Cassazione civile, Ordinanza16 gennaio 2024 n. 1709.

(…omissis…)

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. F.A.. ha proposto ricorso articolato in otto motivi avverso la sentenza n. 1875/2018 della Corte d’appello di Salerno, depositata il 6 dicembre 2018.

Gli intimati A.M., A.L. e A.V. non hanno svolto attività difensive.

2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4-quater, e 380 bis.1, c.p.c.

La ricorrente ha depositato memoria.

Va disattesa l’istanza formulata dalla ricorrente nella memoria depositata il 27 dicembre 2023 di rimessione della causa alle Sezioni Unite, “per l’evidente contrasto del principio enunciato dalla sentenza qui impugnata della Corte di Appello con la statuizione della sentenza a Sezioni Unite della Cassazione, n. 651 del 27 gennaio 1996”, essendo l’istanza irrituale ai sensi dell’art. 376, commi 2 e 3, c.p.c., né ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all’art. 374 c.p.c.

3. La Corte d’appello di Salerno, accogliendo l’appello proposto da A.M. avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 3708/14 del 25 luglio 2014, ha rigettato la domanda avanzata da F..A.. volta ad ottenere il rimborso delle spese sostenute dall’attrice, in costanza di matrimonio con C.A.., per la costruzione realizzata successivamente al (Omissis) ed ultimata nel (Omissis), in assenza di concessione edilizia, su un terreno di proprietà esclusiva di C.A Tale costruzione consisteva in un piano seminterrato destinato a deposito, in un piano rialzato destinato ad abitazione ed in un piano sottotetto anch’esso destinato a deposito. La concessione edilizia in sanatoria era poi stata emessa in favore degli eredi di C.A., quali comproprietari dopo il decesso di quest’ultimo avvenuto in data (Omissis). Premesso che, in ogni caso, il fabbricato apparteneva in via esclusiva a C.A., l’attrice F.A.. aveva dedotto che tutti i materiali acquistati per realizzare l’immobile non potessero non cadere nella comunione legale e, quindi, vantava il diritto al rimborso di una somma pari alla metà del valore dei materiali stessi e della manodopera impiegati nella realizzazione della costruzione. Tali importi erano stati calcolati da CTU nominato nel giudizio di primo grado.

La Corte d’appello di Salerno ha affermato che “nel caso di specie F.A. non ha fornito alcuna prova di aver contribuito con le proprie risorse alla costruzione dell’edificio, atteso che gli unici atti depositati in primo grado ad ella riferibili (la dichiarazione dei redditi anno (Omissis), la denuncia di successione del (Omissis), la scrittura privata di divisione tra le parti del presente giudizio del (Omissis), la concessione edilizia in sanatoria n. (Omissis) dell'(Omissis)) non consentono di ritenere in alcun modo provato che abbia contribuito alla realizzazione del fabbricato, né in quale misura vi abbia eventualmente partecipato, non essendo documentata alcuna spesa per materiali e manodopera. Da tanto consegue il rigetto della domanda avanzata in primo grado …”.

4. Il primo ed il secondo motivo del ricorso di F.A. denunciano la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, le prime due censure spiegano che “l’attrice non ha mai agito nei confronti dei coeredi del defunto marito per la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 del cod. civ, ovvero non ha mai richiesto a questi ultimi il rimborso di quanto speso, utilizzando proprie risorse, per la realizzazione della costruzione di proprietà esclusiva del marito. Invero, l’attrice ha formulato una domanda diversa, per petitum e causa petendi: la stessa, infatti, ha richiesto ai coeredi del marito il pagamento della metà del valore dei materiali e della manodopera adoperati per tale costruzione, di proprietà esclusiva del de cuius per il principio dell’accessione invertita. Ciò sul presupposto della vigenza del regime di comunione legale dei coniugi all’epoca della costruzione dell’immobile, che comporta … il sorgere al momento dello scioglimento della comunione – coincidente, nel caso di specie con il decesso del marito- del diritto di credito del coniuge non proprietario al rimborso della metà del valore dei materiali e della manodopera incorporati nel bene medesimo, essendo tali beni caduti nella comunione al momento stesso della loro venuta ad esistenza.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e la nullità della sentenza per motivazione solo apparente.

Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c. per avere l’appellante contestato solo in secondo grado la domanda della F.A. nel merito, avendo eccepito in primo grado unicamente la prescrizione del credito dell’attrice e la compensazione dello stesso con un altro.

Il quinto ed il sesto motivo di ricorso deducono la violazione o falsa applicazione degli artt. 167, 115 e 116 c.p.c., e degli artt. 2697, 177 comma 1 lettera a), 179, 192 comma 1, 195 ultima parte, 2728 comma 1 e 2729 c.c., affermando che “il diritto di credito della F.A. è stato … provato in primo grado, oltre che dalla documentazione prodotta a suo sostegno, anche dalla non contestazione di tale diritto da parte del convenuto. Difatti … in prime cure il convenuto non ha contestato affatto il presupposto del diritto di credito dell’attrice, che anzi ha ammesso, ma si è difeso, per tutta la durata del giudizio, eccependo solo la prescrizione e la compensazione di tale diritto”. La ricorrente invoca, tra l’altro la “presunzione legale iuris tantum di appartenenza alla comunione dei beni acquistati per la costruzione dell’immobile di proprietà esclusiva del de cuius”, sicché “era il convenuto che aveva l’onere di eccepire e provare in giudizio che i beni suddetti fossero invece personali e/o acquistati dal de cuius con denaro proprio e non rientrassero pertanto nella comunione”.

Il settimo motivo di ricorso allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per “errata percezione delle prove” e “travisamento delle risultanze processuali”, costituite dai documenti prodotti dall’attrice a riprova della sua domanda”.

L’ottavo motivo di ricorso, infine, proposto in via subordinata, lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92, 2 comma, c.p.c., ratione temporis applicabile, avendo la Corte d’appello “ingiustamente condannato la sig.ra F.A. al pagamento delle spese di lite di primo e secondo grado e delle spese della ctu di prime cure, quando invece sussistevano giusti motivi di compensazione delle stesse, parzialmente o per intero”.

5. I primi sette motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili per plurime ragioni.

5.1. La sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e non è perciò affatto “apparente”, consentendo un “effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 8053 del 2014; n. 22232 del 2016; n. 2767 del 2023).

La Corte d’appello di Salerno ha invero affermato che “nel caso di specie F.A. non ha fornito alcuna prova di aver contribuito con le proprie risorse alla costruzione dell’edificio, atteso che gli unici atti depositati in primo grado ad ella riferibili (la dichiarazione dei redditi anno (Omissis), la denuncia di successione del (Omissis), la scrittura privata di divisione tra le parti del presente giudizio del (Omissis), la concessione edilizia in sanatoria n. 761 dell’11 agosto 1999) non consentono di ritenere in alcun modo provato che abbia contribuito alla realizzazione del fabbricato, né in quale misura vi abbia eventualmente partecipato, non essendo documentata alcuna spesa per materiali e manodopera. Da tanto consegue il rigetto della domanda avanzata in primo grado …”.

La sentenza impugnata ha così deciso la questione di diritto dirimente in conformità al consolidato orientamento di questa Corte e i motivi di ricorso non offrono elementi per modificare tale orientamento (art. 360-bis, n. 1, c.p.c.).

Tale orientamento spiega che il principio generale dell’accessione posto dall’art. 934 c.c. non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l’acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di un’apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art. 177, comma 1, c.c. hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale, con la conseguenza che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi (anche, come nella specie, nelle ipotesi in cui i coniugi abbiano optato per tale regime ai sensi dell’art. 228 della legge n. 151 del 1975) sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell’onere della prova di avere fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine, ai sensi dell’art. 2033 c.c. (tra le tante, Cass. n. 28258 del 2019; n. 27412 del 2018; n. 20508 del 2010; n. 7060 del 2004; n. 8585 del 1999; a far tempo tutte da Cass. Sezioni Unite n. 651 del 1996).

A differenza di quanto suppone la ricorrente, il fatto che si assuma che la tutela del coniuge non proprietario del suolo operi non sul piano del diritto reale (nel senso che questi non può vantare alcun diritto di comproprietà, anche superficiaria, sulla costruzione), ma sul piano obbligatorio, nel senso, cioè, che allo stesso compete un diritto di credito relativo alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione, non significa che funzioni alcuna presunzione, imposta dalla disciplina del diritto di famiglia, di provenienza del danaro impiegato dal coniuge non proprietario. La fattispecie, infatti, resta regolata dalla norme in tema di accessione e rimane estranea all’art. 177 c.c., sicché, con riguardo al diritto di credito del coniuge non può essere riconosciuto alcun automatismo rispetto alla realizzazione dell’opera e la sua dimostrazione non si sottrae all’applicazione delle norme comunemente vigenti in materia di onere della prova: al coniuge non proprietario incombe, cioè, l’onere della prova d’aver fornito il proprio sostegno economico contribuendo all’onere della costruzione.

5.2. I riferimenti alle risultanze probatorie e al principio di non contestazione sono poi inammissibili ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in quanto i motivi non indicano specificamente, illustrandone il contenuto rilevante, gli atti e i documenti del processo nei quali fosse stato allegato che F.A. aveva contribuito all’onere della costruzione e così sostenuto spese a tal fine, ovvero nei quali l’unico convenuto costituito avesse riconosciuto che tali spese erano state sostenute.

6.L’ottavo motivo di ricorso è a sua volta inammissibile, giacché la facoltà di disporre la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese del soccombente, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. Sez. Unite n. 14989 del 2005).

7. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, non dovendosi regolare le spese processuali perché nessuno degli intimati ha svolto attività difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.