Clausola risolutiva espressa e risoluzione di diritto del contratto

La risoluzione di diritto di un contratto, prevista dai contraenti con apposita pattuizione quale conseguenza dell’inadempimento – di qualsiasi entità – di una determinata obbligazione non si verifica automaticamente, ma solo nel momento in cui il contraente, nel cui interesse la clausola sia stata pattuita, comunichi all’altro contraente inadempiente che intende avvalersi della clausola stessa.

Infatti quando il diritto potestativo di risolvere il contratto in forza di tale clausola risulti proposto con domanda giudiziale – non essendo necessario che sia fatto dalla parte fuori del giudizio e prima di questo – la risoluzione retroagisce al momento della domanda e non ad un momento anteriore. (Cassazione civile, ordinanza 8 aprile 2024 n. 9369)

Risoluzione del contratto in via stragiudiziale e diritto di recesso.

Una volta conseguita, attraverso la diffida ad adempiere, la risoluzione di un contratto cui è acceduta la prestazione di una caparra confirmatoria, l’esercizio del diritto di recesso è definitivamente precluso e la parte non inadempiente che abbia limitato fin dall’inizio la propria pretesa risarcitoria alla ritenzione della caparra (o alla corresponsione del doppio di quest’ultima), in caso di controversia, è tenuta ad abbinare tale pretesa ad una domanda di mero accertamento dell’effetto risolutorio (Cassazione civile, Ordinanza 8 giugno 2022 n. 18392.)

Risoluzione del contratto per inadempimento e deduzione nel corso del giudizio di fatti diversi da quelli originari

Nel caso di proposizione di una domanda di risoluzione del contratto per inadempimento contrattuale, l’attore ha l’onere di indicare le specifiche circostanze materiali lesive del proprio diritto e di allegare le specifiche circostanze integranti l’inadempimento, in quanto l’allegazione costituisce l’imprescindibile presupposto che circoscrive i fatti cui si correla il diritto di difesa, a presidio del contraddittorio.

La deduzione, nel corso del giudizio, di un fatto diverso da quello originario non costituisce una mera “emendatio libelli”, ma configura un mutamento della “causa petendi”, indipendentemente dal fatto che il comportamento successivamente dedotto costituisca, a sua volta, violazione degli obblighi contrattuali. (Cassazione civile, Sentenza 16 aprile 2021 n. 10141).

In materia di garanzia per i vizi della cosa venduta, ai sensi dell’articolo 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo ex articolo 1492 c.c., e’ gravato dall’onere di provare l’esistenza dei vizi

Costituisce principio consolidato e recentemente riaffermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 11.748 del 2019 che in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta, ai sensi dell’articolo 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo in applicazione dell’articolo 1492 c.c., e’ gravato dall’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi( Cassazione Civile, Ordinanza 19 novembre 2020 n. 26350)

preliminare di vendita – bene gravato da uno ius in re non noto al promissario acquirente – conseguenze

Nel contratto preliminare di vendita di bene gravato da usufrutto, se nel termine pattuito il promittente venditore non ne procura l’acquisto della piena proprietà , il promissario acquirente, che non sapeva, al momento della conclusione del contratto, che la cosa era gravata di uno “ius in re”, può ex art. 1489 c.c. domandare, oltre alla riduzione del prezzo, la risoluzione del contratto (Corte di Cassazione, Sentenza 22 febbraio 2019, n. 5336).

Pattuizione caparra confirmatoria – parte adempiente – risarcimento danni – esperibilità due rimedi alternativi e non cumulabili – recesso e ritenzione caparra (o richiesta restituzione doppio) o risoluzione giudiziale contratto e risarcimento danni.

 

In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, ai sensi dell’articolo 1385 c.c., la parte adempiente, per il risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento della controparte, puo’ scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro: o recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta (o esigere il doppio di essa), avvalendosi della funzione tipica dell’istituto, che e’ quella di liquidare i danni preventivamente e convenzionalmente, cosi’ determinando l’estinzione ope legis di tutti gli effetti giuridici del contratto e dell’inadempimento ad esso; ovvero chiedere, con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale del contratto, ai sensi degli articoli 1453 e 1455 c.c. ed il risarcimento dei conseguenti danni, da provare a norma dell’articolo 1223 c.c. (Cassazione civile, sentenza 23 marzo 2017, n.7554)