Quando una disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo ?

La disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo, ai sensi dell’articolo 624, comma 1, del codice civile, quando c’è la prova dell’uso di mezzi fraudolenti che, considerata l’età, lo stato di salute, le condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in una direzione verso la quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata. L’idoneità dei mezzi usati deve essere valutata con criteri di larghezza nei casi in cui il testatore, affetto da malattie senili che causano debolezze decisionali ed affievolimenti della consapevolezza affettiva, sia più facilmente predisposto a subire l’influenza dei soggetti che lo accudiscono o con cui da ultimo trascorrono la maggior parte delle sue giornate. (Cassazione Civile, Ordinanza 17 ottobre 2022 n. 30424)

Obbligo degli ascendenti al mantenimento dei nipoti.

L’obbligo degli ascendenti di provvedere, in via subordinata solidaristica, al mantenimento dei nipoti nel caso in cui i genitori non abbiano le sostanze per provvedere è indipendente da chi sia il genitore in sofferenza economica. L’aiuto non può essere richiesto agli ascendenti del genitore che non contribuisca in prima persona al mantenimento dei propri figli nel caso in cui l’altro genitore sia in grado di farlo.
( Cassazione civile, Ordinanza 17 ottobre 2022|n. 30368).

Conclusione dell’affare e diritto alla provvigione del mediatore

Per riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., oppure per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato.
Il diritto alla provvigione va, invece, escluso quando tra le parti non sia stato concluso un “affare” in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. “preliminare di preliminare”, costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in caso di inadempimento (Cassazione civile, Ordinanza 5.Ottobre 2022 n. 28879)

Riconoscimento dell’assegno divorzile in funzione perequativo compensativa: fondamento.

Il riconoscimento dell’assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull’esistenza di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi – che costituisce solo una precondizione fattuale per l’applicazione dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, l. n. 898 del 1970. E’ invece necessaria un’indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l’assegno, di dedicarsi prevalentemente all’attività familiare, che assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente.
(Cassazione civile, Ordinanza 13 ottobre 2022 n. 29920)

Consegna e accettazione dell’opera nel contratto d’appalto.

Nell’appalto, ai sensi dell’art. 1665, comma 4, cod. civ., è necessario distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell’opera. La prima è un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente. La seconda richiede, al contrario, che il committente esprima (anche “per facta concludentia”) il gradimento dell’opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale che comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo. (Cassazione civile, Ordinanza 23 settembre 2022 n. 27915)

Mediazione e rifiuto ingiustificato di concludere l’affare .

Nella mediazione, qualora il contratto preveda – nel caso in cui il conferente l’incarico rifiuti, anche ingiustificatamente, di concludere l’affare propostogli dal mediatore – un compenso in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l’ipotesi di conclusione dell’affare, il giudice deve stabilire se questa clausola determini uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti e sia, quindi, vessatoria, ai sensi dell’articolo 1469 bis c.p.c., comma 1 (ora articolo 33, comma 1 codice del consumo, salvo che in tale pattuizione non sia chiarito che, in caso di mancata conclusione dell’affare per ingiustificato rifiuto, il compenso sia dovuto per l’attivita’ sino a quel momento esplicata (Cassazione Civile, Ordinanza 19 settembre 2022 n. 27344)

Quantificazione dell’assegno divorzile e parametri indicati dalla normativa


Ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento il Giudice non è tenuto a prendere in considerazione contemporaneamente tutti i parametri della normativa divorzile, ma può prescindere da alcuni dando una adeguata motivazione circa le sue valutazioni; tale motivazione non è sindacabile in sede di legittimità. (Cassazione civile, Ordinanza 9 settembre 2022 n. 26672).

Come distinguere la vendita dall’appalto?

Per distinguere la vendita dall’appalto, quando alla prestazione di fare, caratterizzante l’appalto, si affianchi quella di dare, tipica della vendita, si deve valutare la prevalenza o meno del lavoro sulla materia, considerando la volontà dei contraenti oltre che il senso oggettivo del negozio, per accertare se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell’opera ed il lavoro lo scopo del contratto (appalto), oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa l’effettiva finalità del contratto (vendita) (Cassazione civile, Ordinanza 22 agosto 2022 n. 25093).