Inadempimento appaltatore o prestatore d’opera – risarcimento per equivalente.

Allorché è stata proposta una domanda di risarcimento per equivalente in caso di inadempimento dell’appaltatore o del prestatore d’opera, ai sensi dell’art. 1668, I comma, ultima parte, cod. civ., il giudice del merito deve esaminarla nel merito anche se con la stessa possano prodursi i medesimi effetti di una non proposta domanda di risarcimento in forma specifica, a norma dell’art. 1668, I comma cod civ., una volta accertati i presupposti soggettivi ed oggettivi, tipici della stessa ( Cassazione civile, sentenza n. 9879 del 14 maggio 2015)

Fallimento dell’imprenditore in pendenza di un procedimento di concordato preventivo – ricorrenza degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l. fall.

In pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere dichiarato fallito soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l. fall., e cioè, rispettivamente, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l’ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all’esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato; la dichiarazione di fallimento, peraltro, non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le procedure, non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo. Pendenza domanda di concordato preventivo – dichiarazione di fallimento – impedimento temporaneo. La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, né ne consente la sospensione, ma impedisce temporaneamente soltanto la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l. fall.; il procedimento, pertanto, può essere istruito e può concludersi con un decreto di rigetto. Domanda di concordato preventivo e istanza di fallimento; rapporto di continenza – sussiste. Tra la domanda di concordato preventivo e l’istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, un rapporto di continenza. Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell’art. 273 c.p.c., se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l’applicazione delle disposizioni dettate dall’art. 39, comma 2, c.p.c. in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi. Domanda di concordato preventivo – presentazione dal debitore con palese scopo di differire dichiarazione di fallimento: inammissibilità. La domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti. Fallimento dell’imprenditore per inammissibilità della domanda di concordato – impugnativa – reclamo. In tema di concordato preventivo, quando in conseguenza della ritenuta inammissibilità della domanda il tribunale dichiara il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del pubblico ministero, può essere impugnata con reclamo solo la sentenza dichiarativa di fallimento e l’impugnazione può essere proposta anche formulando soltanto censure avverso la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo.(Cassazione civile, – Sezioni Unite – sentenza n.9935 del 15 maggio 2015)

Azione di responsabilità promossa da curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore – determinazione e liquidazione del danno risarcibile – mancanza di scritture contabili delle società – di per sé sola non giustifica individuazione e liquidazione del danno da risarcire in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare.

Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. Nelle predette azioni la mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, di per sé sola non giustifica che il danno da risarcire sta individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le condizioni perché si proceda ad una liquidazione siffatta, purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e purché il ricorso a detto criterio si presenti logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto. (Cassazione civile, a Sezioni Unite nr 9100 del 6 maggio 2015)

Errore – falsa rappresentazione della realtà – vizio rilevante se essenziale

L’errore consiste in una falsa rappresentazione della realta’ fenomenica, prodotta da una conoscenza distorta ovvero dall’ignoranza di situazioni, qualita’ e rapporti, relativi al contratto ed ai suoi presupposti. Al riguardo, la giurisprudenza ha ritenuto che tale vizio della volonta’ assuma rilevanza qualora sia essenziale, cioe’, incida sul processo formativo del consenso e dia origine ad una rappresentazione distorta della realta’, distorsione che induce la parte a manifestare la propria volonta’ in modo errato. ( Cassazione civile, sentenza n. 8031 del 20 aprile 2015)