Denuncia di successione e accettazione tacita dell’eredità

La denuncia di successione non comporta accettazione tacita dell’eredità e, quindi, la prova della qualità di erede. Si tratta, infatti, di un adempimento di contenuto prevalentemente fiscale (una mera notizia all’amministrazione finanziaria), diretto ad evitare l’applicazione di sanzioni, che di per sé non denota in modo univoco la volontà di accettare l’eredità e rientra tra gli atti di natura conservativa e di amministrazione temporanea che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall’articolo 460 del codice civile. (Cassazione civile Ordinanza 21.07. 2023 n. 21901

Cassazione civile Ordinanza 21.07.2023 n. 21901

Cassazione civile Ordinanza 21.07.2023 n. 21901.

(…omissis…)

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 68/2008 del 15/28.2.2008 il Tribunale di Vibo Valentia, acquisiti documenti ed espletata prova testimoniale, respingeva la domanda di (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello alla Corte d’Appello di Catanzaro le attrici del primo grado, contrastate dalla Banca (OMISSIS) S.P.A., lamentando col primo motivo che non fossero stati opportunamente valorizzati i troppi errori commessi dalla Banca (OMISSIS) S.P.A., che aveva avviato la procedura di ammortamento del titolo, recapitato gli estratti conto bancari e consegnato loro copia del libretto di deposito nominativo n. (OMISSIS) e che non fosse stato considerato che il loro dante causa era regolarmente destinatario di tutte le relazioni previste dalla legge per i titolari di posizioni economiche presso l’Istituto, nel quale si recava per le operazioni bancarie; col secondo motivo che era erronea e carente la motivazione della sentenza di primo grado in ordine all’errore imputabile alla banca dovendosi ritenere che la non corrispondenza dell’intestazione del libretto di deposito nominativo n. (OMISSIS) ai dati del loro dante causa fosse imputabile ad errore della banca stessa; col terzo motivo che il Tribunale di Vibo Valentia aveva ritenuto di non provvedere sulle eccezioni sollevate dalle attrici sulla base di un precostituito convincimento errando nell’interpretazione dell’onere probatorio.

Con la sentenza n. 1124/2018 del 5.6.2018 la Corte d’Appello di Catanzaro respingeva l’appello e condannava le appellanti alle spese processuali di secondo grado, rilevando che le stesse, non solo non avevano fornito la prova neppure in secondo grado della loro qualita’ di eredi del (OMISSIS) nato a (OMISSIS), ma a fronte della prova offerta dalla Banca (OMISSIS) S.P.A. dell’intestazione del libretto nominativo di risparmio n. (OMISSIS) a (OMISSIS) nato a (OMISSIS), non avevano neppure allegato di essere eredi di quest’ultimo.

Avverso la menzionata sentenza di secondo grado, a loro notificata l’11.6.2018, hanno proposto ricorso alla Suprema Corte le eredi di (OMISSIS) (nato a (OMISSIS)), con atto notificato il 20.6.2018, affidandosi a due motivi, ed ha resistito l’ (OMISSIS) S.P.A., che ha incorporato la Banca (OMISSIS) S.P.A. con atto di fusione del notaio (OMISSIS) di Brescia del 2.2.2017, rep. n. (OMISSIS), racc. n. (OMISSIS), con controricorso notificato il 18.7.2018.

In prossimita’ dell’adunanza camerale la controricorrente ha curato anche il deposito di memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 533 c.c. (relativo all’azione di petizione ereditaria) e articolo 1777 c.c. (relativo alla restituzione della cosa depositata) in quanto assumono che la loro qualita’ di eredi di (OMISSIS), nato a (OMISSIS), risultava dagli atti processuali ed in particolare dalla denuncia di successione, atto di natura fiscale che andava presentato all’Agenzia delle Entrate entro un anno dal decesso e nel quale i dichiaranti, secondo la giurisprudenza penale, avevano l’obbligo di dichiarare il vero per non incorrere nel reato dell’articolo 483 c.p. e che assumeva quindi valore di atto pubblico ex articolo 2699 c.c..

L’impugnata sentenza ha respinto l’azione delle pretese eredi di (OMISSIS) nato a ( Omissis) il 6.11.1913 di accertamento del loro diritto a percepire la somma di Euro 9.283,87, che risultava depositata alla data del 21.1.2002 sul libretto di deposito nominativo n. (OMISSIS) della Banca (OMISSIS) S.P.A., sia in quanto le stesse non avevano fornito adeguata prova di tale loro qualita’, sia in quanto era documentalmente provato che il suddetto libretto nominativo risultava intestato non al dante causa delle attrici indicato in citazione, (OMISSIS) nato a (OMISSIS), ma a (OMISSIS) nato a (OMISSIS).

Il primo motivo e’ infondato.

Per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte la denuncia di successione non importa accettazione tacita dell’eredita’, e quindi la prova della qualita’ di erede, trattandosi di un adempimento di contenuto prevalentemente fiscale (una mera notizia all’amministrazione finanziaria), diretto ad evitare l’applicazione di sanzioni, che di per se’ non denota in modo univoco la volonta’ di accettare l’eredita’ e rientra tra gli atti di natura conservativa e di amministrazione temporanea che il chiamato a succedere puo’ compiere in base ai poteri conferitigli dall’articolo 460 c.c. (vedi in tal senso Cass. 2.2.2023 n. 3214; Cass. 26.11.2021 n. 36767; Cass. n. 19478 del 2014), ne’ non sono stati prodotti certificati di stato di famiglia, o storici di residenza per dimostrare il rapporto parentale tra le attrici e (OMISSIS), nato a (OMISSIS).

A cio’ va aggiunto che le ricorrenti non hanno mai sostenuto di essere eredi di (OMISSIS) nato a (OMISSIS), che e’ risultato essere l’intestatario del libretto di deposito nominativo n. (OMISSIS) acceso presso la Banca (OMISSIS) S.P.A., limitandosi ad ipotizzare che quest’ultima avrebbe errato nell’intestarlo al predetto anziche’ al loro preteso dante causa, (OMISSIS), nato a (OMISSIS), senza neppure spiegare in quali termini e per quali ragioni un siffatto errore sarebbe stato commesso.

Col secondo motivo le ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1992 c.c. (relativo al diritto del possessore del titolo di credito alla prestazione in esso indicata dietro presentazione del titolo stesso purche’ legittimato nelle forme prescritte) e seguenti, in quanto la Corte d’Appello di Catanzaro non avrebbe considerato che le eredi erano in possesso del libretto nominativo di risparmio originale, sottratto dall’istituto bancario, che ne aveva rilasciato un duplicato, adagiandosi solo sulla carenza del titolo di eredi del (OMISSIS) nato a (OMISSIS).

La infondatezza del primo motivo determina l’assorbimento improprio dell’ulteriore motivo, vertendo il medesimi su profili il cui esame postulava l’accoglimento del primo mezzo, implicando il medesimo l’avvenuto positivo accertamento della qualita’ di eredi delle ricorrenti.

Infatti, una volta confermata la mancanza di prova della qualita’ delle originarie attrici di eredi di (OMISSIS) (nato a (OMISSIS)) ed a maggior ragione di eredi del (OMISSIS) nato a (OMISSIS), l’unico risultato intestatario del libretto di deposito nominativo n. (OMISSIS) della Banca (OMISSIS) S.P.A., l’esame del secondo motivo risulta superfluo, tanto piu’ che l’invocato articolo 1992 c.c. relativo alla cosiddetta astrattezza, ossia alla legittimazione cartolare del presentatore del titolo di credito a far valere il diritto alla prestazione incorporata nel titolo a prescindere dalla prova del rapporto sottostante, non si applica ai libretti di deposito nominativo, che appartengono alla specie dei documenti di legittimazione ex articolo 2002 c.c. e non hanno invece natura di titoli di credito, per cui sono sottratti alla disciplina del titolo V del libro IV del codice civile, che comprende anche l’articolo 1992 c.c. e seguenti (vedi Cass. 13 maggio 2020, n. 8877; Cass. 15 luglio 1987, n. 6242; Cass. 9 febbraio 1981, n. 798), sicche’ senza la prova della qualita’ di eredi dell’intestatario del libretto non sarebbe comunque invocabile un’autonoma legittimazione delle originarie attrici basata sul solo possesso del duplicato del libretto di risparmio nominativo rilasciato loro dalla banca. Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

In base al principio della soccombenza, le ricorrenti vanno condannate in solido al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimita’ in favore della (OMISSIS) S.P.A..

Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater per l’imposizione di un ulteriore contributo unificato a carico delle ricorrenti, se dovuto.