il determinare un’alterazione che incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile, riguardino l’intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto (Cass., Sez. II, 23 marzo 1995, n. 3366; Cass., Sez. II, 18 giugno 1996, n. 5613; Cass., Sez. II, 25 marzo 1998, n. 3146; Cass., Sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3040; Cass., Sez. II, 31 gennaio 2018, n. 2436; Cass., Sez. II, 19 marzo 2021, n. 7875).
    Diversamente, se i difetti del fabbricato sono riconducibili alla categoria delle difformita’ e dei vizi di cui all’articolo 1667 c.c. (ipotesi che qui non ricorre), la relativa azione – di natura contrattuale – spetta soltanto al committente e non all’amministratore del condominio.
    Come ha precisato Cass., Sez. II, n. 7875 del 2021, cit., non si pongono in contrasto con l’orientamento qui ribadito i precedenti di questa Corte che, altrimenti, postulano la necessita’ di un apposito mandato rappresentativo conferito all’amministratore dai singoli condomini per le azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente, relative ai danni subiti nelle unita’ immobiliari di loro proprieta’ esclusiva, allorche’ si tratti non di eliminare le cause o di condannare il costruttore alle spese per l’eliminazione di pregiudizi afferenti ad un tempo sia le parti comuni dell’immobile che, di riflesso, quelle costituenti proprieta’ esclusiva, quanto di far valere “diritti di credito ben distinti e individuabili”, la cui tutela percio’ ecceda dalle finalita’ conservative dell’unitario fabbricato (Cass., Sez. II, 8 novembre 2010, n. 22656, di recente richiamata da Cass., Sez. II, 17 febbraio 2020, n. 3846).
  11. – Con il settimo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c. sotto altro profilo, lamentando che l’impugnata sentenza abbia ritenuto pacifico il riconoscimento di responsabilita’ da parte di (OMISSIS) non specificamente allegato dal Condominio e peraltro contestato da (OMISSIS). Con esso la ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia affermato che “e’ pacifico in atti, e non contestato, essendo peraltro anche stato accertato e mai smentito dalla consulenza tecnica svolta, che (OMISSIS) ha eseguito vari interventi su sollecitazione del Condominio al fine di porre rimedio ai vizi e difetti che via via si sono manifestati nell’immobile oggetto di causa”, cosi’ alludendo all’esistenza di un atto di riconoscimento di responsabilita’ da parte di (OMISSIS) mai specificamente allegato dal Condominio. Quest’ultimo, infatti, si sarebbe limitato ad affermare nella citazione introduttiva che in un certo incontro la societa’ (OMISSIS) riconosceva la propria responsabilita’ ed il fatto di aver operato senza la diligenza professionale necessaria e corretta nell’edificazione del condominio nel suo complesso. Nel motivo si deduce che, pur non essendovi tenuta a fronte della assoluta genericita’ della allegazione, (OMISSIS), costituendosi in giudizio, contestava quanto ex adverso affermato, ribadendo che mai (OMISSIS) ebbe a riconoscere alcuna responsabilita’.
    5.1. – La doglianza e’ inammissibile per un duplice ordine di considerazioni, puntualmente individuate dal pubblico ministero.
    Da un lato, infatti, il motivo investe una argomentazione svolta dalla Corte d’appello ad abundantiam, come e’ reso palese dall’espressione “A cio’ si aggiunga” che compare nelle ultime due righe di pagina 5 della sentenza e che introduce il periodo censurato. Tale argomentazione si pone a conclusione di una serie di altre argomentazioni. Queste altre argomentazioni consistono nel rilievo che: (a) nell’agosto del 2011 le parti raggiungevano un accordo con il quale la societa’ appaltatrice si impegnava a procedere all’eliminazione dei primi vizi riscontrati, a propria cura e spese; (b) la relazione depositata in data 10 dicembre 2012 in sede di accertamento tecnico preventivo definitivamente accertava i vizi e i difetti lamentati e individuava le responsabilita’ degli stessi. Ne deriva che l’eventuale erroneita’ circa la ritenuta non contestazione non sarebbe comunque idonea ad inficiare il percorso logico argomentativo su cui si fonda la sentenza impugnata.
    Dall’altro lato, la censura investe un elemento valutativo riservato al giudice del merito. Al giudice del merito spetta infatti, nell’ambito del giudizio di fatto ad esso riservato, apprezzare l’esistenza e il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti allegati dalla controparte. In altri termini, l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero di una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, e’ funzione del giudice di merito (Cass., Sez. VI-1, 7 febbraio 2019, n. 3680).
  12. – Con l’ottavo motivo la ricorrente si duole che la Corte di merito abbia affermato quanto segue: “Quanto ai difetti di planarita’ e di impermeabilizzazione del cortile condominiale, il c.t.u., nel riportarsi all’accertamento tecnico preventivo del 10 dicembre 2012 svolto tra le stesse parti su iniziativa del condomino (OMISSIS), ha evidenziato che l’intervento effettuato nel 2010 dalla societa’ di impermeabilizzazione della vasca del giardino condominiale non ha risolto le problematiche infiltrative lamentate”; con cio’ nuovamente evidenziando sia il riconoscimento dell’esistenza dei difetti da parte dell’impresa costruttrice sia l’inutilita’ dell’intervento. Secondo la ricorrente tale affermazione sarebbe palesemente erronea perche’: (a) nella c.t.u. si da’ atto che la realizzazione della vasca non e’ riferibile a (OMISSIS) ma ad una societa’ terza, la (OMISSIS) s.r.l.; (b) il Condominio non aveva significativamente allegato ne’ l’esecuzione dell’intervento relativo alla fontana ne’ la sua presunta valenza quale atto di riconoscimento; (c) la c.t.u. non e’ prova e non puo’ fornire la prova di un atto avente valenza negoziale quale il riconoscimento di responsabilita’ sul punto; (d) ammesso e non concesso che si fosse in presenza di un riconoscimento, l’effetto di questo potrebbe riguardare solo i presunti vizi di esecuzione dell’impermeabilizzazione della fontana e non certo le altre contestazioni mosse all’esponente; (e) il suo effetto ex lege potrebbe essere soltanto quello di non rendere necessaria la contestazione al fine di evitare la decadenza, ma il termine di prescrizione dal 2010 sarebbe egualmente decorso.
    6.1. – La censura e’ inammissibile sia perche’ tende ad una rivalutazione nel merito delle risultanze di causa, sia perche’ l’asserito riconoscimento dei vizi da parte della societa’ (OMISSIS) non costituisce ratio decidendi della decisione impugnata, trattandosi di mera argomentazione aggiuntiva, come e’ reso evidente dal fatto che la Corte d’appello ha piuttosto fatto leva sull’accertamento tecnico del consulente, il quale ha concluso riscontrando il difetto di impermeabilizzazione interno della vasca fontana e che il sistema di impermeabilizzazione del cortile e della vasca non e’ stato realizzato a regola d’arte.
  13. – Con l’unico motivo di impugnazione incidentale, il Condominio lamenta la violazione o falsa applicazione degli articoli 359 e 306 c.p.c. per avere la Corte d’appello riconosciuto sussistente una rinuncia alla domanda in capo al Condominio, nei confronti del direttore dei lavori, geometra (OMISSIS), con conseguente condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di lite di primo e secondo grado sia in favore del geometra (OMISSIS) sia in favore della compagnia assicurativa (OMISSIS), dal medesimo chiamata in manleva. Sarebbe erronea la qualificazione della rinuncia quale rinuncia alla domanda e non quale rinuncia agli atti. La rinuncia agli atti sarebbe inefficace in quanto non accettata. Sarebbe inoltre erronea la dichiarazione di cessazione della materia del contendere. Ad avviso del Condominio ricorrente in via incidentale, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto esaminare la domanda proposta dal Condominio nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), posto che la rinuncia agli atti depositata non era stata accettata dalle controparti che anzi avevano insistito nelle loro conclusioni. Conseguentemente sarebbe erronea la condanna alle spese di lite in capo al Condominio, posto che, nell’ipotesi in cui la Corte d’appello avesse esaminato le domande, le controparti sarebbero risultate soccombenti secondo il principio della soccombenza virtuale.
    7.1. – L’unico motivo di ricorso incidentale deve essere disatteso.
    Va premesso che la Corte di Milano ha preso atto della rinuncia alle domande svolte dal Condominio nei confronti del direttore dei lavori geometra (OMISSIS), intervenuta in sede di precisazione delle conclusioni e relativa a tutti i capi di appello poiche’ non diversamente specificato.
    La Corte d’appello ha precisato al riguardo: (a) che la rinuncia alla domanda non richiede l’adozione di forme particolari e non necessita di accettazione della controparte; (b) che restano a carico della parte rinunciante le spese di lite liquidate poiche’ la rinuncia e’ intervenuta successivamente alla costituzione in giudizio delle controparti.
    Tanto premesso, il Collegio osserva che la sentenza della Corte d’appello ha qualificato la rinuncia come rinuncia alla domanda, muovendo dallo stesso tenore testuale dell’atto intervenuto in sede di precisazione delle conclusioni. A fronte di una tale qualificazione, operata partendo dal dato letterale della formula utilizzata dal Condominio, quest’ultimo non ha neppure allegato in base a quali dati processuali la Corte di Milano sarebbe dovuta pervenire ad una diversa qualificazione.
    A cio’ si deve aggiungere che accertare se un determinato atto concreta una rinunzia agli atti o al giudizio e’ compito del giudice di merito, implicando un apprezzamento di fatto, quale esito di un’indagine diretta ad individuare la concreta volonta’ negoziale della parte, come tale incensurabile in cassazione se sorretto da congrua e logica motivazione (Cass., Sez. III, 21 febbraio 2003, n. 2647).
    La soluzione cui e’ pervenuta la Corte d’appello, del resto, e’ – come osservato esattamente dal pubblico ministero nelle conclusioni scritte – coerente con il principio secondo cui nel giudizio di appello, la rinuncia all’impugnazione da parte dell’appellante equivale a rinuncia all’azione e pertanto non necessita, a differenza della rinuncia agli atti, di accettazione da parte dell’appellato; anche ad essa si applica tuttavia la regola dell’articolo 306 c.p.c., comma 4, secondo cui il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, con esclusione di qualunque potere del giudice di totale o parziale compensazione (Cass., Sez. VI- 2, 6 marzo 2018, n. 5250).
  14. – Del ricorso principale e’ accolto soltanto il quinto motivo, gli altri motivi essendo infondati o inammissibili.
    Il ricorso incidentale e’ rigettato.
    La sentenza impugnata e’ cassata limitatamente alla censura accolta.
    La causa, nel rapporto tra il Condominio e la societa’ (OMISSIS), deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.
    Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.
    Al giudice del rinvio va rimessa anche la liquidazione delle spese sostenute, davanti al giudice di appello, per lo svolgimento della procedura di sospensione dell’esecuzione della sentenza ai sensi dell’articolo 373 c.p.c. (Cass., Sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3341).
    Nel rapporto, che in questa sede si definisce, tra il Condominio e (OMISSIS) e la compagnia (OMISSIS), le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
  15. – Poiche’ il ricorso incidentale e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del Condominio, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
    P.Q.M.
    accoglie il quinto motivo del ricorso principale proposto dalla societa’ (OMISSIS), rigettati o dichiarati inammissibili gli altri motivi;
    rigetta il ricorso incidentale del Condominio nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS);
    cassa, in relazione alla censura accolta, la sentenza impugnata e rinvia la causa, nel rapporto processuale tra il Condominio e (OMISSIS), ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, anche per le spese del giudizio di cassazione e per quelle sostenute, davanti al giudice di appello, per lo svolgimento della procedura di sospensione dell’esecuzione della sentenza ai sensi dell’articolo 373 c.p.c.;
    condanna il Condominio al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente (OMISSIS) – che liquida in complessivi Euro 5.500, di cui Euro 5.300 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge – nonche’ al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente (OMISSIS) – che liquida in complessivi Euro 4.300, di cui Euro 4.100 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge -.
    Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del Condominio ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.